L’Adorazione eucaristica

Domanda – Vorrei porre qualche domanda sull’adorazione eucaristica dal punto di vista liturgico. C’è una riscoperta dell’Adorazione eucaristica. Tempo fa sembrava considerata una “devozione”. L’altare veniva concepito come un grande trono in cima al quale svettava l’ostensorio. Successivamente lo spostamento dell’altare al centro del presbiterio (verso il popolo) ha messo più in rilievo la dimensione dell’Eucaristia come cena (senza negare la Presenza Reale!). Ma l’Adorazione non rischia così di “fare ombra” alla celebrazione? Questo recupero dell’Adorazione non sarà anche un segno ed una esigenza attuale di interiorità e di maggiore profondità?

Lorenzo

 

Questa domanda ne comprende altre attorno all’Adorazione eucaristica, tutte complesse. Ogni tentativo di risposta sarà obbligatoriamente sintetico. Due precisazioni si impongono. La prima: con la riforma liturgica del Concilio Vaticano II l’altare non è nel centro del presbiterio per mettere “in rilievo la dimensione dell’Eucaristia come cena”. La dottrina cattolica, ribadita dal Vaticano II, ha una visione integrale di questo sacramento: la dimensione sacrificale e quella conviviale sono inseparabili, in quanto due facce della stessa realtà sacramentale. “La Messa è ad un tempo e inseparabilmente il memoriale del sacrificio nel quale si perpetua il sacrificio della Croce, e il sacro banchetto della Comunione al Corpo e al sangue del Signore” (CCC, n. 1382). Di conseguenza l’altare “rappresenta i due aspetti di uno stesso mistero: l’altare del sacrificio e la mensa del Signore” (CCC, n. 1383). Parlare di “Cena” (del Signore) non basterebbe quindi a giustificare la sua centralità nel presbiterio. La ragione andrebbe ricuperata in tutta la teologia cattolica dell’altare. Basta l’accenno che vi fa lo stesso numero 1383 del CCC. Prima di tutto “l’altare cristiano è simbolo di Cristo stesso, presente in mezzo all’assemblea dei suoi fedeli sia come vittima offerta per la nostra riconciliazione, sia come alimento celeste che si dona a noi”. Cristo quindi sta IN MEZZO ai suoi quale sommo sacerdote della nuova alleanza, che offre sé stesso al Padre per la salvezza del mondo. Il Prefazio pasquale V lo presenta come “altare, vittima e sacerdote”! Poi, “l’altare, attorno al quale la Chiesa è riunita nella celebrazione dell’Eucaristia” (CCC, n. 1383). Ogni celebrazione è celebrazione della Chiesa e l’altare posto nel cuore del presbiterio manifesta maggiormente l’unità comunione della Chiesa, nonché la pluralità dei ministeri liturgici ecclesiali, guidati dal ministro ordinato che presiede in persona Christi. Dunque, l’altare è nel centro perché è Cristo stesso che raduna la sua Chiesa, celebra il suo sacrificio offrendolo al Padre per l’unità e la salvezza della Chiesa e del mondo. Perché la Chiesa, Corpo di Cristo, vi si raduna attorno per fare il memoriale del sacrificio pasquale. Il vero soggetto della liturgia è la Chiesa costituita da Cristo capo e dal suo corpo, la santa assemblea dei battezzati. “Effettivamente per il compimento di quest’opera così grande, con la quale viene resa a Dio una gloria perfetta e gli uomini vengono santificati, Cristo associa sempre a sé la Chiesa, sua sposa amatissima…; in essa (nella liturgia) il culto pubblico integrale è esercitato dal corpo mistico di Gesù Cristo, cioè dal capo e dalle sue membra” (SC, n. 7). (Continua nel prossimo numero)

don Raymond Nkindji Samuangala, luglio-agosto 2020
Assistente collaboratore Ufficio diocesano per la Liturgia e i Ministri Istituiti