«Atti degli apostoli 2.0» (Aprile 2017)

Scriviamo la nostra pagina. Con la forza della Pasqua. Gli Atti degli Apostoli si chiudono in modo sorprendente, come un racconto senza finale. Uno dei protagonisti, Paolo, è agli arresti domiciliari in un locale preso in affitto. Dell’Apostolo si dice che accoglieva quanti venivano a lui «annunciando le cose riguardanti Gesù Cristo, con tutta franchezza e senza impedimento». E poi? Silenzio. Il libro si era aperto con sobria eleganza, secondo le regole della retorica di allora, poi termina come un tema senza finale, anzi con un paradosso: Paolo annuncia il Regno di Dio da prigioniero, ma con franchezza e senza impedimento. Questo testo costituisce per noi un motivo-guida per il cammino che abbiamo da percorrere in questi giorni difficili di apostasia di tanti fratelli, di delusione perché non siamo più in grado di proporre la legislazione che vorremmo o che pensiamo corrisponda al Diritto naturale (vedi il discorso sull’aborto, sulla eutanasia, sui “nuovi diritti”, sulla limitazione della libertà di coscienza dei medici). Eppure, nonostante siamo «pochi, poveri, piccoli» (le tre P!), abbiamo il ruolo del sale che è in minoranza, ma che non può mancare. Ci dispiace come viene percepita l’immagine della Chiesa: una Chiesa alla ricerca di privilegi e di potere. Mentre appoggio il libro degli Atti sulla scrivania che ho davanti, intuisco che ci chiede di non concentrarci sui problemi, ma di ricordarci ciò che Dio fa per noi. Mi ritrovo pienamente nella grande lezione della “verifica di fine anno” del 2016. Ed è quanto dobbiamo continuare a fare oggi: riscrivere gli Atti. Sono state scritte già duemila anni di pagine. Pagine luminose e pagine buie. Chi legge la storia senza fede resta sorpreso nel constatare la vitalità e la permanenza di questa istituzione. Per chi crede è la prova della presenza indefettibile dello Spirito che anima la Chiesa. Sant’Agostino, facendo fronte all’eresia donatista (equivoco di una “Chiesa dei puri”), vede la Chiesa come un “corpus permixtum”, dove crescono insieme buon grano e zizzania. Nonostante tutto, dalla Pasqua in poi, contemplo la ricchezza coloratissima dei carismi e la circolazione di talenti originali. Generazioni intere di discepoli hanno attinto alla sovrabbondanza dei Sacramenti, segni efficaci della grazia di Cristo. Non è venuta meno la frazione del pane, dalle grandi Cattedrali alle capanne ai margini della foresta o negli igloo del Polo Nord… È un popolo intero che, attraversando culture diverse, ha saputo mantenersi sostanzialmente fedele alla Parola di Dio e s’è impegnato ad attuare il suo sogno. E questo grazie alla docilità di cuori capaci di ascolto e di preghiera e grazie al servizio del magistero dei suoi pastori. È fiorita, sorprendente, la santità: la santità riconosciuta, indispensabile luce posta sul candelabro, e la santità nascosta, nota solo a Dio, ma che costituisce la trama di relazioni quotidiane, di opere e di responsabilità. Abbiamo la tendenza ad idealizzare la vita dei primi cristiani. La lettura dei due quadretti riportati al termine dei capitoli 2 e 4 degli Atti possono trarre in inganno se letti in maniera semplicistica. Anche all’inizio non mancarono le prove, gli errori, le delusioni. Non si può tacere lo shock provato per il tradimento di Giuda, uno dei Dodici, e la spettacolarità infamante della sua risoluzione nel cuore stesso degli eventi pasquali. È ancora nell’aria l’eco del sermone della montagna, eppure tra i discepoli già serpeggiano mormorazioni e beghe di chi nella comunità si sente trascurato. Qualcuno frequenta la cerchia attorno agli apostoli, attratto dai miracoli, e si sbaglia clamorosamente sulla fede. È disposto a pagare per avere quei poteri. La persecuzione infuria e i discepoli sono costretti a lasciare i loro nidi rassicuranti fuggendo oltre Gerusalemme, oltre la Giudea e la Samaria. Gli Atti non passano sotto silenzio neppure il conflitto che si è venuto a creare fra Paolo e Barnaba e la decisione di andare ciascuno per la propria strada. Ce n’è abbastanza per imparare la lezione. Dallo shock per la defezione di un apostolo viene la chiamata di Mattia a far parte dei Dodici (di per sé “Dodici” è numero intoccabile, di esclusiva pertinenza del Signore). La tensione fra giudei ed ellenisti produce l’elezione dei diaconi per il servizio alle mense. Le richieste di Simon Mago portano alla purificazione dell’esperienza cristiana, esperienza di grazia. La persecuzione fa scoccare l’ora della missione fino agli estremi confini della terra, come voluto da Gesù. Il distacco dei due apostoli apre il nuovo cammino di Paolo verso le genti. Rileggendo gli Atti, stiamo imparando che non basta subire gli avvenimenti, ma occorre viverli intensamente con la certezza che il Risorto ci precede ed è presente. Non siamo dispensati dal dare un giudizio sulla realtà. Dobbiamo prendere le decisioni necessarie senza paura. «Non temete»: è l’invito immancabile di Gesù nei racconti di resurrezione. La fede non è un certificato di garanzia umana: non mancheranno mai i fallimenti, obiettivi mancati, e persino i peccati. La fede semmai ci fa abitare nella storia, ci fa “stare sul pezzo”, come si ama dire, nella fedeltà al momento presente, sull’orizzonte grande della promessa di Dio. Chi non ha indugiato, in questi giorni pasquali, nella contemplazione del Crocifisso Continua dalla prima pagina e massimamente nella contemplazione del costato trafitto? Quella piaga insanguinata sul corpo livido del Signore suscita orrore; allo stesso modo le ferite aperte di tante situazioni odierne, conflittuali, incomprensibili, fallimentari, faticose. Davanti al Crocifisso si trova il coraggio di oltrepassare la ferita di quel cuore piagato e si schiude innanzi la voragine dell’amore di Dio. «Dio provvede» fu la parola che accompagnò Abramo verso il monte del sacrificio e che rese audace Mosè nel fare il passaggio stretto fra il mare e l’esercito del Faraone. «Dio provvede» è la parola che ci fa scrivere la nuova pagina degli Atti degli Apostoli, la nostra: Atti degli Apostoli 2.0.
✠ Andrea Turazzi
Vescovo di San Marino-Montefeltro