Alla luce delle Sue piaghe

Un amore che non delude mai

«Il messaggio che scaturisce dalla Risurrezione di Cristo, sia per voi un impegno di testimonianza: riconoscete che nell’evento di Cristo risorto è annunciata la più profonda verità sull’uomo» (Udienza generale, 7 aprile).
Con queste parole il Papa ci invita a vivere l’attuale Tempo Pasquale, nel quale «in diversi luoghi, molti cristiani hanno celebrato la Pasqua con forti limitazioni e, talvolta, senza nemmeno poter accedere alle celebrazioni liturgiche». Invita dunque a pregare affinché «tali limitazioni, come ogni limitazione alla libertà di culto e di religione nel mondo, possano essere rimosse e a ciascuno sia consentito di pregare e lodare Dio liberamente» (Messaggio Pasquale Urbi et Orbi, 4 aprile).
Ha poi raccomandato: «Tra le molteplici difficoltà che stiamo attraversando, non dimentichiamo mai che noi siamo sanati dalle piaghe di Cristo. Alla luce del Risorto le nostre sofferenze sono trasfigurate. Dove c’era morte ora c’è vita, dove c’era lutto, ora c’è consolazione». Le piaghe di Gesù Risorto sono infatti «il sigillo perenne del suo amore per noi» (4 aprile).
«Le sue piaghe luminose squarciano il buio che noi ci portiamo dentro. Da quelle piaghe siamo guariti. Ma come può una ferita guarirci? Con la misericordia. In quelle piaghe, come Tommaso, tocchiamo con mano che Dio ci ama fino in fondo. Le piaghe sono canali aperti tra Lui e noi, che riversano misericordia sulle nostre miserie. Questo succede in ogni Messa, dove Gesù ci offre il suo Corpo piagato e risorto: Lo tocchiamo e Lui tocca le nostre vite» (Chiesa di Santo Spirito in Sassia, 11 aprile).
“Questa certezza ci induce a pregare: «Regina Caeli, laetare – cioè Regina del Cielo, rallegrati». L’angelo Gabriele l’aveva salutata così la prima volta: «Rallegrati, piena di grazia! (Lc 1,28)». Ora la gioia di Maria è piena: Gesù vive, l’Amore ha vinto. Che possa essere anche la nostra gioia!” (Regina Cæli, 5 aprile)
«I discepoli sfiduciati vengono rappacificati con sé stessi. La pace di Gesù li fa passare dal rimorso alla missione. Solo Lui infatti, con la sua misericordia, ci fa uscire dalle nostre miserie più profonde». Così «il perdono nello Spirito Santo è il dono pasquale per risorgere dentro. È il Sacramento della risurrezione» (11 aprile).
Per questo il Papa esorta: «Fratelli, sorelle, lasciamoci risuscitare dalla pace, dal perdono e dalle piaghe di Gesù misericordioso. E chiediamo la grazia di diventare testimoni di misericordia. Solo così la fede sarà viva. E la vita sarà unificata» (11 aprile).
«Accogliamo anche noi l’invito di Pasqua: andiamo in Galilea dove il Signore Risorto ci precede. Ma cosa significa “andare in Galilea”? Significa percorrere vie nuove. È muoversi nella direzione contraria al sepolcro. Le donne cercano Gesù alla tomba, vanno cioè a fare memoria di ciò che hanno vissuto con Lui e che ora è perduto per sempre. Andare in Galilea, invece, significa imparare che la fede, per essere viva, deve rimettersi in strada. Deve ravvivare ogni giorno l’inizio del cammino, lo stupore del primo incontro. E poi affidarsi, senza la presunzione di sapere già tutto, ma con l’umiltà di chi si lascia sorprendere dalle vie di Dio» (Veglia Pasquale, 3 aprile).
Ricordiamo sempre che «la Croce di Cristo è come un faro che indica il porto alle navi ancora al largo nel mare in tempesta. La Croce di Cristo è il segno della speranza che non delude; e ci dice che nemmeno una lacrima, nemmeno un gemito vanno perduti nel disegno di salvezza di Dio» (Udienza generale,31 marzo).
E in questo percorso una schiera di santi ci precedono e ci seguono. Infatti «pregare per gli altri è il primo modo di amarli» (Udienza generale, 7 aprile) e il Catechismo spiega che i santi «contemplano Dio, lo lodano e non cessano di prendersi cura di coloro che hanno lasciato sulla terra. […] La loro intercessione è il più alto servizio che rendono al disegno di Dio. Possiamo e dobbiamo pregarli di intercedere per noi e per il mondo intero» (CCC 2683).

Monache dell’Adorazione Eucaristica – Pietrarubbia, maggio 2021