“La luce del Natale ricostruisce le nostre rovine!”

Il mistero parla. Il mistero ci interpella. Il mistero ha un “io”

«Siamo dolcemente invitati a riaprire i conti col mistero di Dio e col mistero dell’uomo». Con queste parole il Vescovo Andrea, nell’editoriale di dicembre, esortava i lettori a porsi davanti al mistero di Dio, che «nell’esperienza umana sulla terra non sarà mai pienamente posseduto». «Il fatto più eclatante – segnalava – è che questo mistero si rivolge a noi. Il mistero parla. Il mistero ci interpella. Il mistero ha un “io”». Il Vescovo mette a confronto la nascita di Gesù a Betlemme, in un giorno preciso della storia, alla nascita di ogni uomo: «C’è un racconto che sottostà a tutti i racconti della nostra vita: è il racconto della nostra nascita, un racconto che ci viene dato da coloro che ci hanno accolto, chiamato per nome e coperto di baci». «Di tale racconto – osserva – abbiamo bisogno per conoscere la nostra identità, tant’è vero che, chi non l’ha avuto, ne soffre; chi non sa nulla dei propri genitori li cerca instancabilmente, avvertendo la necessità di sentirsi persona, fin dall’inizio, chiamata per nome». Dunque, nel Natale di Gesù il nostro Natale. Inoltre, «la gioia per un bimbo che nasce a Betlemme – fa notare mons. Andrea – richiama nel Prologo del Vangelo di Giovanni la gioia e lo stupore per ciò che nasce e che è nato all’origine del mondo». «Tutto ciò che è nato ed ha cominciato ad esistere – prosegue – è da vedere nella luce del Natale: il Verbo incarnandosi viene a riprendersi ciò che è suo per rinnovarlo!». Si può dire che, mentre il Natale di Betlemme fa vivere il compleanno di Gesù, il Prologo di Giovanni presenta il compleanno del mondo, «la sua natura di mondo “sensato”, perché dovuto a colui che è il Logos, il Verbo di Dio». Da questo parallelo si può dedurre che «se partiamo da Gesù Figlio di Dio, le nostre vicende umane non sono né piccole né inutili, i nostri affanni non sono un sospiro vano, dal momento che se ne è fatto carico nascendo a Betlemme». Ma il Natale, «oltre ad essere un compleanno storico, oltre a richiamare un evento cosmico, è insieme incomparabilmente intimo e personale: Gesù si fa presente ad ogni istante della nostra concreta realtà quotidiana. Il Signore viene e sta sempre di nuovo per venire in chi lo attende e lo accoglie».
Con stupore il profeta Isaia esclama: «Prorompete insieme in canti di gioia, rovine di Gerusalemme» (Is 52,9). «Come mai – domanda mons. Vescovo – il profeta pensa che le rovine possano prorompere di gioia, quelle rovine che vediamo in noi e attorno a noi, le rovine che umiliano, le rovine del senso della vita che molte persone hanno perduto e non ritrovano, le rovine interiori dell’angoscia, della paura, della diffidenza, della tristezza?». E conclude così: «La luce del Natale ricostruisce le nostre rovine!» (Meditazione teologica sul Natale, Rimini, Istituto Superiore di Scienze Religiose “A. Marvelli”, 16.12.2021).
Alla Veglia per la Vita nascente, il Vescovo, commentando ancora il Prologo del Vangelo di Giovanni, sottolinea che «la nostra è una vita da, perché ricevuta, una vita con, perché proiettata nella relazione ed è una vita per, da giocare per costruire, creare, progettare». «La vita – aggiunge – non ha valore, perché la vita è un valore, perché è unica e irripetibile, insostituibile e non surrogabile» (Discorso alla Veglia per la Vita nascente, Dogana RSM, 29.11.2021).
Del valore della vita il Vescovo Andrea ha parlato anche in occasione dell’incontro con il personale sanitario e con la cittadinanza nella festa di San Luca, patrono degli operatori sanitari (posticipato al 1° dicembre), una “tavola rotonda” «ad indicare la confluenza delle diverse competenze e della complementarità dei modi di prendersi cura attorno all’unico soggetto: la persona umana. Ci sono amministratori che lavorano per il bene comune, c’è il sacerdote che testimonia come la persona sia “una”, cioè unità di corpo e anima, c’è il personale medico, infermieristico e volontario che si china quotidianamente sul malato, c’è il bioeticista che aiuta nella riflessione». In apertura dell’incontro mons. Vescovo legge la pagina di Vangelo in cui Gesù risana molte persone segnate dalla malattia. «Qualche volta – osserva – Gesù si arrabbia col male; qualche volta si commuove per la persona ferita». Le guarigioni compiute da Gesù «non sono semplicemente o solamente dettate dalla bontà e dalla compassione, ma sono un segno della regalità di Dio, del mondo rinnovato. Dio non vuole il male. Dio non chiede la rassegnazione. La malattia e il male sono un segno del peccato che è entrato nel mondo e che si deve contrastare». Pertanto, mons. Andrea esorta a «dire “no” al fatalismo, “sì” alla ricerca, allo studio, alla cura di chi è malato, a testimoniare coi fatti che non esistono vite indegne o da scartare perché non rispondono al criterio dell’utile o alle esigenze del profitto». «Perché la cura senza scienza – afferma citando le parole di papa Francesco ai membri della Biomedical University Foundation – è vana, come la scienza senza cura è sterile» (Discorso alla Tavola Rotonda per la Giornata degli operatori sanitari, Novafeltria, 1° dicembre 2021).

Paola Galvani, gennaio 2022