Lo Spirito Santo nel simbolo del fuoco

Sieger Köder, olio su tela La legge del Sinai (Es 34), Museo Fondazione Arte e Bibbia, Ellwangen (Jagst), Germania

Le grandi teofanie di Dio nella Bibbia sono legate al fuoco. Soprattutto nei salmi l’apparire di Dio, il suo agire, viene paragonato alle eruzioni vulcaniche:
Viene il nostro Dio e non sta in silenzio;
davanti a lui un fuoco divorante (Sal 50,3).
Davanti a lui cammina il fuoco e brucia tutt’intorno i suoi nemici.
Le sue folgori rischiarano il mondo:
vede e sussulta la terra (Sal 97,1-4)

IL FUOCO: CALORE DELL’AMORE DI DIO

Nel primo testamento il fuoco esprime simbolicamente l’essere e l’agire di Dio, il suo amore ardente e ineffabile. Nel nuovo testamento questo Amore, che purifica i cuori e consuma il peccato come pula, è lo stesso Spirito Santo. Troviamo la prima manifestazione di un tale fuoco d’amore nella vita di Abramo. Il Signore stipulò con Abramo un patto di alleanza irrevocabile passando Egli stesso, solo, in mezzo alle vittime sacrificali secondo un antico cerimoniale. Alleanza che, attraverso Abramo, Dio stipula con una discendenza numerosa, l’umanità intera. “Quando tramontato il sole, si era fatto buio fitto, ecco un forno fumante e una fiaccola ardente passarono in mezzo agli animali divisi. In quel giorno il Signore concluse questa alleanza con Abram: Alla tua discendenza io do questo paese” (Gen 15,17). Una seconda manifestazione la troviamo nella vita di Mosè. Pascolando il gregge di Ietro, suo suocero, Mosè vide il Signore in una fiamma di fuoco (Es 3, 2) che avviluppava un arbusto senza consumarlo. Da questo roveto ardente la voce di Dio disse: “Ho osservato la miseria del mio popolo e ho udito il grido delle sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo” (Es 3,7-8a). Nel fuoco, lo Spirito di Dio si rivela come amore che “cova la sua nidiata”, che conosce il suo popolo, le sue sofferenze e se ne prende cura fino a legarsi ad esso indissolubilmente. Non a caso la tradizione cristiana ha visto nel roveto ardente la prefigurazione di Maria, colei che adombrata dallo Spirito Santo è divenuta madre, rimanendo intatta nella sua verginità. L’amore di Dio è tale da farsi uno di noi, uomo come noi, per abituare, come dicono i padri, lo Spirito Santo ad abitare in mezzo agli uomini.

LO SPIRITO: FUOCO CHE ILLUMINA

Che Dio voglia abitare in mezzo agli uomini e condurli alla salvezza lo vediamo soprattutto dai grandi eventi dell’Esodo. All’uscita del popolo dall’Egitto l’azione dello Spirito si manifesta attraverso il concatenarsi di tre elementi: vento, acqua e fuoco. Un forte vento d’oriente (Es 14,21) divide il mare e il popolo passa all’asciutto mentre una colonna di fuoco lo separa e protegge dagli egiziani lanciati all’inseguimento. Questa colonna di fuoco non abbandonerà il popolo lungo tutta la traversata del deserto conducendolo alla terra promessa (Es 14,21-22). Durante questi quarant’anni di peregrinazione lo Spirito Santo con la sua guida luminosa farà di questi uomini (ex schiavi e gente promiscua cfr. 12,37-38), un popolo di sacerdoti e una nazione santa.
Isaia riprenderà l’immagine della colonna di fuoco per descrivere i tempi messianici: «Verrà il Signore su ogni punto del monte Sion e su tutte le assemblee come una nube e come fumo di giorno, come bagliore di fuoco e fiamma di notte, perché sopra ogni cosa la gloria del Signore sarà come un baldacchino» (Is 4,4-5). Una profezia che va accostata a quella di Gioele che promette lo Spirito, come fuoco, sopra ogni uomo (cfr Gl 3,1-5). Isaia e Gioele, dunque, concordano: nei tempi messianici lo Spirito del Signore, come fuoco purificatore, sarà effuso nei cuori dei fedeli, essi allora «non avranno bisogno che alcuno li ammaestri poiché tutti riconosceranno il Signore dal più piccolo al più grande» (cfr. Ger 31,34). Pietro il giorno di Pentecoste citerà proprio il brano di Gioele per testimoniare davanti a tutto il popolo il compimento di tale profezia.

IL FUOCO DEL SINAI IN KODER

Questa alleanza sigillata col fuoco dello Spirito trova le sue radici in un’altra teofania dell’Esodo, alle falde del monte Sinai, dove il popolo riceve la legge. Sieger Köder ci permette di guardare a quest’evento proprio quasi attraverso le fiamme che invasero il Sinai: «Il monte Sinai era tutto fumante, perché su di esso era sceso il Signore nel fuoco e il fumo saliva come il fumo di una fornace: tutto il monte tremava molto. Il suono della tromba diventava sempre più intenso: Mosè parlava e il Signore gli rispondeva con voce di tuono» (Es 19,18). La tradizione rabbinica commenta che ogni parola uscita dalla Potenza sul monte Sinai si divideva in settanta lingue (Rabbi Jochanan). Settanta è un numero simbolico: poiché nella concezione ebraica il mondo era costituito da settanta popoli; le settanta lingue stanno a indicare che la legge è offerta a tutti i popoli. Non solo. Il midrash all’esodo commenta: «La voce di Dio sul Sinai fu intesa da ciascuno secondo la sua capacità di intendere. Gli anziani la intesero secondo la loro capacità, i giovani secondo la loro capacità, e così anche i bambini, i lattanti e le donne. Persino Mosè la intese secondo la sua capacità».
Una siffatta folla l’ha dipinta anche Köder: giovani, anziani e donne. L’artista ne dipinge otto, associando questa alleanza a quell’ottavo giorno che Cristo verrà ad inaugurare. Otto, in tutto, numero che esprime la totalità dell’umanità abbracciata da questa alleanza. In questa teofania del Sinai l’originale ebraico afferma che gli ebrei udivano le fiamme e vedevano la voce, vale a dire che tutti i sensi erano coinvolti, e nello stesso tempo stravolti, dall’infocato comunicarsi di Dio. Uno stravolgimento che Köder esprime con le posture innaturali delle teste e con i diversi atteggiamenti. Mosè, da par suo, col volto pieno di luce, solleva le tavole della legge le quali nella pietra, quasi in filigrana, recano il volto del Salvatore. Sì, questo fuoco è lo stesso che Cristo è venuto a portare. Un fuoco divino, segno dello spirito di Dio che, si rivela nella Pentecoste il quale, con una sola voce comunicava a uomini di diversa cultura e lingua, parole adatte alla situazione ed esperienza di ciascuno.
Se alle falde del Sinai lo spettacolo fu terrificante al punto tale che Mosè disse: «Ho paura e tremo» (cfr. Eb 12,21), il fuoco che invase il cenacolo riempì di stupore le folle e divenne, al dire di san Giovanni della Croce, “cauterio soave” per i discepoli del Signore. L’azione dello Spirito come fuoco che illumina è dunque quella di guidare, secondo il volere di Dio, ogni uomo quale che sia la sua condizione di vita o cultura, per portarlo alla conoscenza piena del volto del Signore.

suor Maria Gloria Riva, marzo 2022