«Il sorriso di chi vede il giorno di Gesù»

Non stancarsi di pregare… anzi pregare fino a stancarsi!

«Da una parte un gruppo di cristiani che chiedono la scomunica “di chi vuole la guerra in Ucraina e uccide anche i bambini, come Erode” (richiesta inviata al Vescovo tramite e-mail, ndr) e dall’altra il Papa che risponde con l’invito ad un atto di consacrazione e di affidamento per l’uno e per l’altro paese». Il Vescovo Andrea si sofferma su questo contrasto, «forse solo un dettaglio nell’immane tragedia della guerra», durante la S. Messa celebrata in unità con il Santo Padre e con tutte le Diocesi del mondo nella Cattedrale di Pennabilli. «Il Papa – spiega il Vescovo – guarda questa guerra come Abramo che, davanti alle due città inique, Sodoma e Gomorra, prega: “Davvero sterminerai il giusto con l’empio? Forse vi sono cinquanta giusti nella città: davvero li vuoi sopprimere? E non perdonerai a quel luogo per riguardo ai cinquanta giusti che vi si trovano?”». «In quel “forse” che Abramo adopera per ben sei volte – commenta – c’è tutta la fiducia di Abramo credente, ma anche tutta l’audacia di Abramo amico di Dio». «Nella tenacia della sua insistente intercessione – prosegue – c’è il sorriso di chi vede il giorno di Gesù, il solo giusto, grazie al quale l’umanità è salvata dalle sue ingiustizie». Di fronte al male della guerra, non solo quella tra Russia e Ucraina, mons. Andrea mostra «un’altra via: la via della responsabilità umana per il male che c’è nel mondo». «E responsabilità chiede conversione» (Omelia nella S. Messa con la consacrazione della Russia e dell’Ucraina, Pennabilli, 25.3.2022).
Il Vescovo invita a guardare il Crocifisso: «Gesù, fedele fino in fondo», esorta «a non stancarsi di pregare, anzi a pregare fino a stancarsi» e incoraggia a «creare un sociale diverso», cominciando con l’essere artigiani della pace: «L’artigiano ha cura dei particolari, è perseverante». Poi, a fare la pace: «Lanciare messaggi positivi, di riconciliazione, alle persone con le quali siamo in difficoltà». Infine, ad essere persone di pace: «Essere persone pacificate, che sanno vivere bene i conflitti; persone che comunicano speranza perché l’hanno dentro» (Omelia nella I domenica di Quaresima, Novafeltria, 6.3.2022).
Ogni passaggio difficile e faticoso della nostra esistenza, ogni “crisi”, «può indicare qualcosa di positivo, una presa di coscienza, voglia di cambiamento, superamento di ostacoli». È ciò che affiora nel Vangelo della Trasfigurazione: «È proprio mentre Gesù sta vivendo la crisi – proseguire il cammino verso la croce o dire “cari amici mi sono sbagliato”? – che accade la Trasfigurazione. Come a dire: non aspettare, non è dopo che, in modo consolatorio, vedrai la luce. Prova a vedere adesso in te la luce che il Signore ti dà e che dà senso anche al tuo quotidiano donarti per la missione che il Signore ti ha affidato». E aggiunge: «Sono contento di vedere, negli incontri sinodali a cui partecipo, come le persone raccontano quello che Dio fa nella loro esistenza: la Trasfigurazione è adesso!». Il monte della Trasfigurazione è di nuovo occasione per parlare della preghiera: «A volte la nostra preghiera – confida mons. Andrea – è piena di consolazione, altre volte è nella prova: “Sto veramente parlando con te, Signore?”». «Sul monte della preghiera avviene un incontro con Dio Padre. Si avverte la sua presenza per quella “voce”, che è il vertice del racconto: “Questi è il Figlio mio, l’amato; ascoltatelo!”». Poi, «sul monte si vive l’incontro con sé stessi. La preghiera rivela quello che sei, perché non hai bisogno di fingere, di mascherarti: Dio ti vede e tu devi arrenderti e saperti amato». Infine, «nella preghiera c’è l’incontro con gli altri. La preghiera vera, autentica, è sempre uno spazio colmo di presenze, di volti, di amicizie. Chi prega non è solo. Permettiamo l’invadenza dei ricordi e delle persone: renderanno la preghiera più fervorosa; assomiglierà alla preghiera di Gesù, una triangolazione tra lui, il Padre e quelli che il Padre gli ha dato» (Omelia nella II domenica di Quaresima, Uffogliano, 12.3.2022).
La prima a vivere la preghiera di intercessione è la Madre di Dio, «madre dell’umanità, colei che è sorella e madre. Lei, per divino disegno, è collocata fra l’umanità e Dio: intercede». Il Vescovo invita i sacerdoti ad «arricchirsi della dimensione mariana».  «Essere mariani – precisa – è imparare a ricollocarsi nella trama delle relazioni ecclesiali: fratello tra fratelli e sorelle, a scendere dal piedistallo che a volte ci allontana (presi tra gli uomini per essere costituiti per le cose che riguardano Dio, ma non “uomini del sacro”), a vivere il ministero come servizio (a servizio del sacerdozio regale) sul modello della lavanda dei piedi (cfr. Gv 13,1-17), ad integrare gli atti del ministero nella vita spirituale, dentro non dopo!». «Al prete – fa notare – è affidata la più autorevole delle parole di Gesù: “Questo è il mio corpo, questo è il mio sangue”, ma sono parole che contemplano il timbro corale della comunità, l’”Amen”!». E conclude con l’auspicio: «No all’individualismo, ma sempre più in comunione col presbiterio e col vescovo. Triplice il munus – Maria accanto all’apostolo ce lo ricorda –, non solo quello cultuale, ma egualmente quello profetico e quello missionario» (Omelia nel Venerdì Bello, Pennabilli, 18.3.2022).

Paola Galvani, aprile 2022