“Essere dono”

Uguaglianza nella dignità, diversità nel dono

Siamo abituati a sentir parlare della Festa della Donna per il ricordo delle conquiste sociali, economiche e politiche a vantaggio della donna oppure per festeggiamenti, ristoranti presi d’assalto (prima della pandemia…), attività ricreative… Da alcuni anni in Diocesi, il gruppo di persone che collabora con il Vescovo per la Pastorale Sociale e del Lavoro, anima la riflessione e la preghiera per questa Giornata. La dignità della donna è ferita in molte parti del mondo e anche le cronache nazionali riportano spesso all’attenzione efferati femminicidi e abusi. Proprio dall’immagine di uno di questi il Vescovo Andrea ha iniziato la sua meditazione: «A Bondeno di Ferrara (mio comune di origine), qualche settimana fa, una donna è stata uccisa dal suo ex marito. Ho presentissima la casa giù dall’argine che i telegiornali di tutta Italia hanno ripreso. A fianco c’è il “Boicelli”, un ramo del Cavo Napoleonico dove andavo a pescare. Dunque, un fatto accaduto a “casa mia”». Una seconda immagine, molto suggestiva, che mons. Vescovo ha citato, è quella di suor Ann Nu Thawng che, in Myanmar, in ginocchio, prega davanti alla polizia schierata contro i giovani manifestanti. Di fronte a queste immagini il Vescovo si è posto in preghiera come uomo, come sacerdote e come vescovo. «Come uomo – confida – la mia preghiera si fa implorazione di perdono al Signore per tutti gli atteggiamenti maschilisti o addirittura clericali». Poi, come sacerdote, eleva «quella della lode, del ringraziamento». Ne spiega il motivo: «Nella mia esperienza sacerdotale ho visto quanto determinante sia stata la presenza delle donne: suore, catechiste, insegnanti di religione, animatrici parrocchiali, membri dei Consigli…». Infine, come vescovo, la sua preghiera si riassume in un: «Eccomi», per dire tutta la sua disponibilità a fare in modo che nei programmi pastorali ci sia sempre più il contributo, la presenza, la genialità delle donne. «Voglio essere un vescovo che va a scuola dal genio femminile!», conclude.
Nel corso della riflessione il Vescovo ha evidenziato due tendenze nella società di oggi. Una prima tendenza è quella di una reazione contestatrice «al fatto che alla donna è stato assegnato un ruolo passivo, subordinato e dipendente». Qui segnala anche un pericolo: l’idea che «la valorizzazione della donna passi necessariamente per una sua “elevazione” allo stato maschile». «Strano femminismo – commenta –: per affermare la dignità del femminile, trovarsi a dover scimmiottare il maschile!».
Una seconda tendenza si prefigge di cancellare in radice la differenza fra uomo e donna: in essa ogni persona «deve emanciparsi dai condizionamenti biologici e culturali e scegliere a suo gradimento come modellare e costituire se stessa». Mons. Andrea propone una strada che «non stia nella esasperazione né di una uguaglianza senza differenza, né di una differenza senza uguaglianza. La prospettiva è quella di saper tenere insieme questi due poli: uguaglianza nella dignità, diversità nel dono». Spiega, poi, che la strada per una valorizzazione della ricchezza del maschile e del femminile «non è l’autosufficienza o l’antagonismo, ma l’apertura e la ricerca della relazione con l’altro, a me simile e differente». La logica del dono.
Il Vescovo conclude soffermandosi su un aspetto della femminilità: la generatività. «Anche fisicamente la donna è strutturata secondo la modalità dell’accoglienza e del dono. Sa fare spazio in se stessa a ciò che è invisibile. Dialoga silenziosamente per nove mesi con una presenza nascosta dentro di lei. Sa amare di un amore totale, consapevole che il dono di sé all’altro che porta in grembo richiede la pazienza, il sacrificio della gravidanza, il dolore del parto e poi di lasciarlo andare perché faccia la sua strada». «La generatività trova la sua prima espressione nella maternità biologica – precisa –, ma in realtà si dilata e abbraccia tutto l’agire femminile: nello spendersi nei rapporti con gli altri, soprattutto a favore dei più deboli e indifesi e nell’impegno educativo, la donna realizza una forma di maternità affettiva, culturale, spirituale, di un valore inestimabile, sia per lei che per la società» (Discorso nella Giornata Internazionale della Donna, Borgo Maggiore RSM, 7.3.2021).
Su invito della Conferenza Episcopale Europea ogni nazione, in un giorno della Quaresima, ha celebrato una Messa per le vittime del Covid-19 e le loro famiglie: «Una rete di preghiera, una catena eucaristica, per le oltre 770.000 vittime del Covid-19 in Europa». Il Vescovo Andrea ha celebrato la Messa nella Cattedrale di Pennabilli il 4 marzo scorso.
Nell’omelia ha presentato due opzioni che sono dentro al cuore di ogni uomo: di fronte alla situazione attuale, che tutti condividiamo, siamo chiamati ad una scelta. Le due possibilità del cuore vengono presentate prendendo spunto dalle letture liturgiche. In particolare, nella Prima Lettura sono ben rappresentate da due alberi: l’albero del tamerisco, l’albero delle steppe, che vive in luoghi aridi, in una terra di salsedine, dove nessuno può vivere, esempio dell’«uomo che confida nell’uomo»; l’albero che nasce e cresce lungo i corsi d’acqua, le cui foglie rimangono sempre verdi e che, nell’anno della siccità, non si dà pena e non smette di produrre frutti, esempio dell’uomo che confida nel Signore. «Se crediamo che Dio è amore e che tutto quello che accade è uno stimolo per amare di più, allora sapremo affrontare anche le cose più ardue: siamo davvero una famiglia» (Omelia nella S. Messa per le vittime del Covid-19, Pennabilli, 4.3.2021).

Paola Galvani, aprile 2021