Verso il Natale (Dicembre 2016)

“Nell’attesa che si compia la beata speranza e venga il nostro Salvatore”.

“Che cosa provi? Che cosa senti?”… Domande di ragazzi ad una giovane mamma ormai al termine della gravidanza. Il dialogo si era fatto coinvolgente. Non ne ricordo con precisione l’articolazione, ma conservo nel cuore la commozione dei ragazzi vivamente partecipi di quell’attesa, desiderosi di calarsi nella “rivoluzione esistenziale” imposta dalla creatura in arrivo. Era l’antivigilia di Natale. Il collegamento con la Mamma di Gesù fu immediato e spontaneo. Non fu difficile immedesimarsi nell’attesa del popolo del Messia e nella spiritualità dei primi cristiani, caratterizzata dalla speranza per il ritorno del Signore.
L’attesa di Maria, l’attesa d’Israele, l’attesa dei primi cristiani, oltre ad essere rivolte ad una stessa Persona, hanno in comune una forte carica affettiva (Maria, Israele, i primi cristiani aspettano una persona amata), una speranza densa di preghiera (vieni Signore, non tardare!), una vigilante curiosità (come accadrà?).
Maria aspetta di vedere, di abbracciare e baciare la creatura che sta ricamando: Dio ha voluto entrare nel mondo attraverso un grembo di donna. Israele, che ha alle spalle una lunga storia di esodi, esili, promesse e terre mancate, è in attesa di un Salvatore. Come configurare il suo avvicinarsi? Dies irae dies illa! Ma anche tempo di riscatto e di liberazione. I primi cristiani attendono il ritorno glorioso di Gesù con gli occhi puntati verso la stella, la stessa di Betlemme. Il Cristo tornerà come colui che dà senso alla vita di ciascuno e a tutte le vite insieme, e mostrerà ogni lacrima e ogni atto d’amore che ha custodito. Attesa ardente, piena di speranza, attiva, capace di far fronte alle persecuzioni e alle sofferte risalite contro corrente. L’ultima pagina del Nuovo Testamento chiude con il grido di una fidanzata in attesa delle nozze: «Vieni, Signore Gesù» (nella lingua parlata al tempo di Gesù: «Maranathà»). C’è tanto desiderio in quel grido.
E la nostra comunità come vive la spiritualità dell’attesa? Testimonia la speranza? Si mobilita adeguatamente in vista del ritorno del Signore? Il Signore la troverà sveglia? Un grande aiuto le è dato, ad esempio, dalle celebrazioni eucaristiche, nelle quali risuona ripetutamente e in diverse forme il grido dell’Avvento: «O Dio, vieni a salvarci!»; «Annunciamo la tua morte, Signore; proclamiamo la tua risurrezione, nell’attesa della tua venuta»; «Venga il tuo regno»; «Nell’attesa che si compia la beata speranza e venga il nostro Salvatore Gesù Cristo»… La Messa è in se stessa, per sua natura, profezia del nostro destino ultimo: diventare la famiglia dei figli di Dio, una sola cosa in Cristo, per essere con Lui riconsegnati al Padre. Attorno all’altare è anticipato il nostro futuro.
Per questo si spera e si canta. L’impressione, tuttavia, è che l’attesa tra i cristiani si sia affievolita; i colori più sbiaditi; il grido più flebile; l’arco più allentato. Azzardo una diagnosi. I desideri facilmente appagati, la disponibilità dei beni materiali, il “tutto subito” finiscono per appiattire il presente. Lo sguardo si è concentrato su un ritaglio d’orizzonte; si perde di vista il Futuro (con la maiuscola; non è un errore di stampa!). Ho un timore ancora. I cristiani d’oggi rischiano di passare sotto silenzio un dato fondamentale della loro fede: la certezza del ritorno del Signore. Dimentichiamo di vivere nel tempo posto fra la prima e la seconda venuta del Signore; tra il “già” e il “non ancora”. Tempo di vigilanza operosa e di allerta; tempo di fedeltà al compito che ci è stato assegnato. Di settimana in settimana, la liturgia ci fa annotare sulla tabella di marcia le seguenti indicazioni: realistica presa di coscienza della caducità delle cose; impegno a non rinviare oltre la decisione che si deve prendere subito; ogni parola, ogni pensiero, ogni azione prendono valore alla luce dell’eternità. Gesù spalanca davanti a noi l’intero orizzonte; ci fa andare al di là di noi stessi, dei condizionamenti, delle meschinità e delle relazioni insufficienti. La comunità cristiana è il grembo che custodisce la presenza di Gesù per donarlo di nuovo al mondo. Saprà imparare da Maria come si genera Gesù? “Maria conservava tutte queste cose nel suo cuore”!
+ Andrea Turazzi