“Viva Cristo Re!” (Gennaio 2019)

«La solennità di Gesù Cristo Re dell’universo – posta al termine dell’anno liturgico – ricorda che la vita del creato non avanza a caso, ma procede verso una meta finale: la manifestazione definitiva di Cristo, Signore della storia e di tutto il creato. La conclusione della storia sarà il suo regno eterno!» (Angelus, 25 novembre). Non possiamo festeggiare tale solennità senza pensare ai nostri fratelli messicani che dell’acclamazione «Viva Cristo Re!» fecero il loro grido di libertà dinnanzi a un regime che voleva cancellare dai cuori la Verità. «Gesù – esorta il Pontefice – oggi come allora ci chiede di lasciare che Lui diventi il nostro re» (25 novembre). E invoca la Vergine Maria affinché «ci aiuti ad accogliere Cristo come re della nostra vita e a diffondere il suo regno, dando testimonianza alla verità che è l’amore» (25 novembre). Ai latinoamericani riuniti per la Memoria della Vergine di Guadalupe ha poi raccomandato: «figlio e fratello, senza paura, canta e cammina come fece tua Madre!» (Messa per l’America Latina, 12 dicembre). Come «mendicanti della grazia» (Udienza generale, 21 novembre) il Papa ci invita a vivere l’Avvento «aprendo il nostro cuore, per farci domande concrete su come e per chi spendiamo la nostra vita» (Angelus, 2 dicembre). «L’Avvento è infatti un tempo di purificazione della memoria, dell’attesa e della vigilanza». Ha poi messo in guardia dalla «tentazione di mondanizzare il Natale» (Santa Marta, 3 dicembre). E questo avviene «quando la festa» non è più «contemplazione» (3 dicembre). A questo aggiunge, in conclusione delle catechesi dedicate ai dieci comandamenti, che «tutti i comandamenti hanno il compito di indicare il confine della vita, il limite oltre il quale l’uomo distrugge sé stesso e il prossimo, guastando il suo rapporto con Dio» (Udienza generale, 21 novembre). Da qui l’importanza della preghiera. Tutta la vita di Gesù, infatti, è stata preghiera: «pellegrino verso il Padre». Lo ha definito il Pontefice aprendo il nuovo ciclo di catechesi dedicate alla preghiera del Padre nostro (udienza generale, 5 dicembre). A maggior ragione per noi, dove «la nostra prima preghiera, in un certo senso, è stato il vagito che ha accompagnato il primo respiro. In quel pianto di neonato si annunciava il destino di tutta la nostra vita: la nostra continua fame, la nostra continua sete, la nostra ricerca di felicità» (Udienza generale, 12 dicembre). «Quante volte invece sospettiamo di Dio! Pensiamo che possa mandarci qualche prova, privarci della libertà, abbandonarci. Ma questo è un grande inganno, è la tentazione delle origini, la tentazione del diavolo: insinuare la sfiducia in Dio. Maria vince questa prima tentazione col suo eccomi» (Angelus, 8 dicembre). «Eccomi – ribadisce il Papa – è il contrario del “mi sono nascosto” di Adamo. L’eccomi apre a Dio, è scegliere di scommettere sul Signore, docili alle sue sorprese. Perciò dirgli eccomi è la lode più grande che possiamo offrirgli» (8 dicembre). Non che per Maria tutto sia stato semplice, anzi! Ce lo ricorda il Vangelo quando dice: «“L’angelo si allontanò da lei”. L’angelo lascia la Vergine sola in una situazione difficile. Ma Ella mette la fiducia in Dio davanti ai problemi. È lasciata dall’angelo, ma crede che con lei, in lei, è rimasto Dio. E si fida di Dio» (8 dicembre). Per questo il papa raccomanda: «Chiediamo all’Immacolata la grazia di vivere così!» (8 dicembre). Il Santo Padre invita poi alla preghiera incessante per i cristiani perseguitati: «Per la pace nell’amata Siria. Preghiamo e aiutiamo i cristiani a rimanere in Siria e in Medio Oriente come testimoni di misericordia, di perdono e di riconciliazione» (2 dicembre). Ai membri dell’Associazione Missione Shahbaz Bhatti domanda di riferire ai fratelli perseguitati che «il Papa pensa al Pakistan» (30 novembre), indicando infine come segni luminosi di pace i martiri Algerini da poco beatificati.
Monache dell’Adorazione eucaristica – Pietrarubbia