“Dentro ad un circuito d’amore”

Collocati nella Trinità

7 giugno 2020. Solennità della Santissima Trinità. Il Vescovo Andrea completa, per quanto possibile, la sua meditazione su Dio Trinità d’amore. Una meditazione iniziata nella VI domenica del Tempo di Pasqua, quando nel Vangelo Gesù si rivolge ai discepoli dicendo: «se mi amate, osserverete i miei comandamenti» (Gv 14, 15). «Come si fa a consolare mettendo avanti la necessità di osservare i comandamenti? Non si consola segnalando i doveri, semmai offrendo compagnia», osserva mons. Vescovo. «Nel contesto – prosegue – è tutt’altro che una ingiunzione o un ricatto, ma un’affermazione: “Se mi amate, vi troverete dentro ad un ambiente divino, ad una esperienza nuova…”». Si tratta di un’esperienza che tutti abbiamo fatto: «Se riusciamo ad uscire da noi stessi, dal guscio del nostro ripiegamento, e ci mettiamo ad amare, tutto si carica di luce, di calore, di gioia. […] Chi ama è in Dio». «Quando Gesù parla dei comandamenti – puntualizza in un passaggio successivo – non si riferisce tanto ai comandamenti di Mosè; quelli sono universali e sono sempre da osservare. Gesù parla della sua logica, della sua mentalità. Parla di sé in fondo. Il comandamento è Lui, la sua persona: “Io sono la via, la verità e la vita. Se mi amate, vivrete come me, vivete in me, vivete me” (cfr. Gv 14, 6)». «In quel giorno conoscerete che io sono nel Padre mio, e voi in me e io in voi» (Gv 14, 20): «Sembra un gioco di specchi – commenta il Vescovo –: noi in lui, lui in noi, il Padre in lui e in noi, noi e Gesù nel Padre. C’è una spirale e tutti siamo dentro, immersi, uniti: un circuito d’amore trinitario. […] È lo stesso Dio, un solo Dio ma in tre Persone. Le rende una cosa sola l’amore, un amore infinito, un amore “da Dio”, in cui ognuno è perduto nell’altro». Concetti che sembrano astratti, ma tutta la fede è racchiusa qui: «Questa non è pura contemplazione astratta o misticismo – conclude –, perché ha delle conseguenze formidabili. Anche noi siamo stati pensati, costruiti, creati con questo criterio. Anche per noi la vita è piena quando è vita di relazione, quando ci superiamo per uscire da noi stessi e tuffarci ad amare» (Omelia nella VI domenica del Tempo di Pasqua, San Marino Città, 17.5.2020). Il Vescovo rende la Trinità ancora più comprensibile e afferrabile immaginando un’intervista in cui chiedere a ciascuna delle tre divine Persone: «Tu chi sei?». «Ognuna ci risponderebbe – rivela – che “non è”, perché è tutta “fuori di sé”, persa nel “tu” che gli sta di fronte». «Starei quasi per dire – azzarda – che in Dio c’è un abisso di povertà assoluta. Ma Dio è anche una voragine di ricchezza, di vita». «Forse la parabola più bella, più efficace, della Trinità – afferma mons. Vescovo – è la famiglia, dove nessuno è superiore all’altro, dove ognuno vive per l’altro, dove ci si dona continuamente e ci si riceve. Questo è vero anche di ogni comunità» (Omelia nella solennità della SS. Trinità, San Marino Città, 7.6.2020). In sintesi: «La Trinità non è un teorema teologico, ma la vita stessa di Dio partecipata a noi. E noi siamo chiamati a vivere e a tessere rapporti a mo’ della Trinità» (Veglia di Pentecoste, Pennabilli, 30.5.2020).

Da una Chiesa tutta proiettata verso il suo destino, il Vescovo ci accompagna ad una grande responsabilità. La vita trinitaria contiene in sé un dinamismo intrinseco: è per la missione. infatti, sul monte dell’Ascensione, Gesù dice agli apostoli: «Andate, dunque, in tutto il mondo, annunciate a tutti il Vangelo, insegnate, battezzate nella Trinità Santa: Padre, Figlio e Spirito Santo (cfr. Mt 28, 19-20)». «Si trattava di undici uomini, timorosi, perplessi», fa notare il Vescovo. «Da un certo punto di vista – continua – non si può negare che il bilancio di quello che è stato il suo ministero sia abbastanza deficitario». «Gesù, però, ha una garanzia – esclama –: sa che lo amano. E si fida! Post eventum diciamo che Gesù ha riposto bene la sua fiducia in loro» (Omelia nella Solennità dell’Ascensione, San Marino Città, 24.5.2020).

Al termine dell’anno pastorale incentrato sul Battesimo come fondamento della vita e della missione cristiana, sabato 28 maggio era prevista l’assemblea di verifica di fine anno. Le restrizioni imposte dal Coronavirus non hanno consentito il confronto nei tavoli di lavoro, ma è stato comunque possibile riunirsi in Cattedrale, anche se in numero ridotto e per rappresentanze degli Uffici pastorali diocesani e delle Aggregazioni ecclesiali, per la celebrazione della Veglia di Pentecoste. Il Vescovo Andrea si è rivolto con queste parole alle équipe pastorali: «Grazie per quello che fate, a volte senza avere riconoscimenti particolari. Vi incontrate, fate programmi, lavorate, pubblicate, forse ricevete critiche, oppure fate cose buone e nessuno se ne accorge». Al ringraziamento sono seguite indicazioni concrete: «Vi incoraggio a continuare ad impegnarvi, a famigliarizzare tra voi, non perché diventiate un gruppo chiuso, ma perché acquisiate sempre più competenze; per questo vi invito a partecipare ai convegni e agli incontri regionali e nazionali. Cercate il gioco di squadra. Fate tutto con spirito di servizio». Gli Uffici pastorali hanno un compito importantissimo: «Aiutare la Chiesa diocesana ad essere presente su tutta la realtà; cogliere le esigenze che emergono; offrire una parola sapiente per ciascun ambito: l’evangelizzazione, la catechesi, il culto a Dio, la carità, la famiglia, i problemi sociali e del lavoro, la scuola e la cultura, i giovani, le vocazioni, lo slancio missionario ad gentes, la salute, la comunicazione». Durante la Veglia di Pentecoste il Vescovo ha ricordato che nel prossimo anno pastorale verrà messa a tema la dimensione della missione. «Cosa vuol dire essere missionari?», chiede mons. Vescovo. «Si tratta di animare ambienti, cultura, politica, società, con il lievito e il sale del Vangelo. In quest’opera saremo corroborati da un sacramento: la Confermazione». «“Lo spirito santo – conclude il Vescovo – guida la Chiesa verso la verità tutta intera (cfr. Gv 16, 13), la unifica nella comunione e nel servizio, la costruisce e la dirige mediante i diversi doni gerarchici e carismatici, e la arricchisce dei suoi frutti” (LG 4). Così pensiamo la Chiesa, la nostra Chiesa!».

Paola Galvani, luglio-agosto 2020