Consolare gli afflitti (Ottobre 2016)

“L’ARTE COME PREDICAZIONE EVANGELICA”

William-Adolphe Bouguereau, Madonna della Consolazione (1875), olio su tela (204 × 147 cm), Les Musées de la ville, Strasburgo

L’apostolo Paolo, nella seconda lettera ai Corinzi, traccia lapidario i termini di questa non facile opera di misericordia spirituale: “Sia benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione, il quale ci consola in ogni nostra tribolazione perché possiamo anche noi consolare quelli che si trovano in qualsiasi genere di afflizione con la consolazione con cui siamo consolati noi stessi da Dio. Infatti, come abbondano le sofferenze di Cristo in noi, così, per mezzo di Cristo, abbonda anche la nostra consolazione” (2Cor 1,3-5). Egli ci costringe così a comprendere che il contenuto della parola «consolazione» non è immediatamente simile a quello che solitamente noi abbiamo a cuore. Se l’uomo pensa di consolare cancellando il motivo della pena, la Parola di Dio indica, quale vera consolazione, entrare nella profondità della tribolazione al fine d’essere consolidati nella fede in Dio e nella sua misteriosa volontà d’amore. San Paolo infatti, afferma che noi possiamo consolare solo con la stessa consolazione che riceviamo da Dio e cioè l’accettazione delle tribolazioni in nome di Cristo e nella certezza della sua vittoria sul male e sulla morte. Una siffatta consolazione non è affare da poco, per questo, credo, unica vera icona di una tale opera spirituale è la Vergine Maria. Nelle litanie Lauretane la Madonna è definita Consolatrix afflictorum, ovvero Consolatrice degli afflitti. Fin dai primi passi della sua avventura materna, infatti, fu promessa a Maria una spada che le avrebbe attraversato l’anima, ma anche – nello stesso tempo – un gaudio senza pari essendo, lei, la Madre della Consolazione d’Israele.
Un artista francese del XIX secolo dipinge una bellissima Madre degli afflitti, che viene però comunemente chiamata Madre della Consolazione. Si tratta di una tela di William-Adolphe Bouguereau, dipinta nel 1875. La teatralità dei gesti, tipica della corrente pittorica dell’accademismo, non corrisponde pienamente ai gusti e alla sensibilità dell’uomo contemporaneo, così questa Vergine dolorosa potrà sembrarci fin troppo ieratica e distante dalla madre che, affranta, riposa sulle sue ginocchia. Allo stesso modo la tensione delle braccia della madre tese verso il figlioletto esamine, abbandonato ai piedi di Maria, apparirà troppo innaturale. Eppure, a ben guardare, è proprio nella gestualità delle tre figure che viene a tracciarsi una sorta di grande spirale del dolore e della fede. La morte dell’innocente ci coinvolge per quel corpicino spinto oltre i gradini, col piedino sinistro quasi fuori dalla tela. Braccia e gambe del piccino paiono misurare tutta la larghezza del dolore, tutta l’ampiezza dello scandalo: la morte prematura di un innocente stroncato dal male. Anche la madre del bimbo esprime la profondità del dramma protendendosi fuori dal trono della Vergine e allungando le braccia con le mani strette in preghiera verso il figlio. Il biancore della carne dei due, il primo per la condizione mortale e il secondo per il pallore dello strazio, contrasta col bell’incarnato di Maria. Non possiamo fare a meno, guardando l’opera, di immedesimarci nel dolore di questa donna, stupendoci per l’atteggiamento assunto da Maria, apparentemente distaccato, appunto, dal dolore di quest’ultima. In realtà sappiamo che Maria, più di ogni altro, può immedesimarsi nel dolore di una tal madre, lei che fu spettatrice della morte crudele, dell’unico vero Innocente apparso sulla terra. Del resto quel bimbo esamine fa pensare ad altri tipi di morte. Di recente il Santo Padre ha chiesto con insistenza l’istituzione di una giornata di preghiera per le vittime degli abusi sessuali. Guardando l’opera di Bouguereau mi sono tornate alla mente tantissime storie di madri e padri afflitti per la sorte dei figli. I parlatori delle monache, del resto, sono come confessionali: si ascoltano vicende che rendono più acuto il giudizio, più chiara la causa di alcune tragedie moderne. Se perdere un figlio prematuramente è certo uno dei dolori più grandi, non meno inconsolabile è il dramma di chi scopre il figlio minorenne violato da parte di adulti, non di rado congiunti della vittima stessa, o uomini religiosi.
L’opera di Bouguereau pare proprio il manifesto di una preghiera che sale al Cielo per implorare la consolazione di fronte alla profanazione dei bambini, della loro innocenza, della speranza che è riposta in loro. La Madonna siede su un trono alle cui spalle si disegna la croce. È una croce gemmata, segno del trionfo della gloria di Cristo sul dolore e sulla morte, al cui centro è riprodotto un clipeo con l’Agnello immolato che siede sul libro sigillato della storia. Impressiona quel trono di marmo, così freddo rispetto al caldo oro del pannello retrostante. Pare la sede di un giudizio, quel giudizio che talora le istituzioni omettono di dare. I piccoli oggi sono i veri dimenticati; dal concepimento all’adolescenza essi non sono tutelati, anzi. Vi sono leggi (e nuove se ne producono) che implicano un costume licenzioso e lassista, lasciando che lo scempio dei bambini continui indisturbato, spesso anche dentro le pareti domestiche. Questo nostro mondo, per simili ed altri innumerevoli casi, ha bisogno d’esser consolato, e non da una giustizia umana, fragile e impotente, ma dalla giustizia divina che è amore e verità insieme. Davvero, come chiede il Santo Padre, occorre, con la Vergine dolorosa di Bouguereau, levare le mani al Cielo e implorare all’Agnello immolato l’aiuto. Possa Egli sciogliere quei sigilli della storia che sembrano essere ancora in mano al mistero dell’iniquità e liberarci dal male.

Suor Maria Gloria Riva
Monache dell’Adorazione Eucaristica – Pietrarubbia