“Chiesa, Sposa e Madre”

«Nel grembo di una donna Dio e l’umanità si sono uniti per non lasciarsi mai più. Nel primo giorno dell’anno celebriamo queste nozze tra Dio e l’uomo, inaugurate nel grembo di una donna». Con queste parole in apertura del nuovo anno il Pontefice ci ricorda che «in Dio ci sarà per sempre la nostra umanità e per sempre Maria sarà la Madre di Dio. Da lei, donna, è sorta la salvezza e dunque non c’è salvezza senza la donna. Lì Dio si è unito a noi e, se vogliamo unirci a Lui, si passa per la stessa strada: per Maria, donna e madre» (1 gennaio). Ha poi messo in evidenza il fatto che «da come trattiamo il corpo della donna comprendiamo il nostro livello di umanità. Secondo il racconto della Bibbia, la donna giunge al culmine della creazione, come il riassunto dell’intero creato. La Chiesa è donna e madre, e nella Madonna ritrova i suoi tratti distintivi. Vede lei, immacolata, e si sente chiamata a dire “no” al peccato e alla mondanità. Vede lei, feconda, e si sente chiamata ad annunciare il Signore, a generarlo nelle vite. Vede lei, madre, e si sente chiamata ad accogliere ogni uomo come un figlio. Avvicinandosi a Maria la Chiesa ritrova il suo centro, ritrova la sua unità» (1 gennaio). in occasione della XXVIII Giornata Mondiale del Malato ha esortato poi a «portare la croce facendo delle proprie ferite delle feritoie, attraverso le quali guardare l’orizzonte al di là della malattia e ricevere luce e aria per la vita». Agli operatori sanitari ha poi espresso il desiderio che «il loro agire sia costantemente proteso alla dignità e alla vita della persona, senza alcun cedimento ad atti di natura eutanasica, di suicidio assistito o soppressione della vita, nemmeno quando lo stato della malattia è irreversibile», ribadendo che «la vita è sacra e appartiene a Dio, pertanto è inviolabile e indisponibile» (3 gennaio). Siamo infatti predestinati, come ci ricorda l’apostolo Paolo, «ad essere figli di Dio»; come? diventando «santi nell’amore», custodendo «la gratuità dell’amore» (Angelus, 5 gennaio). Il Santo Padre domanda quindi «che il Signore ci insegni queste verità: la sicurezza di essere stato amato per primo e il coraggio di amare i fratelli» (Santa Marta, 10 gennaio). Per fare questo, esorta il Papa, è necessario seguire l’esempio dei Magi, il cui traguardo del cammino è l’Adorazione. «Se perdiamo il senso dell’adorazione, perdiamo il senso di marcia della vita cristiana, che è un cammino verso il Signore, non verso di noi. L’uomo infatti, quando non adora Dio, è portato ad adorare il suo io. Senza adorare – ribadisce il Pontefice – non si conosce Dio. La teologia e l’efficienza pastorale servono a poco o nulla se non si piegano le ginocchia; se non si fa come i Magi, che non furono solo sapienti organizzatori di un viaggio, ma camminarono e adorarono. Quando si adora ci si rende conto che la fede non si riduce a un insieme di belle dottrine, ma è il rapporto con una Persona viva da amare. Così dev’essere la Chiesa, un’adoratrice innamorata di Gesù suo sposo» (6 gennaio). Per questo rivolge un invito a tutta la Chiesa: «All’inizio dell’anno riscopriamo l’adorazione come esigenza della fede. Adorare è sentire di appartenersi a vicenda con Dio. È dargli del “tu” nell’intimità, è portargli la vita permettendo a Lui di entrare nelle nostre vite. È far discendere la sua consolazione sul mondo. Quando adoriamo permettiamo a Gesù di guarirci e cambiarci. Adorare è andare all’essenziale: è la via per disintossicarsi da tante cose inutili, da dipendenze che anestetizzano il cuore e intontiscono la mente. Di solito noi sappiamo pregare – chiediamo, ringraziamo il Signore -, ma la Chiesa deve andare ancora più avanti con la preghiera di adorazione. È una saggezza che dobbiamo imparare ogni giorno» (6 gennaio). Rivolge infine un accorato appello per la pace, ricordando come «la pace delle genti» o di un Paese ha le sue radici dentro di noi: «se noi non abbiamo pace nel cuore, come pensiamo – si è chiesto il Papa – che ci sarà una pace nel mondo?» (Santa Marta, 9 gennaio).

Monache dell’Adorazione eucaristica – Pietrarubbia, febbraio 2020