Non preoccuparsi troppo dei numeri
Rimanere fedeli all’essenziale «Ripartire da ascolto e comunione». Perché oggi è così necessario questo binomio? I fatti che accadono ci persuadono ulteriormente dell’interdipendenza sociale, economica e umana. Quello che poteva essere considerato uno slogan, «nessun uomo è un’isola» (T. Merton), si è trasformato in un grido universale, nel “rumore dei passi” di migliaia di migranti e nell’allarme assordante sul pianeta (siamo ancora sconvolti dal fragoroso frantumarsi del ghiacciaio della Marmolada)… Nessuno può salvarsi da solo! Nel quotidiano assistiamo allo sfilacciamento delle relazioni, tessuti che pensavamo resistenti al tempo e al susseguirsi delle mode. Mentre la vocazione assegnata agli uomini è il cammino verso l’unità, subiamo vistosi fenomeni di disgregazione: guerra, spinte individualiste, tensione fra globale e locale, ecc. La comunità cristiana ha un mandato preciso: il Concilio Vaticano II l’ha riproposto con queste parole: la Chiesa è chiamata ad essere come sacramento, «cioè segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano» (LG 1). Ma come può essere fedele a questo mandato? Ogni discepolo è consapevole del dono della comunione e ne è responsabile. La comunione non è scontata, rimane un “già e non ancora”, germe che deve crescere e maturare. Fin dall’inizio Caino vive l’altro come concorrente. Deve fare i conti con una grande menzogna: l’altro mi toglie spazio. Ancora si sente dire: «La mia libertà finisce dove inizia quella degli altri», mentre – in verità – la mia libertà si intreccia con la libertà dell’altro. Anche tra i primi discepoli di Cristo fu...