Candeliere al centro dell’altare?

Non comprendo perché quando il Vescovo celebra in cattedrale – ma ho visto anche in altre chiese – viene aggiunto un candeliere al centro dell’altare. Perché? (Michele)

Questa domanda ha senso già che: “La chiesa cattedrale sia dimostrazione esemplare alle altre chiese della diocesi di quanto è prescritto nei documenti e libri liturgici circa la disposizione e l’ornamentazione delle chiese” (Cerimoniale dei Vescovi (CV), n. 46). Il CV parla di “sette (o almeno due) candelieri con le candele accese” (n. 125) da preparare nel sacretarium (locale dove il Vescovo e i concelebranti indossano le vesti liturgiche), per accompagnare la croce durante la processione (cf. n.128). Saranno poi collocati “presso l’altare o sulla credenza o vicino in presbiterio” (n. 129). Il n. 117 dell’OGMR precisa: “In ogni celebrazione, sull’altare o accanto a esso si pongano almeno due candelieri con i ceri accesi, o anche quattro o sei; se celebra il vescovo della diocesi, si usino sette candelieri”.
Alcune considerazioni:
1) il numero di candelieri è variabile, secondo la dimensione e la struttura dell’altare e del presbiterio, anche per non ostacolare la vista dell’assemblea, riguardo al n. 307 dell’OGMR: “…non impediscano ai fedeli di vedere comodamente ciò che si compie o viene collocato sull’altare”;
2) i sette candelieri si possono spiegare con il simbolismo biblico del numero sette (Apocalisse 1,13 – 2,1). Il candelabro a sette bracci si ispira al tradizionale candelabro del Tempio di Gerusalemme (Menorah). Nel Cristianesimo venne usato come simbolo dei Sette Sacramenti a partire dal Medioevo;
3) la posizione centrale del settimo candeliere accompagnerebbe normalmente la croce se collocato sull’altare;
4) tale posizione può risultare problematica per un altare di piccole dimensioni, già che si deve “vedere comodamente ciò che si compie o viene collocato sull’altare”.
Il n. 307 dell’OGMR presenta “i candelieri, richiesti per le singole azioni liturgiche, [come] segno di venerazione e di celebrazione festiva”. Pertanto, non andrebbero caricati di un significato eccessivo né di un simbolismo sacramentale forzoso. Le Precisazioni affermano che “anche i candelieri e i fiori siano sobri per numero e dimensione” (n. 15). Va tenuto in conto l’intento della riforma liturgica di semplificare la simbologia al fine di renderne facile e immediata la comprensione.
Riguardo la croce dell’altare, essa può essere posta sopra o accanto ad esso, orientata verso l’assemblea. Meglio se è la stessa croce della processione, collocata poi accanto all’altare in modo permanente. È un richiamo forte ed immediato alla dimensione sacrificale di quanto viene svolto sull’altare: “vi sia sopra l’altare, o accanto ad esso, una croce, con l’immagine di Cristo crocifisso, ben visibile allo sguardo del popolo radunato. Conviene che questa croce rimanga vicino all’altare anche al di fuori delle celebrazioni liturgiche, per ricordare alla mente dei fedeli la salvifica Passione del Signore” (OGMR, n. 308; n. 117; CV, n. 129).
Per tutto, “secondo l’insegnamento del Concilio Vaticano II, bisogna curare che i riti risplendano di nobile semplicità. Questo principio vale certamente anche per la liturgia episcopale, per quanto in essa non si debba trascurare il senso di religiosa riverenza dovuta al vescovo, nel quale è presente il Signore Gesù in mezzo ai fedeli…” (CV, n. 55).

don Raymond Nkindji Samuangala, marzo 2021
Assistente collaboratore Ufficio diocesano
per la Liturgia e i Ministri Istituiti