La raccolta del fieno e il giudizio divino (Giugno 2019)

Pieter Bruegel il vecchio, La raccolta del fieno, 1566 (117×161 cm), olio su tavola, Palazzo Labkowitz, Praga
Si potrebbe sicuramente gustare appieno la bellezza di quest’opera di Bruegel, se fosse collocata accanto alle altre. Benché sia l’unica senza firma e senza data, la fienagione appartiene al ciclo dei mesi e celebra i lavori tipici del mese di giugno – inizio luglio. I colori della natura, che vanno dal giallo oro del fieno, all’azzurrino dei profili montagnosi sullo sfondo, si integrano perfettamente con l’oro pieno de “la raccolta dell’orzo” (agosto) e i bruni grigi de “I Cacciatori nella neve”. Un uomo in primo piano affila la falce. Lo strumento, tipico della stagione estiva, atto alla mietitura e alla fienagione, era immancabile nella danza macabra. Ne aveva realizzata un pittore affine a Bruegel, Hieronimus Bosch col fine di ricordare all’uomo la sua natura mortale. Collocato nell’angolo sinistro della tela, l’uomo ha il compito, non solo di introdurci nel tema dei lavori del campo, ma anche di svelarci il senso recondito della scena descritta. Bruegel, a differenza di Bosch molto più “religioso”, era solito nascondere il tema sacro sotto spoglie quotidiane e contadine. Tra l’altro questo dipinto (1565) si colloca a pochi anni dalla morte dell’artista (1569). Una struttura di legno – una staccionata in procinto di cadere – dirige il nostro sguardo verso la scena che dà il titolo all’opera: uomini e donne raccolgono fieno su un carro, ormai colmo. Richiamando le parole del Battista all’inizio del Vangelo di Matteo: “la scure è alla radice”, ovvero siamo alla resa dei conti, i mietitori hanno raccolto il grano e l’hanno riposto nel granaio, mentre il fieno sta per essere dato in pasto agli animali. A differenza di altre opere bruegeliane qui si lavora con tranquillità: non c’è frenesia, né inquietudine o angoscia, le figure non sono caricaturali. Al contrario la bella stagione offre una sensazione di benessere, di bellezza e di pace. Ancora una volta il riferimento biblico è nascosto: “quando si dirà pace e sicurezza allora piomberà su di loro la rovina” (cfr. 1Tess 5,3). Bruegel visse in un tempo di grandi contrasti intestini fra cattolici e calvinisti e, un anno prima della sua morte, vi fu una rivolta da parte dell’area olandese protestante contro il dominio spagnolo degli Asburgo. Tali eventi segnarono profondamente l’animo dell’artista producendo un pessimismo che egli registrò puntualmente nelle sue opere. Qui fu quasi profetico nel denunciare la calma prima della tempesta e nel riflettere, misteriosamente conscio della sua fine, sull’imminente giudizio divino. Una scena principale denuncia il dramma.
Due gruppi di persone scelgono vie assolutamente diverse. Tre donne, una particolarmente bella per l’indagine solitamente caricaturale dell’artista, si dirigono verso il campo munite di rastrello. Esse rappresentano le tre età dell’umanità che vanno incontro al loro destino (la morte simboleggiata dall’uomo che affila la falce) in modi differenti. È proprio la più giovane, che s’attarda a guardare verso i due cesti carichi di frutta e verdura, a metterci in guardia: senza buone opere non si arriva a Dio.
Il contrasto fra fede e opere fu uno dei temi fondamentali della lotta fra cattolici e riformati. Altri cinque personaggi a piedi e uno a cavallo (tre uomini e tre donne) sono diretti dalla parte opposta carichi di frutti. Il sentiero che si snoda fra papaveri e fiordalisi (questi quasi scomparsi dalle nostre campagne) è segnato da una piccola edicola mariana. Era costume, prima di metter mano alla fienagione, raccomandarsi alla Vergine o a Cristo perché concedesse sole e tempo sereno. La pioggia, infatti, rovina completamente il fieno e getta i contadini nella carestia, non avendo di che alimentare gli animali durante i mesi rigidi dell’inverno. Dalla celletta votiva lo sguardo si perde all’orizzonte e mostra la benevolenza divina: il cielo è terso, l’orizzonte limpido e tutto lascia prevedere un tempo ottimo e un’essiccazione assicurata. Se tra le macchie erbose svetta il campanile di una bella chiesa, nella stessa direzione della celletta mariana, sopra una collina dorata, si erge un mulino a vento. Le pale sono ferme: il vento non porterà nuvole sgradite, ma nello stesso tempo si denuncia la pace prima della tempesta. Il mulino, nell’opera di Bruegel, rimanda all’idea del tempo e del Giudice divino che gira le sue pale e che macina solo il buon grano della fede, consegnando l’incredulità al fuoco. Altre scene riempiono l’orizzonte e occorre una buona osservazione per vederle. Vicino a un pozzo, un pastore guida il gregge al pascolo (è Cristo, il buon Pastore che non cessa di pascere i suoi a dispetto delle avversità), mentre più in fondo oltre le case ecco in un villaggio donne e bambini all’aperto, godendo della bella stagione. Sono loro il popolo di Dio, il gregge che vive fiducioso della cura del Pastore e, benché non se ne abbia notizia, questo dipinto sembra registrare un’inclinazione cattolica dell’artista considerato affine alla fede calvinista.
suor Maria Gloria Riva