Da una vita evangelica parole nuove

24 gennaio 2021: Domenica della Parola

Anche la Chiesa è stata colta di sorpresa. Lì per lì la pandemia ha prodotto spaesamento e una sorta di paralisi operativa. Il fatto è che il cristianesimo senza il “corpo” e senza la “relazione” viene privato della materia prima del suo essere e del suo agire. In un terremoto o in una alluvione la Chiesa sa che deve occuparsi di urgenze concrete e che deve mantenere alta la speranza attraverso il rito, ma di fronte all’insidia nascosta del Covid sembra arretrare in una attesa inoperosa. Priva del rito e della prossimità, alla Chiesa sono rimaste le parole. Ci si è chiesto se sia stata capace di pronunciarne di autorevoli, illuminanti, consolatrici. Ha colpito la preghiera di papa Francesco in quella piazza deserta sotto la pioggia. Furono parole dette a Dio e dette all’umanità; parole amplificate da una copertura mediatica pressoché planetaria e capaci di unificare credenti e non credenti, religioni e genti di tutto il mondo. Ma non sono state meno importanti le parole “domestiche”, più semplici, ma cariche di affettività di tanti fratelli: la comunicazione di esperienze, la comunione tra famiglie – bambini compresi – e i collegamenti virtuali sempre più disinvolti.

È accaduto alla comunità cristiana come al popolo di Dio durante la cattività e l’esilio: l’antico Israele ha innalzato l’edificio della Sacra Scrittura e modellato le forme del suo culto domestico, cosciente che in ogni esodo è Dio stesso a seguire fedelmente la sua gente, là dove è costretta ad andare. Nelle grandi prove – e questa lo è – vengono fuori le cose migliori.

A metà dell’anno pastorale – inizio di quello solare – si impone un collaudo strutturale per la nostra Chiesa locale. Ci sono pilastri da rinforzare, crepe da stuccare, bulloni da stringere. Che fare?

Il Programma pastorale così come è formulato nel quaderno guida – “Essere speranza in un mondo ferito” – è nato a metà estate 2020. È stato presentato, come di consueto, in forma di “testo martire” (così solitamente viene chiamata la prima bozza del documento da esaminare, correggere, arricchire o asciugare, ndr). Il tema annunciato era la missione, manifestamente la dimensione più attiva della vita delle comunità. Dopo la prima lettura, generalmente benevola, sono venute le osservazioni, poi le critiche e, in questo caso, la quasi bocciatura. Il testo è stato radicalmente ridimensionato e orientato all’essenziale. «La pandemia ci consegna questa priorità: abbiamo corso troppo, andiamo troppo veloci… Neppure il tempo per riflettere. È il momento di puntare all’essenziale. Torniamo all’invito di Gesù ai discepoli: “Venite in disparte, state con me”». La prima e decisiva conseguenza è stata quella di proporre la convergenza di tutti sulla Parola di Dio. Così il tempo del Coronavirus si sta rivelando ugualmente intenso, ma in un altro senso. È tutt’altro che un tempo “di infermeria”. In questo mondo ferito anche noi siamo poveri e fragili: abbiamo bisogno, per primi, di essere evangelizzati. In famiglia o in piccoli gruppi, in presenza o da remoto, ci stiamo mettendo in ascolto della Parola nella calma e nel silenzio. L’ascolto orante fa maturare la dimensione spirituale: da intimista a solidale, da individualista a fraterna, da locale a universale. La pratica dell’ascolto è attitudine a cui educarsi; presuppone apertura, intelligenza, cuore e responsabilità.

Quello che ci aspetta sarà anche un tempo d’azione, un tempo per la cura reciproca estesa ad ogni fibra del corpo sociale, un tempo per l’iniziativa politica chiamata a decidere e un tempo per la perseveranza nella ricerca scientifica. Ma viene il tempo – ed è questo – nel quale servono anche le parole, quelle che danno ossigeno alla fiamma del coraggio e intensità alla luce della speranza. Ne abbiamo bisogno tutti. Servono a poco i fervorini, le frasi fatte, o i messaggini augurali nella babele dei social. E chissà se la nostra riserva catechistica avrà parole adeguate. Da dove salteranno fuori le parole nuove? Certe parole non esistono già pronte. Tuttavia, possono nascere proprio nei momenti della prova, soprattutto se irrorati dalla Parola di Dio condivisa in forma di esperienze. Di queste parole nuove abbiamo bisogno come del sospirato vaccino. Magari ci vorrà un po’ di silenzio prima di trovarle.

Il 2021 si apre con un grande appuntamento verso cui tutti dobbiamo tendere. Anche nella previsione meno rosea, ogni comunità troverà il modo più efficace e creativo di lanciare la “domenica della Parola”, il 24 gennaio. È una giornata da attendere, preparare e vivere: è la prima volta nella nostra Diocesi. Secondo l’invito di papa Francesco, che ha istituito questa giornata, sarà una promettente occasione per raccogliere il popolo di Dio attorno alla Bibbia e per metterla al centro della comunità, con momenti di lettura, di meditazione e di narrazione di esperienze. «Una parola da porre sul candelabro perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa»: Parola da ascoltare, da credere e da vivere. Da una vita evangelica, parole nuove.

+ Andrea Turazzi, gennaio 2021