L’Avvento e il Natale in un’opera sammarinese (Dicembre 2016)

Anonimo dell’America Latina, Madonna incoronata da due angeli, fra la Santissima Trinità e Santi (XVII sec.), olio su tela

È un quadretto modesto, nelle dimensioni, quello raffigurante la Vergine di Guadalupe nel Museo di Stato di San Marino; modesto nelle dimensioni ma non nell’iconografia ricchissima e capace di restituirci la bellezza della predicazione del fatto cristiano in America Latina. L’anonimo artista latinoamericano, infatti, non si contenta di realizzare l’effige della Guadalupe, ma la circonda di elementi che insegnano il Mistero di Cristo. La Vergine morena, come sappiamo, è la Donna dell’Apocalisse. È incinta, perché porta nella parte alta della vita una cintura di cuoio tipica delle donne gravide. Ha la luna sotto i suoi piedi ed è rivestita da un manto stellato che riproduce l’area del cielo visibile da Città del Messico durante il solstizio d’inverno (cioè nei giorni della sua apparizione a Juan Diego, il 12 dicembre 1531). I raggi, benché siano forse l’unica parte dove si registra l’intervento umano, la designano quale donna vestita di sole. La Guadalupe, si sa, è un’immagine acheropita, non dipinta da mani d’uomo, e le recenti indagini scientifiche, seppur opportunamente soffocate da certo laicismo di stampo messicano, dimostrano il continuo miracolo di questa misteriosa tilma. In Messico, ad esempio, non esistono altre tilme, perché questo tipo di indumento, una sorta di poncho in fibre di agave, si deteriora nel giro di pochi anni, essendo l’ayate, appunto, facilmente corruttibile. La tilma si conserva (e si è conservata anche in condizioni sfavorevoli), da ormai quasi 500 anni.
Nell’opera sammarinese l’artista tralascia alcuni particolari, come la cintura di cuoio, la carnagione bruna della Madonna, ma carica l’effige di altri elementi significativi. Inscrive la Vergine, non entro raggi dorati, bensì entro una croce. Quel Bimbo che Maria porta in grembo ci salverà mediante quel mistero. Lo spessore in ombra della croce è, nella parte destra, lo stesso lato verso il quale si volge la Madonna. Quell’ombra fa risaltare i raggi retrostanti che illuminano la Vergine, ma anche sta a significare le oscurità di questo mondo che tentano di vanificare il grande segno della croce. Alla sommità della tela campeggia la Santissima Trinità, realizzata secondo un’antica iconografia per la quale le tre persone della Trinità hanno identiche fattezze e si distinguono l’una dall’altra solo per piccoli particolari: la croce, per il Figlio, le mani levate per lo Spirito al centro, il mondo per Dio Padre. Questo tipo di iconografia fu poi abolita e considerata eretica, perché poteva ingenerare una visione troppo materiale e antropomorfica del mistero delle tre persone divine. Ai piedi della croce e di Maria, invece di un angelo, troviamo san Giovanni Battista, lo riconosciamo dall’abito di peli di cammello, dal cartiglio e dall’agnello. A destra e a sinistra una schiera di Santi circonda la vergine.
In alto abbiamo i santi Pietro e Paolo, riconoscibili per le chiavi e per la spada; sotto: san Giuseppe con l’attributo del giglio e, a destra, san Giovanni evangelista con l’attributo del calice. I due santi più vicini alla Madonna sono due domenicani, grandi diffusori della corona del Rosario. Uno è san Tommaso d’Aquino, con il sole sopra il capo, e l’altro san Domenico che invece ha, sopra il capo, una stella. In basso, ai lati, due santi con il saio: san Domenico, a sinistra, riconoscibile per Gesù Bambino sopra il libro e, a destra, san Bonaventura, con la penna in mano, le insegne cardinalizie e il libro sopra il quale sta, probabilmente, la porziuncola. I due santi con una proporzione decisamente maggiore degli altri sono i genitori della Vergine Maria: san Gioacchino e sant’Anna.
Vista nel suo insieme l’opera è una degna introduzione al tempo di Avvento. Non solo perché la Madonna è una Immacolata (che si festeggia appunto l’8 dicembre) e ha le caratteristiche della Guadalupe (12 dicembre), ma anche per alcuni dei santi che la attorniano. Nel tempo di Avvento si medita su quel popolo degli anawim, dei poveri di Jahwè che seppero aspettare il Messia, tra questi appunto i genitori di Maria e, soprattutto San Giovanni Battista che è una delle figure di primo piano nella liturgia di Avvento.
L’artista americano l’ha posto ai piedi della croce certo non a caso: è lui, infatti, che addita a tutti noi che il Figlio di Maria è l’Agnello atteso dalle genti. San Giuseppe e San Giovanni sono altri due santi protagonisti del tempo d’Avvento. L’uno per il ruolo di primo piano che ebbe nel custodire la vita di Gesù e di Maria e l’altro per aver cantato con una bellezza incomparabile il Mistero dell’Incarnazione nel famoso prologo di San Giovanni, che si legge proprio nella Messa del giorno di Natale: In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. / Egli era, in principio, presso Dio: tutto è stato fatto per mezzo di lui / e senza di lui nulla è stato fatto di ciò che esiste. / E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; / e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come del Figlio unigenito / che viene dal Padre, pieno di grazia e di verità.
L’opera essendo piccola, era certo destinata alla devozione personale, ma il fedele o il religioso che la contemplava era condotto a meditare sulla regalità di quel Dio che si è fatto carne, offrendosi sulla croce per noi e a riconoscere che quel Dio Bambino, con il suo sacrificio sulla croce, ci ha meritato un abito di gloria. L’unica condizione che ci è chiesta, oltre a quella della preghiera, è la stessa degli anawim: affidarsi nelle mani di Dio con umiltà e abbandono.

* Monache dell’Adorazione Eucaristica Pietrarubbia