Domanda: Si dice che i simboli sono una forma di linguaggio assai forte. Tuttavia, molti segni della liturgia restano oscuri per tante persone. Ci sono preti che li spiegano, spesso con esiti positivi; altre volte le spiegazioni affaticano e sbiadiscono la celebrazione. Che ne pensa delle didascalie del celebrante soprattutto durante la Messa? (Ilaria)
L’agire simbolico caratterizza essenzialmente l’atto liturgico. L’ha ricordato papa Francesco nell’ultima lettera apostolica pubblicata il 29 giugno scorso sulla formazione liturgica del Popolo di Dio Desiderio desideravi: “La liturgia è fatta di cose che sono esattamente l’opposto di astrazioni spirituali: pane, vino, olio, acqua, profumo, fuoco, cenere, pietra, stoffa, colori, corpo, parole, suoni, silenzi, gesti, spazio, movimento, azione, ordine, tempo, luce” (Dd 42).
Comprendere (non dico capire) tale linguaggio è condizione fondamentale per quella vera “partecipazione attiva, cosciente e fruttuosa” cara al Vaticano II. Infatti, “la conoscenza del mistero di Cristo, questione decisiva per la nostra vita, non consiste in una assimilazione mentale di un’idea, ma in un reale coinvolgimento esistenziale con la sua persona. In tal senso la liturgia non riguarda la “conoscenza” e il suo scopo non è primariamente pedagogico (pur avendo un grande valore pedagogico: cfr. Sacrosanctum Concilium, 33)… La pienezza della nostra formazione è la conformazione a Cristo. Ripeto: non si tratta di un processo mentale, astratto, ma di diventare Lui, l’essere membro del Corpo di Cristo” (Dd 41). Questo coinvolgimento esistenziale accade per via sacramentale, attraverso il linguaggio simbolico proprio della liturgia.
La riforma liturgica del Vaticano II ha inteso ricuperare la cosiddetta “liturgia dei Padri”, non solo perché è quella che ormai è diventata comune nella Chiesa, ma anche per le sue caratteristiche: “brevità solenne, semplicità precisa, sobria, non verbosa, poco sentimentale; disposizione chiara e lucida; grandezza sacra e umana insieme, spirituale e di gran valore letterario” (Burkhard Neunheuser). La dicitura “liturgia dei padri” utilizzata sia dalle riforme dei secoli XI-XV che dal Concilio di Trento, e che il Vaticano II ha inteso ripristinare, si riferisce alla liturgia romana “classica” o “pura” sviluppatasi tra i secoli V-VIII, esempio perfetto di liturgia inculturata.
Si può capire perché lo stesso Concilio Vaticano II stabilisce che “i riti splendano per nobile semplicità; siano trasparenti per il fatto della loro brevità e senza inutili ripetizioni; siano adattati alla capacità di comprensione dei fedeli né abbiano bisogno, generalmente, di molte spiegazioni” (SC 34). Altrove precisa che, per facilitare la partecipazione pia e attiva dei fedeli, “i riti, conservata fedelmente la loro sostanza, siano semplificati; si sopprimano quegli elementi che, col passare dei secoli, furono duplicati o aggiunti senza grande utilità; alcuni elementi invece, che col tempo andarono perduti, siano ristabiliti, secondo la tradizione dei Padri, nella misura che sembrerà opportuna o necessaria” (SC 50).
Dunque, i riti della celebrazione liturgica non dovrebbero necessitare di didascalie, in quanto la loro comprensione dovrebbe essere diretta. Tuttavia, considerando la difficoltà dell’uomo moderno a “confrontarsi con l’agire simbolico” (Dd 27) e la necessità che egli “deve diventare nuovamente capace di simboli” (Romano Guardini), il Concilio ha concesso di prevedere nei testi stessi dei riti, “quando necessario, brevi didascalie composte con formule prestabilite o con parole equivalenti e destinate a essere recitate dal sacerdote o dal ministro competente nei momenti più opportuni” (SC 35).
Non si tratta, infatti, di rinunciare al linguaggio simbolico: “non è possibile rinunciarvi perché è ciò che la Santissima Trinità ha scelto per raggiungerci nella carne del Verbo. Si tratta, piuttosto, di recuperare la capacità di porre e di comprendere i simboli della Liturgia. Non dobbiamo disperare, perché nell’uomo questa dimensione … è costitutiva” (Dd 44). La cosa migliore resta la formazione liturgica!
don Raymond Nkindji Samuangala, novembre 2022
Assistente collaboratore Ufficio diocesano
per la Liturgia e i Ministri Istituiti