Signore, disarmali. Signore, disarmaci. (Dicembre 2015)

«E adesso che cosa succederà?». È la domanda che torna più spesso in questi giorni, dopo il drammatico attentato di Parigi. Mentre scrivo non sono passate che 48 ore… Non riesco a prevedere quali saranno gli sviluppi futuri e la reazione internazionale. Al lettore questi pensieri risulteranno sorpassati dagli eventi quando apriranno il Montefeltro, ma mi sia concesso di condividere le parole della mia preghiera di oggi: «Signore, disarmali. Signore, disarmaci. Ti invoco: è troppo difficile la pace». Sono preso da indignazione: mi fanno paura i pensieri che mi salgono dal profondo. Coerenza vorrebbe che l’indignazione fosse ugualmente sentita per tutte le altre situazioni di ingiustizia, di oppressione e di sfruttamento. Chiedo a me stesso e a chi mi segue di sentire “come sofferenza personale” quanto è accaduto a Parigi e quanto accade nel mondo.
Su tutto questo torna la magia del Natale (con quello che c’è di autentico e di inautentico); me lo ricordano i vicini che già preparano le luci, i bambini impegnati nelle recite e i testi dell’Avvento da meditare. Inopportuno? Al di là di tutto, il Natale risveglia la capacità di sperare. Si obietterà che il Natale è una gigantesca macchina commerciale. Sarà; ma io voglio ritornare al presepio, soprattutto adesso, e scendere nei luoghi della meraviglia (la meraviglia che apprendo dalla fede) e mettermi nella compagnia dei pastori, prendere l’odore della pecore, raggiungere la capanna piantata nelle periferie… Dio s’è fatto carne ed ha messo radici dove l’umanità soffre di più. Sì, Dio ha le sue preferenze. Non sentimentalismo, ma ingaggio estremamente serio.
Ecco il grido dell’Avvento: uscire! La spiritualità dell’Avvento è esigente, provoca a qualcosa di molto reale e concreto. Non ci consente di essere semplici spettatori. Chiede assunzione di responsabilità. Il cammino passa attraverso un luogo nel quale forse non siamo mai stati del tutto: il cuore. Dunque, “in uscita” come i pastori, alla voce di un angelo, al chiarore di una stella…
Chi erano i pastori? Gente comune, anzi ai margini della società, considerati irregolari e meschini. Eppure sono invitati ad un esodo trasformante (è proprio il caso di citare il proverbio brasiliano: “Camminando s’apre cammino”). Uscire da sé per incontrare. Potremo facilitare la riflessione e la preghiera mettendoci concretamente davanti al presepio, segno forte della nostra identità e programma di vita. Il presepio raffigura il quotidiano, la strada, i pastori in cammino, la profuga che partorisce e il bambino che piange. Il presepio è “vivente” perché ritrae quello che accade nella realtà. I pastori siamo noi, sono io. La tradizione li rappresenta ingenuamente, ma con tanta verità. C’è il pastore dormiente, che non si accorge della moltitudine di gente che gli passa a fianco e non si rende conto dell’importanza di quello che sta succedendo in quella notte. Continua a dormire beato come se nulla fosse. Si sveglierà? Quel pastore siamo noi, sono io, tentati dall’accidia.
C’è il pastore con il fardello sulle spalle. Cammina lento e piegato, portando il peso su di sé. Deve fermarsi spesso per la fatica. Non vuol perdere nulla per strada. Forse perderà l’incontro… È il pastore tentato di pensare solo ai suoi guai. Quel pastore siamo noi, sono io, che non viviamo l’attesa come apertura all’imprevisto.
C’è la lavandaia con la veste bianca. La tiene aperta e inamidata davanti a sé. È molto attenta che non si sporchi, così cammina da sola. È talmente preoccupata di mantenere linda e intatta la veste che diffida degli incontri e impreca quando vede qualche mano un po’ sporca tendersi nella sua direzione. Smascheriamo il fariseo che c’è in noi, che c’è in me, aggrappato alle nostre sicurezze.
C’è il pastore con la lanterna. Ha paura dell’inciampo e così guarda molto il sentiero e poco la Stella e, a volte, abbagliato dalla tenue luce che porta, rischia di perdersi. Quel pastore siamo noi, sono io, tentati di ripiegarci su noi stessi e di camminare alla luce blanda delle nostre miopi vedute.
Il pastore dormiente, il pastore col fardello, la lavandaia con la veste bianca, il pastore con la lanterna… proviamo ad identificarci ogni settimana d’Avvento con uno di loro. Facciamoli parlare dentro di noi, mettiamoci in questione: nel nostro cuore c’è tutto il male, ma anche tutto il bene; impariamo a riconoscere le dinamiche del cuore per poter far spazio al bene e vincere il male.

+ Andrea Turazzi