Natale “di Risurrezione” (Dicembre 2018)

La Diocesi – nella sua componente più consapevole – è alle prese con l’annuncio fondamentale della fede cristiana: «Gesù è vivo. Eccolo: lo puoi incontrare e può cambiare la tua vita». Annuncio indispensabile per sé e per gli altri. Gioioso e pieno di senso. Spesso si è tentati di oggettivare la risurrezione di Gesù, di considerarla un evento che riguarda lui solo, con le caratteristiche, suggestive e devote, delle rappresentazioni artistiche. Non ci si rende conto della portata di questo evento nel quale Dio recupera la creazione, salva tutti gli uomini e salva tutto l’uomo. Alla luce della “risurrezione” si fa più luminoso ed esplicito l’evento del Natale: nella nascita del Redentore la nostra rinascita. Anche storicamente prima si celebrò la Pasqua e solo più tardi il Natale. La comunità cristiana penetrò progressivamente nella profondità del mistero di Gesù fino alla comprensione che tutta la sua esistenza era rivelazione di Dio e causa di salvezza. In questa prospettiva gli episodi salienti che circondano la nascita di Gesù diventano “Vangelo”, perché lasciano intravedere quello che poi si manifesterà pienamente alla luce della Pasqua, cioè che Dio è con noi per salvarci e portarci alla comunione con lui. I racconti del Natale sono ricordi, fedelmente custoditi e trasmessi in ambito familiare, finalmente compresi e narrati nel loro profondo significato. Gesù viene a nascere in una umanità segnata dalla sofferenza, dal peccato e dal male, ma il suo nome significa “il Signore salva”. Sarà Salvatore per Israele e per tutte le genti. Sarà pegno della fedeltà di Dio, sua presenza, Emmanuele, “Dio con noi”. Al termine di tutto il Vangelo, il Risorto assicura solennemente: «Ecco, io sono con voi tutti i giorni» (Mt 28,20). Il Natale è una formidabile polifonia pasquale. Tutto il linguaggio che narra il Natale è carico del gioioso annuncio di vittoria nella Pasqua. Pasqua e Natale: il Vangelo di Luca descrive Maria che dolcemente avvolge in fasce il bambino e lo adagia nella mangiatoia (cfr. Lc 2,7); alla fine, Luca adopererà le stesse parole per la sepoltura di Gesù: «Avvolto nel lenzuolo e adagiato nel sepolcro» (cfr. Lc 23,53). Nella vita di tutti i giorni e nel linguaggio comune “risurrezione” è parola usata con significato metaforico ed augurale: si dice della vita che rifiorisce dopo i rigori dell’inverno, del rilancio di un’impresa a rischio di default o di una ripresa dopo un ciclo di cure… Nel vocabolario cristiano “risurrezione” è una parola con un contenuto forte, definitivo e reale. Mette in gioco la fede. Qualcuno può trovarla rischiosa; qualcun altro accetta la sfida ed è felice. È alla luce della risurrezione di Gesù che la fede cristiana interpreta tutta l’esistenza in modo decisivo; è quello che già intuiva il procuratore romano che sintetizza così il capo di imputazione contro Paolo: «Dice essere vivo un certo Gesù che è morto» (cfr. At 25,19). I primi discepoli constatano il sepolcro vuoto, testimoniano l’incontro con lui vivo, ammettono la loro iniziale perplessità. Ma non possono tacere l’ondata di luce che trasfigura la loro esistenza: «Gesù è vivo. Come lui anche noi viviamo una vita nuova. Con lui vivremo per sempre». Giorni fa ho potuto scambiare qualche parola con un tassista che mi portava a destinazione sfidando il traffico di Roma. Sul cruscotto teneva un libro di spiritualità orientale (Osho) dal quale spuntava il segnalibro: aveva già letto un bel po’ di pagine. Inizio una conversazione. Il tassista, senza giri di parole, si dichiara assolutamente ateo, come per mettere in chiaro che il suo interesse per quella lettura è di pura curiosità. Una dopo l’altra snocciola le sue ragioni. È gentilmente sicuro di sé: con un tono definitivo dichiara che la religione è tutta una creazione dell’uomo e che, se un Dio c’è, è ingiusto. Non lo interrompo. Lo ascolto con attenzione. Mi lascio coinvolgere fino a provare il brivido di una esistenza senza Dio. Lascio da parte gli argomenti dell’apologetica. Preferisco mettermi nei suoi panni: ripenso alle mie crisi di fede negli anni del Liceo. Normalmente le mie frequentazioni sono all’interno della comunità credente. Adesso sono seduto accanto ad una persona di tutt’altra convinzione. Rovisto nella memoria e rintraccio l’attimo luminoso del mio incontro con Dio. La corsa sul taxi sta per finire, ma faccio in tempo a raccontare, attraverso qualche esperienza, la forza e la novità delle parole di Gesù e la gioia profonda di cui ha goduto la mia anima. Adesso è lui che mi ascolta. Peccato: siamo arrivati. Pago il conto. Mi congeda con una forte stretta di mano. Ricambio. Chissà quanti passeggeri quel giorno sulla sua auto… probabilmente una piccola luce ha brillato in quell’amabilissimo tassista. Vorrei immaginare che sia stato il suo Natale!
✠ Andrea Turazzi