La preghiera eucaristica: alcune precisazioni (Luglio-Agosto 2019)

A proposito dell’offerta l’OGMR asserisce la parte e il significato riconosciuto all’assemblea: «La Chiesa, in modo particolare quella radunata in quel momento e in quel luogo, offre al Padre nello Spirito Santo la vittima immacolata… i fedeli imparino ad offrire se stessi» (79 f). L’offerta della vittima immacolata non è chiesta al solo sacerdote (per suo mezzo) ma coinvolge l’assemblea: «offriamo» è un plurale effettivo, non maiestatico del sacerdote. Ciò non significa che l’assemblea recita con il sacerdote la preghiera eucaristica e le altre preghiere riservate solo al ministro ordinato, bensì che i fedeli non si sentono spettatori passivi. Con le modalità loro proprie, e soprattutto con le disposizioni interiori adeguate e la piena consapevolezza essi sono chiamati ad offrire sé stessi, la propria vita, in comunione come l’offerta dell’unica vittima che salva il mondo.
In piedi o in ginocchio durante la preghiera eucaristica? Premettiamo che in ogni celebrazione liturgica non vi è un’azione, un gesto, un atteggiamento, che sia “neutro” né banale. Esso riveste sempre di un significato teologico e/o antropologico preciso in quanto parte integrante del linguaggio liturgico, fortemente simbolico e rituale. E quando i libri liturgici ci danno diverse possibilità di scelte dovremmo comunque adottare quei gesti a più forte valenza teologica o antropologica. Tornando alla domanda iniziale la risposta dell’OGMR la conosciamo già al n. 43: “I fedeli stiano in piedi […] dall’invito Pregate fratelli prima dell’orazione sulle offerte fino al termine della Messa, fatta eccezione di quanto è detto in seguito. […] S’inginocchino poi alla consacrazione, a meno che lo impediscano lo stato di salute, la ristrettezza del luogo, o il gran numero dei presenti, o altri ragionevoli motivi. Quelli che non si inginocchiano alla consacrazione, facciano un profondo inchino mentre il sacerdote genuflette dopo la consacrazione. […] Dove vi è la consuetudine che il popolo rimanga in ginocchio dall’acclamazione del Santo fino alla conclusione della Preghiera eucaristica e prima della Comunione, quando il sacerdote dice Ecco l’Agnello di Dio, tale uso può essere lodevolmente conservato”. Occorre fare ulteriori precisazioni. Innanzitutto che all’invito “Pregate fratelli…” il popolo si alza, subito dopo aver risposto “Il Signore riceva dalle tue mani…”. Molte volte si aspetta che il sacerdote dica “in alto i nostri cuori”. Invece è prima, in quanto le tre preghiere presidenziali (colletta, sulle offerte e dopo la comunione) si dicono in piedi. Infatti, il n. 30 precisa: “Il popolo si alza e il sacerdote, con le braccia allargate, dice l’orazione sulle offerte”. Alla consacrazione ci si inginocchia, tuttavia con l’attenzione delicata a difficoltà di salute o dello spazio. L’ultima affermazione del n. 43, in ginocchio fino a “Ecco l’Agnello di Dio”, sa di compromesso e di concessione. Ma che contrasta con il significato dei vari elementi che costituiscono questa parte della celebrazione. Al “mistero della fede” non “proclamiamo la risurrezione del Signore” in ginocchio, così come non lo possiamo al “Padre Nostro”. Immaginiamo poi che ci scambiamo il segno della pace stando in ginocchio? Lo stare in ginocchio non significa di per sé maggior rispetto e adorazione. Una tradizione antichissima della Chiesa vietava perfino di inginocchiarsi durante tutta la celebrazione nel Tempo di Pasqua! L’ideale sarebbe: in ginocchio dopo il “Sanctus” fino al “mistero della fede”. La risposta dell’assemblea andrebbe data in piedi. In tutti i casi, in ginocchio o in piedi, la cosa fondamentale è l’atteggiamento di grande rispetto e di consapevole adorazione del Signore che si rende presente in mezzo a noi nelle specie del pane e del vino per opera dello Spirito Santo.
don Raymond Nkindji Samuangala
Assistente collaboratore Ufficio diocesano per la Liturgia e i Ministri Istituiti