Si riparte!

Essere speranza in un mondo ferito
«Sarà mai come prima?». È una domanda che ci rende pensosi con l’epidemia che ha scosso l’Italia e l’intero pianeta. In effetti, si è spezzato l’equilibrio del vivere quotidiano. Sono davanti a noi i drammi di tante famiglie, i tentativi della medicina di fronte ad un male che ha colpito senza preavviso, la crisi sociale ed economica che ne è conseguita. Continuiamo a seguire con apprensione i bollettini sull’espandersi del contagio. Grandi eventi nazionali ed internazionali sono entrati in stand by. Il dibattito si fa sempre più acceso sul da farsi fra opposte opinioni: superficialità imperdonabili e allarmismi paralizzanti. L’epidemia ha sconvolto l’equilibrio mondiale, ma ha modificato anche rapporti e dinamiche interpersonali. Davanti alla coscienza collettiva s’è aperto uno spartiacque tra il “prima” e il “dopo” Coronavirus. Si parla del “prima” senza precisare, ma tutti capiscono l’allusione alle abitudini, alle iniziative e ai riti venuti a mancare d’un colpo. Tutte cose che si facevano con ovvietà. Nel “dopo” la mancanza di quelle cose ne svela l’importanza. Ci si rende conto del valore delle piccole gioie e di quei “niente” che costituiscono il quotidiano, come il gusto di stringere la mano, di scambiare senza precauzioni due chiacchiere sul pianerottolo, di sostare all’edicola o al bar per un caffè. Quando la crisi sarà passata (ma quando?) è probabile che si torni a dimenticare la fragilità della nostra esistenza e si ricada nelle vecchie abitudini. La crisi sanitaria ha rimescolato le carte e modificato relazioni e stili di vita. Ma i cambiamenti profondi non accadono per caso. È vero, ci sono cambiamenti per forza d’inerzia, ma quelli epocali e profondi accadono per la nostra decisione e la nostra libertà: bisogna volerli ed accettarne i rischi. È stato scritto: «Per cambiare il mondo bisogna cambiare se stessi». È normale provare timore ed ansia davanti al futuro. Rassicurante pensare al “si è sempre fatto così”, ma non si va da nessuna parte. Ciò vale per la sfera personale, ma ancor più per la sfera collettiva e complessa dei rapporti sociali. Il giro con la “ridistribuzione delle carte” rende più interessante il gioco, stimola le capacità, apre a nuove possibilità. Se poi è chiesto un “sì” nella fede questo è sempre generativo!
Nonostante le esitazioni ed i ritardi dovuti all’attuale situazione, la Diocesi rilancia alcune indicazioni per il cammino pastorale del nuovo anno 2020/2021. Probabilmente qualcuno snobberà o non presterà tutta l’attenzione alle proposte che, per forza di cose, arrivano sulle nostre agende in una forma più asciutta (meno partecipata la stesura del Programma). In questi anni si è cercato di rimanere fedeli alle indicazioni di fondo di Evangelii gaudium: «La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia» (EG 1). La gioia del Vangelo per natura sua, poi, è contagiosa ed è espansione e poi risposta a quella energia pasquale che abbiamo qualche volta descritta come “big bang” della fede. Ci siamo accordati su questo spartito. Da qui la scelta di ripercorrere tutti insieme e nuovamente le tappe essenziali dell’”iniziazione cristiana”: dall’annuncio fondamentale di Gesù Risorto alle conseguenze di vita nuova che abbiamo raccolto dalla prima comunità cristiana (Atti degli Apostoli, Prima Lettera ai Corinti). Poi, dal kerygma siamo passati al Sacramento, luogo dell’azione dello Spirito per un rinnovamento della nostra pastorale. Il Programma dello scorso anno ha proposto l’attenzione al sacramento del Battesimo, non tanto perché primo dei sacramenti, ma perché richiama la decisione di essere cristiani e di accogliere consapevolmente la dinamica della Pasqua nella propria vita e nelle nostre comunità: «Molti – si diceva – sono cristiani senza aver mai deciso di esserlo». Rinnovare la memoria del Battesimo non è altro che celebrare “la decisione”. L’anno che ci attende, pur con tutti i condizionamenti e le limitazioni, ci spinge a condividere la gioia del Vangelo e ci impegna in un rinnovato slancio missionario: battezzati e inviati! Ma non sarà una progettazione avulsa dalla realtà che stiamo attraversando: accettiamo la sfida di vivere e di annunciare la fede in Gesù Risorto in questo drammatico contesto.

+ Andrea Turazzi, settembre 2020