L’Eucarestia e i suoi riti, il Concilio Vaticano II – premessa 2 (Febbraio 2018)

La seconda premessa riguarda la vita interna della Chiesa stessa. Ad intra emergono maggiormente la consapevolezza ed il riconoscimento del posto, dei diritti e doveri, del ruolo fondamentale del laicato cristiano nella Chiesa, che hanno portato alla stesura di Apostolicam actuositatem, il Decreto conciliare sull’apostolato dei fedeli laici. Lumen gentium si pone come espressione di una Chiesa che si ripensa in termini sempre meno di clericalismo e occidentecentrismo e sempre di più in quelli di comunione e cattolicità. Soprattutto va sottolineata quell’aspirazione ad attingere sempre di più alla liturgia una vita cristiana pienamente consapevole e pienamente partecipata in vista di una testimonianza più matura del Signore della storia e dell’universo. Dall’altra parte non va dimenticato che per sua natura la liturgia, come la Chiesa stessa è semper reformanda. Tutto questo rappresenta il background sul quale si innesta la riforma liturgica del Concilio Vaticano II. Questa è la lezione che la storia ci tramanda dalle nostre origini ad oggi. Lo testimonia la ragione di essere degli stessi Concili e sinodi nella storia della Chiesa. Il Concilio Vaticano II compie la riforma liturgica riaffermando la fede di sempre e la tradizione genuina della Chiesa e riproponendole in un mondo radicalmente cambiato. I padri hanno la piena consapevolezza che la liturgia non è lasciata al libero arbitrio della Chiesa che la modificherebbe come vuole. Ma che la liturgia ha una sua dimensione normativa che si impone a tutti e in tutti i tempi, perché è immutabile. Tuttavia la Chiesa interviene in quegli aspetti che possono e devono aiutare i fedeli di ogni luogo e di ogni tempo ad ottenere “più sicuramente le grazie abbondanti che la sacra liturgia racchiude… Questa infatti consta di una parte immutabile, perché di istituzione divina, e di parti suscettibili di cambiamento, che nel corso dei tempi possono o addirittura devono variare, qualora si siano introdotti in esse elementi meno rispondenti alla intima natura della liturgia stessa, oppure queste parti siano diventate non più idonee. In tale riforma l’ordinamento dei testi e dei riti deve essere condotto in modo che le sante realtà che essi significano, siano espresse più chiaramente e il popolo cristiano possa capirne più facilmente il senso e possa parteciparvi con una celebrazione piena, attiva e comunitaria” (Sacrosanctum Concilium, n. 21). Va detto che la costituzione conciliare Sacrosanctum Concilium sulla sacra liturgia, essendo il primo documento del Concilio, da una parte manifesta la centralità e l’urgenza della riforma liturgica, dall’altra non ha potuto beneficiare dell’apporto di altri documenti dello stesso Concilio. Perciò va letta in riferimento e complementarietà con tutti gli altri documenti conciliari successivi ad essa. Infine, quest’opera di riforma il Concilio la compie con maggiori conoscenze della storia liturgica antica grazie alla scoperta di antichi libri liturgici, dallo sviluppo inedito della patristica nonché dall’ausilio dei risultati positivi di scienze umane in particolare.
don Raymond Nkindji Samuangala
Assistente collaboratore Ufficio diocesano per la Liturgia e i Ministri Istituiti