Presentazione liturgia eucaristica (Aprile 2019)

Nel numero di marzo l’OGMR ci ricordava che “la preghiera universale o dei fedeli fa da cerniera tra le due parti della celebrazione, conclude la prima e introduce alla seconda”. Ci concentreremo adesso su questa seconda parte della celebrazione, ossia sulla Liturgia eucaristica. Contrariamente ad alcuni teologi dogmatici ed altri, critici sul carattere conviviale dell’Eucaristia, mutuato dall’ultima Cena, e che sottolineano il pericolo di identificazione tra le due realtà, l’OGMR afferma che la Liturgia eucaristica si modella sullo schema dell’ultima Cena e ne dipende quanto al significato fondamentale (nn. 17 e 72). Il n. 17 dell’OGMR ricorda questo significato fondamentale dell’Eucaristia che scaturisce dall’istituzione e dalla volontà stessa del Signore nell’ultima Cena: “È perciò di somma importanza che la celebrazione della Messa, o Cena del Signore, sia ordinata in modo tale che i sacri ministri e i fedeli […] traggano abbondanza di quei frutti, per il conseguimento dei quali Cristo Signore ha istituito il sacrificio eucaristico del suo Corpo e del suo Sangue e lo ha affidato, come memoriale della sua passione e risurrezione, alla Chiesa, sua dilettissima sposa”. Il n. 72 invece afferma che “nell’ultima Cena Cristo istituì il sacrificio e convito pasquale”, con la precisazione che il sacrificio attualizzato è quello compiuto sulla croce. Vengono ripresi i temi dottrinali dei racconti dell’ultima Cena: evocazione della morte sacrificale di Cristo, sua «ripresentazione» nel rito presieduto dal sacerdote, partecipazione mediante il convito. OGMR aggiunge poi che l’attuale celebrazione eucaristica corrisponde ai gesti e alle parole esplicative del Signore: prese il pane e il calice (= preparazione); rese grazie (= preghiera eucaristica); spezzò il pane e li (calice e pane) diede ai suoi discepoli (= frazione e comunione).
In altre parole, si afferma che tra ultima Cena ed Eucaristia vi è piena corrispondenza rituale. Ciò non significa che l’Eucaristia riproduce e ripete l’ultima Cena, celebrata nel quadro di un pasto d’addio e della festa pasquale ebraica, con un proprio carattere fondante e profetico, ma non si può negare che, modellandosi sugli atti essenziali e propri compiuti da Gesù e riportati nei quattro racconti neotestamentari, essa possieda un carattere conviviale, la forma di un pasto. Lo stesso scontro teologico-dottrinale tra le posizioni protestante e cattolica non può giustificare una messa in discussione di un tale dato neotestamentario. Non si ha ovviamente l’identità, poiché tra l’ultima Cena e l’Eucaristia si colloca l’evento risurrezione-effusione dello Spirito, ma è indubbio che l’Eucaristia riprende dall’ultima Cena lo schema essenziale, che è quello di un pasto. Non è riducibile al solo tema (teorico) del rendimento di grazie e della presenza. L’Eucaristia esiste come ripresa, con un significato più esplicito, dei tratti essenziali dell’ultima Cena. La riflessione dogmatica quindi non dovrebbe prescindere da questo quadro operando una indebita separazione.
don Raymond Nkindji Samuangala
Assistente collaboratore Ufficio diocesano per la Liturgia e i Ministri Istituiti