Un giubileo per i non credenti. Perchè no? (Aprile 2016)

Cinquantamila! In piazza San Pietro non c’è più posto: è piena come un uovo. Sui duemila romagnoli splendono i centocinquanta sammarinesi-feretrani: così li vedono i miei occhi.
Siamo scesi a Roma per il Giubileo. La nostra fatica non è certo paragonabile a quella degli antichi romei. Tuttavia, l’alzataccia, lo slalom nel valico su Viamaggio, l’attesa e le ore di fila sotto il sole costringono a sfoderare il massimo delle motivazioni per questo viaggio.
Dalla partenza questa è la “parola d’ordine”: «Ante omnia; mutuam et continuam caritatem habentes». Un latino facile da capire, un contenuto per niente facile e scontato da vivere. Eppure si tratta di “firmare in bianco” la cambiale di questo Anno Santo, necessaria per avviare relazioni nuove. C’è molta attesa per l’incontro con papa Francesco. Ricorre ormai la data della sua elezione: terzo anniversario. Anni di vita ecclesiale intensa e gesti che valgono un’enciclica. Grazie papa Francesco!
Ci sta insegnando che «il tempo è superiore allo spazio», cioè che è più importante iniziare processi che cercare di occupare spazi di potere (così – ad esempio – è stato per il Sinodo). Sa raggiungere anche le fasce più secolarizzate comunicando il cuore del cristianesimo a una società abituata alle notizie flash (chiedetelo al primo benzinaio!!!).
Sorprendono l’ardore e il ritmo che sta imprimendo al Giubileo; un Giubileo decentrato eppure così unitario e chiaro nella proposta, alto nelle sue esigenze e così alla portata di tutti, spirituale e così pratico. Non basta l’Udienza Generale del mercoledì, ora scende in piazza anche il sabato mattina per incontrare la gente. Si dice che questo Anno Santo – certamente meno spettacolare – risulti un flop. Direi proprio di no!
Durante le ore di coda – meglio chiamarle ore di processione orante – in attesa di varcare la Porta Santa, ti volti e resti sorpreso dalla compostezza della folla. Il serpentone procede, ma non riesci a vederne la fine: c’è sempre folla che si aggiunge. Chiedo a chi mi è vicino se tutto questo non sia un segno abbastanza eloquente: «Come viene interpretato dagli opinionisti, dai sociologi e dalle persone più attente?». La domanda è pertinente. Sono convinto che intercetti l’onestà e lo stupore anche di chi non ha militanza ecclesiale o è di altra cultura e convinzione. Pur nella bufera causata dagli scandali, nella secolarizzazione diffusa, la Chiesa è un punto di riferimento per tutti. Sulla via del “ritorno da Roma” ci si ritrova con la voglia di un “nuovo inizio” – è un sentire comune, condiviso dai compagni di viaggio. Qualcuno, in analogia con “la cattedra dei non credenti” istituita dal Cardinal Martini, lancia l’idea di “un Giubileo con i non-credenti”.
Ci tiene a precisare: “Non per i non credenti”, saprebbe di proselitismo, di sgradevole iniziativa unilaterale, di velata pretesa della conversione altrui (anziché pensare alla propria conversione). C’è chi racconta il suo impatto con gli ambienti lontani dalla fede: «Stando tra noi non ci rendiamo conto adeguatamente del clima che pervade gli ambienti del lavoro, dello studio e della finanza…». Tuttavia non perde la sua forza la testimonianza quando sa essere autentica, trasparente e contestuale. Sono sul tappeto le preoccupazioni comuni come l’emergenza educativa, i temi ineludibili come la convivenza delle ragioni (e la ragione delle convivenze), gli interrogativi esistenziali sempre aperti nonostante l’invadenza del consumismo e delle tecnologie.
Papa Francesco col Giubileo entra nel vivo delle situazioni di conflitto. Commentando il passo evangelico della “lavanda dei piedi” ricorda come l’amore vero non possa che tradursi in servizio concreto. Viene immediatamente una raffica di domande: è così il nostro impegno politico? È servizio al bene comune? Il volontariato consiste nel mettere l’altro al centro o è una ricerca personale di gratificazioni? Si serve o ci si serve? Cristo lava i piedi; un gesto che allude ad un servizio indispensabile per la guarigione dei rapporti: il perdono.
Queste, e tante altre, sono “tematiche giubilari” sulle quali sarebbe interessante avviare uno scambio perché questo Anno Santo sia un bene per tutti. Il cuore del Giubileo, il suo perché, il suo compimento – per me credente – è Gesù Cristo “misericordiae Vultus”.
Ritengo un atto di amicizia parlare di lui con chiunque. Mi aspetto da chi entra in dialogo con me – e perché dubitarne? – rispetto e simpatia. Le stesse – posso assicurarlo – troverà in me. Abbiamo tutti qualcosa da farci perdonare; e dobbiamo tutti offrire perdono. E sarà una festa per tutti.

+ Andrea Turazzi