Una Madonna della scuola del Tiepolo rinvenuta a Montegiardino (Gennaio 2017)

Francesco Zugno (allievo del Tiepolo), La Madonna della Misericordia (1747 ca.), chiesa di San Lorenzo, Montegiardino

Era uno stendardo processionale, il bellissimo dipinto della Madonna della Misericordia, rinvenuto a Montegiardino e recentemente restaurato. Se anche non ne avessimo avuto notizia, avremmo potuto intuire che il dipinto, attribuito all’artista veneziano Francesco Zugno, allievo del Tiepolo, fosse uno stendardo processionale.
La Madonna della Misericordia, infatti, iconografia nata in ambito agostiniano e sviluppatasi anche grazie alla devozione mariana dei frati di san Domenico, appare normalmente in posizione eretta e statuaria. Il manto aperto, come fosse l’abside di una chiesa, si estende a proteggere il popolo ivi radunato. Non così, invece, nell’opera sammarinese, dove la Vergine è ritratta nell’atto di incedere. Ella cammina in mezzo al suo popolo, spinta dalla volontà di avvolgere ogni suo fedele sotto il manto protettore. È bello che in San Marino, nell’anno della Misericordia, abbia ripreso vita e colore un’opera così. Gli studi sono aperti e le notizie incerte, ma si pensa che l’opera sia da collocare attorno al 1747, anno della morte di Mons. Antonio Calvi, vescovo domenicano.
I due religiosi in primo piano potrebbero infatti essere identificati con Sant’Antonio e San Domenico, se non fosse per la vistosa assenza di aureole. Lo Zugno, infatti, mai aveva omesso, in opere analoghe, di sottolineare la santità dei personaggi con l’ausilio di aureole. Il vescovo Calvi, che in religione aveva preso il nome di Giovanni Crisostomo, succedette a un vescovo appartenente all’ordine francescano, Francesco Dondi. Pare così probabile che in occasione della morte di Mons. Calvi si siano voluti ricordare due vescovi religiosi che ressero la nostra diocesi in anni di difficili rapporti con lo stato sammarinese. Infatti, negli anni 1739 e 1740 a San Marino accade la cosiddetta occupazione alberoniana, in cui il cardinale Giulio Alberoni, funzionario del Papa presso Ravenna, tentò l’annessione della Repubblica allo Stato della Chiesa. Il tentativo fallì e il 5 agosto 1740 la Repubblica riacquistò la sua libertà. Pare che il nostro dipinto fosse usato durante le processioni penitenziali contro coloro che avevano accettato senza opporsi l’ingresso delle truppe del Cardinal Alberoni. Tra questi anche il Calvi che aveva sottoscritto un documento precedentemente elaborato dai pennesi (1720) in cui si attestava la sottomissione di San Marino alla Santa Sede. Può esser vero che l’artista abbia volutamente giocato sull’ambiguità fra i due santi patroni, venerati a Montegiardino, Antonio e Domenico, e i due vescovi in questione. Certo è che l’identificazione dei due personaggi con Mons. Dondi e Mons. Calvi doveva essere nota, non solo per le due mitrie presenti nell’opera, ma anche perché, nell’Ottocento, durante un pesante rifacimento della pala si fecero dipingere due pastorali proprio sopra la nuvola sulla quale si appoggiano i due religiosi.
In primo piano abbiamo altri due personaggi, a sinistra in cotta e talare si potrebbe riconosce san Luigi Gonzaga (a cui, con sant’Antonio, era dedicato un altare della chiesa di san Lorenzo) oppure, uno dei chierici indispensabili nelle processioni.
Dall’altra parte, ecco un giovinetto molto ben identificato, specie per quella rosa bianca applicata al pantalone all’altezza del ginocchio. L’iconografia rimanda a un giovane laico, terziario francescano morto in concetto di santità, il beato Galeotto Roberto Malatesta. Si suppone che il santo riminese potesse avere una qualche attinenza con il castello di Montegiardino. In ogni caso, se così non fosse, il giovane rimanda certamente alla gioventù locale, segno e speranza di libertà per la terra di Montegiardino e, quindi, per lo Stato di San Marino. Il decoro a cinque petali sul ginocchio del giovane potrebbe riferirsi allo stemma del Castello di Montegiardino che reca nello stemma tre rose rosse.
Il cielo dorato accompagna il cammino di Maria, mentre un putto fa capolino fra le nubi, assicurando la Presenza di Dio stesso e la santità di quella madre. Non manca, nella pala, il popolo simboleggiato dai personaggi che si scorgono ai lati del dipinto. Sono uomini e donne, sono giovani e vecchi, sono, in definitiva, il popolo di Maria, che in terra sammarinese invocava su di sé, sulla vita lavorativa e su quella civica, aiuto e protezione. La Repubblica, del resto, si scorge ai piedi della Vergine, sotto la nube che la sostiene. La veduta è rovesciata rispetto a quella che realmente si contempla da Montegiardino: probabilmente il buon Zugno non realizzò l’opera in loco, ma si avvalse di riproduzione. Al di là della connotazione politica del quadro il senso spirituale resta chiaro: Maria cammina in mezzo ai suoi, protegge la terra che a lei si appella, la protegge mediante i santi di ieri e di oggi e mediante la sua stessa benedicente presenza.
Monache dell’Adorazione Eucaristica Pietrarubbia