L’immacolata Concezione (Ottobre 2017)

Immagine: Immacolata Concezione Girolamo Marchesi detto il Cotignola, Pinacoteca San Francesco San Marino Città

Nella Pinacoteca San Francesco a San Marino possediamo la testimonianza di una delle prime iconografie dell’Immacolata Concezione con i Santi Agostino e Anselmo, (realizzata per il Convento dei Frati Conventuali a San Marino e ora al Museo), molto diversa da quella che si affermerà più tardi, in seguito alle apparizioni di Nostra Signora di Guadalupe in Messico. Il dibattito circa la concezione immacolata della Vergine vedeva schierati da una parte i francescani e dall’altra i Domenicani. I primi attingevano al pensiero di Sant’Agostino, Sant’Anselmo e san Bonaventura, i secondi restavano legati alle trattazioni di San Tommaso. Certamente però la nostra pala, che subito capiamo esser nata in ambito francescano (avendo a testimoni della verità della purezza originale della Vergine, sant’Agostino e sant’Anselmo), prende le mosse da due papi le cui origini s’intrecciano con il Montefeltro e la Repubblica di San Marino: papa Sisto IV e Giulio II.
Fu papa Sisto IV, salito al soglio Pontificio nel 1471, a dare un decisivo impulso al radicamento del dogma nel pensiero e nello spirito cattolico, istituendo il 27 febbraio del 1477, con la bolla Cum Proeexcelsa la festa dell’Immacolata l’8 dicembre. Papa Sisto IV, oltre ad essere un Della Rovere, era un francescano Conventuale. Nel 1503, un altro Della Rovere e frate Conventuale, sale al soglio Pontificio: papa Giulio II. Cinque anni dopo, nel 1508, Guidobaldo da Montefeltro muore senza prole e lascia il Ducato di Urbino a un Della Rovere (Francesco Maria I). Nel 1513 i Della Rovere diventano anche Signori della città di Pesaro. Sono questi gli anni in cui nasce la Pala dell’Immacolata sammarinese. Girolamo Marchesi detto il Cotignola ebbe comprovati rapporti con la famiglia Sforza (strettamente unita, com’è noto, ai Duchi di Montefeltro) e si trovò ad operare a Rimini attorno al 1513. Questa pala d’Altare è anche la più antica delle opere certe del Cotignola firmata e datata 1512.
In un’aria tersa e luminosa la Vergine sta in ginocchio volgendo lo sguardo e il capo al suo Creatore. Dio Padre appare tra le nubi accompagnato da 12 angeli e addita la Vergine Maria. Un cartiglio ci informa sul pensiero divino: NON-ENIM-PROTE-SED-PRO-OMNIBUS-HEC-LEX- CONSTITUTA-EST; ovvero: non per te, ma per gli uomini fu costituita questa legge (del peccato originale).
Come vuole la Scrittura due i testimoni comprovano la Verità delle parole divine sulla Madonna: a sinistra Sant’Anselmo afferma: NO(N)-ES(T)-VERUS-AMATOR-VIRGINIS-QUI-RESPUIT-CELEBRARE-FESTU-SUE-CONCEPTIONIS. A destra Sant’Agostino reca nel cartiglio la scritta: CUM-DE-PECCATIS-AGITUR-NULLAM-DE-MARIA-VIRGINE-PROPT(ER)-HONORE-(M)-DOMI(NI)-VOLO-FIERI-QUESTIONE-(M). Ovvero: «non è vero amore della Vergine Maria chi ricusa di celebrare la Festa della sua Immacolata concezione» e «nei riguardi di Maria Vergine per l’onore del Signore non voglio si faccia questione alcuna di peccato». Nel primo caso, benché Sant’Anselmo sia un Dottore del XI secolo, si allude chiaramente alla Bolla Pontificia del 1477, nel secondo si ribadisce le verità mariane difese da San Bonaventura. Questa pala attesta la forte tradizione mariana della repubblica di San Marino e della regione del Montefeltro che ha voluto, fin dall’inizio del dibattito sul dogma dell’Immacolata, affermare la sua fede mediante la realizzazione di opere come questa.
Nel panorama, dietro la Vergine, scorgiamo poi un universo di simboli. Anzitutto il profilo della Repubblica di San Marino incastonata nel territorio del Montefeltro e circondata da alberi che poco hanno a che fare con la sua reale geografia. Il testo di riferimento a cui l’artista si è ispirato, certamente istruito dai dotti frati del luogo, è quello del libro del Siracide al capitolo 24. Un testo celebre e caro alla pietà cristiana, applicato ora a Cristo ora alla Vergine Maria, che canta la personificazione della Sapienza: La sapienza loda se stessa, si vanta in mezzo al suo popolo… Io sono uscita dalla bocca dell’Altissimo e ho ricoperto come nube la terra. Ho posto la mia dimora lassù, il mio trono era su una colonna di nubi (Sir 24,1-4)».
Così la nube inondata di luce che domina il paesaggio della pala è proprio Maria, sede della Sapienza, la quale è:cresciuta come un cedro sul Libano, come un cipresso sui monti dell’Ermon (Sir 24,1-4). Un cipresso con cartiglio, Monte Sion, e un cedro con la scritta Monte Libano, adornano il paesaggio, sono alberi dell’Eden che la verginità immacolata di Maria ha riaperto per noi. Un uccello dorato e paradisiaco, del resto, riposa fra i rami e i frutti del cedro libanese. I due alberi, sono menzionati anche nel Cantico dei Cantici e fanno parte del legname utilizzato per la costruzione del tempio di Gerusalemme. Il tempio che Dio si è costruito è il grembo di Maria: colui che lo riconosce, come ancora canta il Siracide, avrà prosperità e salute, felicità in Cielo e in terra: quanti si nutrono di me avranno ancora fame e quanti bevono di me, avranno ancora sete. Chi mi obbedisce non si vergognerà, chi compie le mie opere non peccherà (Sir 24, 18-21).
San Marino, dunque, si identifica con la città di Sion e con quel popolo glorioso che è l’eredità di Dio in terra: Ho posto le radici in mezzo a un popolo glorioso, nella porzione del Signore, sua eredità (Sir 24, 11-12). Tale commento iconografico alla Parola di Dio e alla Dottrina cattolica è come comprovato dai fatti storici. Sullo sfondo, infatti, un cavaliere tornato dalle armi abbraccia una castellana che esce dal suo castello (tanto simile a quello di Urbino). Il 1512 fu anno molto favorevole nella vita piuttosto sfortunata di Massimiliano Sforza, il cui rapporto di committenza con il Cotignola è attestato da un ritratto del Duca, disperso, ma ricordato dal Vasari. In quell’anno una serie di eventi fortunati liberarono Massimilano da alcuni nemici ed ebbe addirittura due possibilità di contrarre matrimonio (possibilità che poi non si realizzarono). Forse la scena sullo sfondo celebra queste vittorie assegnandone il merito alla Vergine Maria. Una volontà e una lettura di fede forse, più voluta dai frati che non dal Duca Massimilano noto per la sua gaudente inconcludenza. Bello e significativo il gioco dei pastorali dei due grandi Dottori della Chiesa che disegnano un triangolo discendente invitando l’osservatore ad aprirsi al Cielo benedetto attraverso la mediazione di una vera e forte devozione mariana. Tutte le grazie ci vengono da lei, una certezza, testimoniata dall’arte feretrana ma che continua nella sua storia e nella sua tradizione come il presente anno tutto segnato grazie all’ispirazione del nostro Vescovo alla Consacrazione al Cuore Immacolato di Maria.
Monache dell’Adorazione Eucaristica – Pietrarubbia