Anania e Saffira

Come vivere e come morire?

Masaccio 1425-1428 Distribuzione delle elemosine e morte di Anania. Affresco 230×170 cm. Cappella Brancacci. Chiesa di Santa Maria del Carmine, Firenze

Tanto è solare il ritratto di Barnaba quanto è oscuro e ambiguo quello dei due coniugi Anania e Saffira (At 5,1-10). Tale presentazione non nasconde certo una sottile critica al matrimonio, dato che proprio le famiglie saranno il fulcro delle prime comunità cristiane, ma vuole educare i credenti ad agire in totale trasparenza e a donare col cuore.

“Un uomo di nome Anania con la moglie Saffira vendette un suo podere”
Il testo greco dice letteralmente “un certo Anania”. Anania era un nome non meno comune di Giuseppe al tempo di Cristo, pertanto impressiona qui, diversamente dall’episodio di Barnaba, l’assenza di precisazioni se non quello del nome della moglie Saffira. Quest’uomo vende “un” suo podere, pertanto, a differenza di Barnaba forse non era neppure l’unico in suo possesso. Nonostante ciò, egli “tenuta per sé una parte dell’importo d’accordo con la moglie, consegnò l’altra parte deponendola ai piedi degli apostoli”. L’espressione “tenere per sé” indica propriamente il “trattenere con frode”. Troviamo lo stesso verbo nella versione greca del libro di Giosue (cap. 7) quando Acar trasgredisce la legge di Dio per fini propri. Ciò dimostra che già agli inizi della vita della Chiesa, non tener conto dell’autorità degli Apostoli, come fece Anania, era considerato una trasgressione della legge divina.
Perciò Pietro reagisce con parole forti: “Anania, perché mai satana si è così impadronito del tuo cuore che tu hai mentito allo Spirito Santo e ti sei trattenuto una parte del prezzo del terreno? Prima di venderlo non era forse tua proprietà e, anche venduto, il ricavato non era sempre a tua disposizione?”. Condividere i propri beni era un atto libero: mettere in comune denaro e proprietà era una consuetudine, non un obbligo. Il peccato di Anania non fu quello di non aver dato tutto, quanto piuttosto quello di aver agito con doppiezza fingendo una generosità e una radicalità che non possedeva. Satana ha riempito il suo cuore, cioè l’ha indotto alla menzogna e alla finzione, impedendogli di radicare la sua fede nella verità di ciò che era, la quale, per quanto povera, sarebbe stata certamente ben più accetta a Dio dell’ipocrisia. Egli non ha saputo condividere la sua debolezza, non ha dato se stesso, ma ciò che di sé voleva far credere. 

«“Tu non hai mentito agli uomini, ma a Dio”. All’udire queste parole, Anania cadde a terra e spirò».
Questa è la reale morte di Anania, l’aver mentito a Dio. Non si è accostato alla fede come a un dono, ma come a un interesse. Deporre il proprio dono davanti agli apostoli era deporlo davanti a Dio. La parola di Pietro ha fatto sì luce nel suo cuore, ma questa verità, a differenza di quanti a Pentecoste si sentirono muovere il cuore e si convertirono, fu per Anania una lama a doppio taglio che lo uccise.

“Avvenne poi che, circa tre ore più tardi, entrò anche sua moglie, ignara dell’accaduto”
L’episodio di Saffira è costruito in parallelo a quello del marito. Pietro rivolgendo a Saffira la domanda circa il prezzo della vendita del campo, spera nella sua innocenza e nella sua estraneità riguardo alle decisioni del marito, ma non fu così. Anania e Saffira agirono con doppiezza dimostrando come la loro relazione con Dio, mediata dalla relazione con gli apostoli, non era sincera e la loro appartenenza alla comunità era vissuta in modo subdolo. Dietro a queste morti fisiche si vuole perciò raccontare la morte spirituale che colpisce chi non è fedele al dono ricevuto da Dio, chi non traffica il proprio talento mettendolo a servizio di Dio e dei fratelli. Costui, mentre condanna se stesso all’infelicità, nuoce anche alla comunità.

“Anania e Saffira” nell’arte
A Firenze, nella Cappella Brancacci, un capolavoro di 40 metri quadri dipinto a più mani, si trova l’episodio di Anania e Saffira realizzato da Masaccio. Gli edifici retrostanti la scena, che riproducono la città di Firenze, trovano il loro punto focale al di fuori della scena stessa e precisamente nella figura di Pietro, la cui ombra guarisce gli infermi, collocata nell’affresco del lato opposto. Masaccio in tal modo afferma come l’autorità di Pietro, grazie al mandato di Gesù, coincida con la volontà stessa di Dio. Pietro veste il manto giallo dell’elezione ed è intento a distribuire i beni ai poveri, quei beni che grazie a Barnaba e ad altri come lui, contribuiscono a edificare la comunità cristiana. La statuaria compostezza di Pietro e Giovanni si oppone ai due corpi stesi e senza vita di Saffira, in primo piano e di Anania il cui corpo si profila poco dietro la moglie. Un solo volto guarda verso di noi ed è probabilmente quello di Barnaba il quale sembra invitarci alla riflessione: come vivere e come morire? Vivere nella certezza di un dono di sé che edifica, come appunto fu per lui, Barnaba, o vivere nella doppiezza che uccide, similmente ad Anania e Saffira? È la domanda cui ciascuno di noi deve rispondere con la vita.

suor Maria Gloria Riva, dicembre 2022