Il bambino ci prende per mano

Ci ridà il coraggio di rinascere e di riprogettare il futuro

Se non fosse per i bambini… lascerei volentieri gli addobbi natalizi nella cassapanca. Stiamo arrivando alla festa più sentita nel mondo in condizioni critiche. Le guerre – non solo quella nel cuore dell’Europa, ma anche le dimenticate dell’Africa e del vicino Oriente – ci stanno presentando un conto salatissimo con i lutti, le devastazioni, gli odi e ogni altra forma di brutalità. Ne risentono non solo le economie statali e familiari, ma le relazioni interpersonali e politiche. A ciò si aggiunga la sofferenza e i distacchi che ognuno ha dentro di sé. Menomale che ci sono i bambini! Ci costringono ad uscire dai nostri incubi. Sono loro che ci prendono per mano e ci rimettono tra le braccia del Mistero. All’inizio, probabilmente, la nostra potrebbe essere solo accondiscendenza o cortesia, poi siamo ricondotti, a nostra volta, all’infanzia che è in noi. Intendiamoci, non all’infantilismo o all’ingenuità, ma al coraggio di rinascere, di riprogettare il futuro. I bambini non sono appena la speranza del domani, ma sono oggi una profezia e la prima delle risorse. Per questo abbiamo “vegliato” sulla vita nascente dedicando una serata intera alla preghiera, alla riflessione e alla festa, presenti un gruppo di mamme in dolce attesa, in nome di tante altre, insieme ai futuri papà. Per questo – ma sono passate ormai diverse settimane – abbiamo voluto ricordare e chiedere perdono alle giovani vittime degli abusi e rilanciare una cultura del rispetto (pueris debetur maxima reverentia). Ho ricevuto una testimonianza. Ad un giovane insegnante di sostegno è stato affidato un ragazzino autistico; il ragazzino non guarda negli occhi, non stabilisce alcun contatto, non parla. Durante una gita organizzata dalla scuola il giovane insegnante e il ragazzino, ad un certo punto, si siedono lungo un corso d’acqua approfittando del clima ancora mite. Improvvisamente il bambino esce con una domanda: «Mi puoi dire chi è Gesù?». L’insegnante – non credente – s’è chiesto cosa passasse per la testa del suo piccolo amico. Lì per lì non si è preoccupato di rispondere o di chiarire. A fine giornata, sulla strada del ritorno, si è sentito rivolgere ancora la domanda: «Dai, dimmi chi è Gesù», guardandolo sorprendentemente negli occhi e poi abbracciandolo forte forte. L’insegnante è tornato sconvolto per l’accaduto: un fatto del tutto inatteso in una persona autistica. È stato come ricevere un regalo. Ma ci sono voluti mesi per comprendere che il bambino autistico aveva risposto lui perfettamente alla sua stessa domanda: nella forza del suo abbraccio aveva mostrato chi è Gesù. Sono certo che, prima o poi, anche sul cammino di ogni persona Gesù si manifesti. Ma spesso gli occhi restano ciechi e il cuore freddo. In questo tempo di Natale stiamo all’erta, potremmo riconoscere Gesù quando si manifesterà attraverso i più umili e i più piccoli. Secondo la liturgia cristiana ci sono quattro settimane di preparazione alla notte che può cambiare tutto. Ecco l’Avvento. Si avvicina il tempo del solstizio a partire dal quale la luce vince le tenebre. La notte del miracolo non è lontana. Miracolo è questa nascita inaudita. In questa notte Dio viene ad incontrarci. Piccolo, fragile, vulnerabile, si fa uno di noi. «A che serve che il Cristo sia nato allora in una stalla se non nasce oggi nel tuo cuore?». È la domanda che, sette secoli fa, faceva maestro Eckhart, ma che ritornano persino nelle canzoni di Natale. A Natale non celebriamo un semplice anniversario, ma una speranza: Dio è presente in ogni istante del nostro mondo, al nostro fianco, in noi. Questa speranza ridona coraggio, riscalda il cuore, rinnova le forze, apre orizzonti e accende la gioia. Buon Natale!

+ Andrea Turazzi, dicembre 2022