Costruire ponti dentro e fuori di noi (Maggio 2016)

Il cammino verso l’integrità nell’epoca della “guerra mondiale a pezzi”

“L’uomo diventa veramente se stesso quando corpo e anima si ritrovano in intima unità… Anche se l’eros inizialmente è soprattutto bramoso, ascendente… nell’avvicinarsi poi all’altro… cercherà sempre di più la felicità dell’altro… si donerà e desidererà «esserci per» l’altro” (Deus Caritas Est, 2006). In apertura della sua prima enciclica Benedetto XVI (89 anni il 16 aprile scorso) sentì la necessità di restituire al termine amore”, oggi usato e abusato, il suo significato autentico. Papa Francesco, consapevole come il suo predecessore della crisi educativa e spirituale degli ultimi decenni, ha rivolto ai cristiani un’Esortazione apostolica sul rapporto di coppia dal titolo Amoris Laetitia (08.04), che fotografa con semplicità e concretezza la situazione delle giovani famiglie d’oggi: il “sobrio realismo” del Papa “sulle famiglie «così come sono» non ci allontana affatto dall’ideale”, è un invito a considerare l’uomo non come un “«caso problematico » in una «categoria », ma una persona inconfondibile, con la sua storia e il suo percorso con e verso Dio”.
Il “principio dell’inclusione” delle situazioni “cosiddette irregolari” nella comunità cristiana non è lassismo né un everything goes, “va bene tutto”: al Papa, prima che stabilire “una nuova normativa generale di tipo canonico, applicabile a tutti i casi”, interessa che sacerdoti e cristiani sappiano ascoltare con amore, accompagnare e aiutare nel discernimento (Presentazione, card. Schönborn, 08.04). Sono le attitudini che il Papa ha voluto mettere in pratica recandosi nell’isola di Lesbo, in Grecia (16.04), con il patriarca di Costantinopoli e con l’arcivescovo di Atene, per incontrare 300 profughi fuggiti dalla guerra in Medioriente, per ascoltare le loro storie e condividere tristezze e dolori di chi ha perso i propri cari nel grande “cimitero” del Mar Mediterraneo. La “tragedia della migrazione e del dislocamento forzati… è fondamentalmente una crisi di umanità” che va affrontata alla radice intervenendo su scafisti, trafficanti d’armi, implorando la fine del conflitto mediorientale affinché “gli individui e le comunità, compresi i cristiani, possano rimanere nelle loro terre natie”, in pace e sicurezza. L’impegno dovrebbe partire da noi ricostituendo “la piena unità di tutti i cristiani” (Dichiarazione congiunta, 16.04). Lo sguardo del Papa è ampio: “Io capisco i governi, anche i popoli, che hanno una certa paura… dobbiamo avere una grande responsabilità nell’accoglienza”. Definendo un fallimento il processo di integrazione dei terroristi islamici che attaccano le nostre città, alcuni dei quali “sono figli e nipoti di persone nate in Europa”, ha sottolineato che “l’Europa deve riprendere questa capacità, che sempre ha avuto, di integrare”. “I ponti si fanno intelligentemente”: con “politiche di accoglienza e integrazione, di crescita, di lavoro, di riforma dell’economia” (Ai giornalisti, viaggio di ritorno da Lesbo). Mentre in Medioriente e in altri Paesi del mondo la minaccia per i cristiani è quella della persecuzione “esplicita” (il Papa ha ricordato i cristiani uccisi in Pakistan il giorno di Pasqua), in Occidente c’è quella “educata, travestita di cultura, modernità e progresso”: è la grande apostasia della “persecuzione contro Dio Creatore nella persona dei suoi figli”, ad opera del “principe di questo mondo” (Omelia, 12.04). Ai media interessati unicamente al tema della comunione ai divorziati risposati il Papa domanda: ma non vi accorgete che non è quello il problema centrale? La prima preoccupazione è per i giovani che non si sposano, per il calo di natalità in Europa che “fa piangere”, per le condizioni di lavoro che disgregano la famiglia. Il problema a monte è quello della formazione delle coscienze, che parte proprio dalla famiglia: “Siamo chiamati a formare le coscienze” (AL, 37), ma come? Crescendo, attraverso il discernimento personale, “persone maturate nell’amicizia con Cristo”, figli liberi, responsabili, integri (cfr AL, 261): questa sarà la base per un buon “discernimento pastorale”, soprattutto dei casi difficili. Due sono le disposizioni interiori per abbracciare l’accorato invito del Papa ad allargare il cuore: la docilità allo Spirito, che è “fonte di gioia” (Omelia, 14.04), e la consapevolezza che siamo tutti bisognosi di misericordia e tutti in cammino.

Monache dell’Adorazione Eucaristica – Pietrarubbia