«Perché tu con me»

La cifra più umana e più divina della fiducia

Alla fine del 2020 un appello era ricorrente sulla stampa e sui social: «Salvare il Natale». Ci siamo riusciti? «Tra le cose che il tempo di pandemia ci insegna – osserva mons. Vescovo – c’è la necessità della preghiera. Siamo tutti in ginocchio, chi per un motivo, chi per un altro, chi per circostanze che lo riguardano personalmente, chi per i propri cari… Abbiamo colto un aspetto nuovo della preghiera: è la preghiera dentro la vita (la preghiera esistenziale), che consiste nel vivere insieme al Signore ogni passo, ogni preoccupazione, ogni “perché?”». «Nel Salmo 23 – che mons. Andrea propone per la meditazione personale –, dopo ventisei parole, prima delle altre ventisei, dunque proprio nel mezzo, c’è la cifra più umana e nel contempo più divina della fiducia: “Il Signore è il mio pastore, non manco di nulla… Se cammino in una valle oscura non ho paura, perché tu con me…”». Fa notare: «Perché tu con me: solo tre parole nella lingua ebraica, senza nemmeno il verbo espresso, in modo paratattico. Varie volte nelle Scritture il Signore dice ai suoi amici: “Non temere, perché io sono con te”. Ma una sola volta, proprio in questo Salmo, il credente ardisce ripetere questa dichiarazione dal suo punto di vista: Perché tu con me». Grande e indicibile consolazione! Scendendo nel concreto, il Vescovo invita a farsi portare da questa preghiera esistenziale: «Quante volte nella giornata possiamo dire Perché tu con me: mentre si compiono le azioni quotidiane, mentre si fa la spesa, mentre si fa una telefonata… Come poi nelle grandi ed impegnative circostanze».
Riflettendo sul Natale sottolinea che «il Signore non ha camminato sulla terra di passaggio, come un turista, per poi sistemarsi nei piani alti del Cielo. Non è venuto a sfiorare la nostra carne, sia pure per curarla, come i medici nei reparti Covid, ben protetto dai peccati. Non è venuto per richiamarci al dovere come fa un preside, per richiamarci alla nostra vocazione tante volte tradita. No, si è fatto prossimo totalmente, uno con noi, ed è venuto per… restare». Allora – ha concluso il Vescovo – «è il Natale che salva noi. Anche se il cuore è appesantito e vuoto come una stalla – quella stalla – è proprio lì che Dio chiede di nascere». E azzarda: «“Sei tu il Natale di Dio”. Originalità e audacia del cristianesimo!» (Omelia nella Messa del giorno di Natale, Pennabilli, 25.12.2020).
Nella Solennità dell’Epifania la ricerca dei magi fornisce uno spunto per pensare la missione. Tante sono le divisioni e purtroppo, troppo spesso, le persecuzioni, tra appartenenti a diverse religioni. Mons. Andrea ritiene che «noi cristiani dobbiamo essere i primi a rifiutare l’intolleranza verso le religioni, i primi a rispettarle, a conoscerle in profondità, a batterci anche per il loro diritto ad avere i propri luoghi di culto. Dobbiamo evitare di incolpare tutta una comunità degli eccessi di una minoranza e prendere, anche unilateralmente, iniziative di dialogo, perché l’amore parte per primo». Proseguendo nella riflessione osserva che «le grandi religioni sono scrigni di saggezza, di spiritualità» e, parafrasando il brano di Vangelo, afferma che esse «insegnano l’oro della compassione, del rispetto della vita, della “regola d’oro” («non fare agli altri quello che non vuoi sia fatto a te»), l’incenso della meditazione profonda e della preghiera, la mirra del martirio, della fortezza nel dolore, della relatività dei beni terreni».
Rimane la domanda suscitata dalla pagina evangelica: «Perché i magi fecero quel lungo cammino alla ricerca di Cristo?». «Perché la loro saggezza e spiritualità davano sicuramente serenità ed armonia al loro cuore, ma non toglievano la loro sete di incontrare Cristo», risponde. Infine, mette in guardia da una tentazione: «Oggi noi, figli del relativismo, siamo tentati di pensare che tutte le religioni si equivalgano, che i loro adepti vadano lasciati in pace, che le missioni della Chiesa siano un’invadenza… Invece la stella della loro religione li ha guidati, la Scrittura degli Ebrei li ha orientati, ma solo l’incontro con Gesù li ha colmati di grandissima gioia». Mons. Vescovo interpella con una domanda provocatoria: «Se dei “lontani”, dei “forestieri”, entrassero nelle nostre case, nelle nostre parrocchie, nelle nostre comunità, troverebbero l’accoglienza?». Vivere il Vangelo, vivere Gesù: questo il messaggio lasciato al termine delle festività natalizie (Omelia nella Solennità dell’Epifania, San Leo, 6.1.2021).
All’inizio del nuovo anno mons. Vescovo ha consegnato alle autorità pubbliche il Messaggio del Santo Padre Francesco per la Pace. «La cultura della cura», che propone papa Francesco, «è atteggiamento indispensabile tra fratelli». Papa Francesco enuncia i principi base per una cultura della cura, «un prezioso patrimonio, disponibile a tutte le persone di buona volontà, da cui attingere la grammatica della cura»: la cura come promozione della dignità e dei diritti della persona, la cura del bene comune, la cura mediante la solidarietà e infine la cura e la salvaguardia del creato. «La cultura richiede un processo educativo – ricorda mons. Andrea –; la bussola dei principi sociali elencati dal Papa costituisce uno strumento affidabile per vari contesti fra loro correlati: la famiglia, la scuola e l’università, le comunicazioni sociali, le istituzioni religiose e gli impegnati nel servizio alle popolazioni e nel campo della ricerca». E conclude con un incoraggiamento ed un invito: «Tutti siamo “artigiani della pace”, con grandi orizzonti, attenti anche alla cura delle relazioni interpersonali, quotidiane, e questo esige la conversione del nostro cuore, un cambio di mentalità per creare la pace e la fraternità» (Omelia nella Solennità di Maria SS. Madre di Dio, San Marino Città, 1.1.2021).

Paola Galvani, febbraio 2021