Silenzio dopo la Messa?

Nell’ultimo Consiglio pastorale parrocchiale abbiamo discusso su questo. Finita la Messa ci piace salutarci, raccontarci com’è andata la settimana, commentare l’omelia (non manca, ahimè, qualche chiacchiera…), ecc. Alcuni non condividono. Domandano che, terminata la Messa, si rispetti il silenzio ed il raccoglimento. “Siamo in chiesa”, ripetono con forza. Agape o intimità con il Signore? Che ne pensa?

Annamaria

Del silenzio prima e durante la celebrazione ne parla il n. 45 dell’OGMR, come abbiamo già scritto a suo tempo. Invece sul dopo celebrazione, in chiesa, non risultano normative precise dal Magistero. Pertanto, ci affidiamo al buon senso teologico e pastorale senza ricadere né in un soggettivismo arbitrario né in un formalismo giuridico infecondo. Secondo Rino Fisichella “il silenzio è linguaggio; esso costituisce, anzi, la fonte originaria di ogni linguaggio vero e il suo fine ultimo. Il silenzio non giunge quando la parola si è stancata di esser pronunciata o quando non si trovano più parole per continuare il discorso; al contrario, esso segna l’inizio di ogni vera parola e la possibilità per raggiungere il suo significato profondo. Senza il silenzio, la parola sarebbe orfana, priva di un luogo in cui porsi in modo significativo e lascerebbe spazio solo al rumore, cioè alla parola interrotta e priva di senso; senza la parola, però, anche il silenzio sarebbe un semplice sentimento di vuoto e di generico perché privo di un corrispondente preciso a cui dirigersi”.
L’affermazione di sant’Ambrogio secondo cui “il diavolo cerca il chiasso, il Cristo cerca il silenzio” va quindi capita in un contesto specifico di rapporto spirituale con il Signore. È ciò che afferma Annibale Bugnini quando scrive che il sacro silenzio, perché di questo si tratta in questo caso, “non è segno di mutismo spirituale: è un momento di grazia in cui la creatura tace, ma nel quale parla lo spirito”.
Ciò vale per il silenzio nel rapporto con il Signore, specialmente nella celebrazione. La Messa di per sé è un atto di gratitudine, il silenzio e il ringraziamento sono già nella celebrazione, non fuori di essa. Dopo “il congedo”, che significa: ora la Messa inizia nella vita, nell’incontro con gli altri, in famiglia, è pertanto stonato volere a tutti i costi un clima di silenzio per ringraziare dopo la Messa, perché è già stato fatto nella celebrazione. Nulla vieta che le persone cerchino ulteriore spazio e tempo per il ringraziamento e per il silenzio, ma ciò non va imposto o preteso.
In altri termini, si tratta di vivere bene e in pienezza la celebrazione eucaristica, e non aspettare la fine della Messa per cercare quello che non ho vissuto nella stessa. Ma se la domenica è l’unico momento che la comunità si ritrova è fondamentale che Cristo incontri la comunità e che la comunità cristiana incontri se stessa. Perciò, silenzio e parola si richiamano a vicenda, ma nel rispetto dei rapporti reciproci, degli interlocutori interessati (cfr. la presenza del Santissimo in chiesa) nonché del luogo di dialogo (chiesa-luogo sacro). Ciò richiede un profondo equilibrio, difficile da realizzare in una società come quella nostra in cui non solo si parla molto ma anche si parla molto forte! La soluzione per il “ritrovarsi” della comunità potrebbe essere sul sagrato o anche nell’atrio della chiesa laddove è possibile.

don Raymond Nkindji Samuangala, maggio 2020
Assistente collaboratore Ufficio diocesano per la Liturgia e i Ministri Istituiti