L’Eucarestia nei suoi riti. Dal IV al XV secolo – prima parte (Maggio 2017)

Continuiamo il nostro sguardo panoramico sullo sviluppo storico della Messa con questa quinta tappa che ci pone di fronte ad una situazione nuova. Considereremo in due tempi il periodo che va dal IV secolo al Concilio di Trento con uno sguardo generale seguito poi dalla presentazione sintetica della liturgia in questi lunghi secoli.
Dal IV secolo, con la pace costantiniana e tutti i benefici che ha comportato per la Chiesa, la liturgia si sviluppa e si solennizza sia nelle vesti liturgiche ed altre insegne soprattutto del vescovo che nei riti. Nel tempo stesso si assiste alla diversificazione dei riti in Oriente e in Occidente con la nascita delle cosiddette “famiglie liturgiche”. In questa sede ci limiteremo alle liturgie occidentali, di cui emergono nei secoli IV-VI quelle nordafricana, romana e gallicana. Il tipo liturgico gallicano raggruppa tutti i riti liturgici occidentali fuori dell’ambiente romano: l’antica liturgia ispanica (mozarabica), l’antica liturgia della Gallia (gallicana), la liturgia celtica e quella milanese (ambrosiana). Seguiremo il filone della liturgia della Chiesa di Roma, dalla quale deriva la nostra liturgia odierna. Sappiamo che nei secoli IV-VI la liturgia romana si è codificata nei grandi libri liturgici chiamati Sacramentari. Particolari meriti vengono attribuiti a Papa Gregorio I nel riordinamento della liturgia romana. Si è parlato del “genio” della liturgia romana oppure della liturgia romana “classica” o “pura”, in riferimento proprio a questo periodo. Questa liturgia è caratterizzata dalla brevità solenne e dalla sobrietà rispetto a quella gallicana più viva, più movimentata e spesso pure più lunga: “semplicità precisa, sobria, breve, non verbosa, poco sentimentale; disposizione chiara e lucida; grandezza sacra e umana insieme, spirituale e di gran valore letterario” (Burkhard Neunheuser). La Messa romana utilizza un’unica Preghiera eucaristica (Canone romano, da qui l’attuale Preghiera eucaristica I), che prevede piccole variazioni solo per poche parti.
La dicitura “liturgia dei padri” utilizzata sia dalle riforme dei secoli XI-XV che dal Concilio di Trento e dal Vaticano II, e che la riforma liturgica ha inteso ripristinare, si riferisce a questa liturgia. Nel sec. VIII la liturgia romana pura verrà “contaminata” per via della sua fusione con le forme franco-germaniche in seguito alla migrazione dei libri liturgici romani nei paesi franco-germanici. Essa sarà sviluppata nei suoi formulari e con delle aggiunte per renderla più corrispondente alla sensibilità di quei popoli. È uno dei grandi modelli storici della cosiddetta inculturazione della liturgia. “Il frutto che ne è scaturito ritornerà a Roma, per diventare poi, dopo gli ultimi adattamenti, la liturgia ‘romana’ del Medioevo” (B. Neunheuser). La liturgia medievale, dopo i tentativi di riforma dei secoli XI-XIV, specialmente ad opera dei Papi Innocenzo III, Gregorio IX, Celestino V e Bonifacio VIII, diventerà la “Liturgia della Curia”. Dal sec. XI Gregorio VII impone a tutti i Vescovi la liturgia della curia romana, che sarà poi diffusa ampiamente nel XIII sec. dall’Ordine francescano con i suoi predicatori itineranti.
don Raymond Nkindji Samuangala
Assistente collaboratore Ufficio diocesano per la Liturgia e i Ministri Istituiti