La Missione “a tu per tu”

Per riprendere il cammino…

Nel mese di novembre l’editoriale del Vescovo titolava così: «Ci viene tolto molto, ma non tutto: l’essenziale è intatto». L’articolo si riferiva agli effetti derivanti dalla pandemia, ma l’idea di un necessario ritorno all’essenziale in Diocesi è scattata già da qualche anno con la constatazione che «moltissimi sono cristiani senza aver mai deciso di esserlo». «Siamo nati qui, ci hanno dato il Battesimo quando eravamo molto piccoli, ci hanno insegnato religione a scuola, abbiamo fatto la Prima Comunione e la Cresima… Ma abbiamo veramente incontrato Gesù?». Questa la riflessione affidata dal Vescovo alla Diocesi, che ha portato alla riscoperta del kerygma: «Il nucleo incandescente del cristianesimo, del Vangelo, è che Gesù è risorto ed è vivo». «È decisivo per la vita cristiana cogliere l’appello e la presenza del Risorto – afferma mons. Andrea – in ogni circostanza. In quelle difficili e dolorose ancora di più… sono quelle in cui riconoscerlo crocifisso! È bello imparare a dirgli: “Sei tu Gesù!”» (Omelia nella I domenica di Avvento, Fiorentino, 29.11.2020).
L’anno scorso è stato dedicato al sacramento che fa vivere la risurrezione: il Battesimo. «Dopo aver ricevuto il Battesimo possiamo dire: “Siamo morti tornati alla vita” (Rm 6,13)», così pensavano di sé i primi cristiani. Quest’anno, 2020/21, si è fatta la scelta di dedicare tempo, riflessione e preghiera al tema della missione. «Ho usato impropriamente la parola tema – precisa il Vescovo –: non è un tema, un argomento accanto agli altri, è vita in espansione. La missione non è un optional, ma sostanza della vita cristiana». La pandemia ha costretto a ridimensionare molte iniziative. Come essere missionari in questo tempo? Un modello di missionario su cui si è soffermato il Vescovo è l’apostolo Andrea, che mette in luce «una forma di apostolato, di missione, adattissima per questi giorni di distanziamento sociale: la missione “a tu per tu”».
Andrea – annota il Vangelo – è rimasto con Gesù nel giorno benedetto del suo primo incontro. «Tutto è cominciato con quella giornata di intimità con il Signore: quella sosta dalla fatica di pescatore – osserva mons. Vescovo – vale per lui più di una rete piena di pesci (cfr. Mt 13,44-47)». E Andrea «corre subito da suo fratello Simone per comunicare quello che ha vissuto e imparato: scatta una comunione d’anima. […] La notizia dell’incontro, la novità, non passa come un verbale, ma scorre sui toni dell’affetto, della confidenza, dell’amicizia». «Quanto sono importanti i rapporti! – conclude mons. Vescovo. «Davvero – prosegue – la missione è un atto di amicizia: è perché vuoi bene a quella persona e a quelle persone che le metti a parte della tua scoperta». Mons. Vescovo delinea una caratteristica importante del missionario: «Alla fine, Andrea conduce Simone direttamente da Gesù: sarà il Maestro a parlare al cuore di Simone. È tipico del vero missionario non essere invadente e mettersi da parte» (Omelia nella festa di Sant’Andrea Apostolo, Caprazzino (PU), 30.11.2020).
Nell’andare all’essenziale il Programma pastorale invita le comunità a concentrarsi sull’ascolto. «Stando davanti al roveto ardente – spiega mons. Andrea – impariamo non solo ad ascoltare Dio, quello che ha da insegnarci, ma soprattutto impariamo ad ascoltare come fa Lui». «La missione comincia dal mettersi in ascolto come fa Dio – ribadisce –: ce lo insegnano anche i missionari che sono nella frontiera dell’evangelizzazione. Prima ascoltano, poi parlano, si uniscono». Un altro punto qualificante del Programma pastorale è l’invito a «mettersi davanti al mistero della creazione, anzi di Dio Creatore». Durante la Veglia diocesana per la vita nascente, il Vescovo si sofferma sulle verità della creazione, per dare risposta a tre domande fondamentali che risuonano nel cuore di ogni uomo. La prima: che cosa sta all’origine del mio esserci? Il caso? La necessità? La seconda: che cosa sta alla fine del mio esserci? Il nulla? La terza: che senso ha, allora, la vita che viviamo, quella che sta frammezzo, tra l’origine e la fine? «All’origine della persona sta l’atto di intelligenza e di volontà di un Padre che decide di pormi in essere: questa è la nostra fede», risponde il Vescovo. «Il Padre ha pensato ciascuno di noi; fra le infinite persone umane possibili ha voluto che esistessimo io, tu, noi, non altri. Ci ha scelti». Dunque, ognuno può dire: «Non esisto per caso, non esisto per necessità: esisto per amore».
Il Vescovo esprime con un’immagine la seconda domanda dell’uomo: «Pensiamo i sette miliardi di esseri umani che salgono sul monte Carpegna da una valle come la val Marecchia: un enorme formicaio! E sul crinale una doppia eventualità: il precipizio, il vuoto, il nulla, oppure un infinito giardino. La fede dice che di là dal monte c’è pienezza di vita». «Dio ci ha voluto per farci partecipi della sua vita – continua –, perché fossimo figli nel Figlio. Lui quando mi guarda vede Gesù-Andrea. Così di ciascuno dei suoi figli». Alla terza domanda risponde che «vivere umanamente, in piena umanità, è vivere in Cristo, con Cristo, come Cristo. Non c’è una vita pienamente umana e poi una vita in Cristo. È la vita in Cristo che è pienamente umana e, la vita che ancora non ha incontrato Cristo, vive ugualmente in Lui». E conclude: «L’amore del tutto speciale che il Creatore, Dio Padre, ha per ogni essere umano conferisce all’uomo stesso una dignità infinita. Ecco il fondamento della bellezza della vita». (Omelia nella Veglia per la vita nascente, Serravalle RSM, 4.12.2020).

Paola Galvani. Gennaio 2021