Con la gioia del Vangelo nella città degli uomini (Settembre 2017)

Il 24 settembre si inaugura il nuovo anno pastorale. Inizia la prima Visita Pastorale del Vescovo Andrea

Talvolta, agli incontri con altri colleghi, mi si rivolge questa domanda: «Come viene assimilata nella tua Diocesi l’Evangelii Gaudium» (N.d.R. l’esortazione apostolica di papa Francesco)? Rispondo prontamente che è accolta con gioiosa gratitudine. Ma il collega non si accontenta del mio entusiasmo. È curioso di conoscere le concretizzazioni e le nuove prassi ecclesiali ispirate dalla Evangelii Gaudium. Aggiungo che in Diocesi l’esortazione apostolica è stata oggetto di interessanti conferenze e dibattiti. Ma posso dire, in verità, che in me e nei miei fratelli ha prodotto un cambio di mentalità? Devo riconoscere che resta molta strada da fare. C’è bisogno – letteralmente – di tanta sinodalità (strada da fare insieme).
Ogni anno che inizia è carico di grazie particolari, accolto dall’entusiasmo di tanti. Ci sono momenti nei quali si percepisce tutta la bellezza di essere Chiesa. Domenica 24 settembre alle ore 16 in Cattedrale a Pennabilli si terrà una celebrazione carica di contenuti. Anzitutto sarà la “festa del rientro” dopo la pausa estiva, poi si celebrerà il Mandato agli operatori pastorali col lancio del programma annuale. In questo contesto prenderà ufficialmente il via la Visita Pastorale del Vescovo alle parrocchie, a partire dal vicariato di San Marino. Tutti avvenimenti che girano attorno ad una idea forza: «Con la gioia del Vangelo nella città degli uomini». Il programma pastorale può essere spiegato con tre icone bibliche: le ossa aride che il profeta Ezechiele vede ricompattarsi e rivivere, il Signore sulle rive del Giordano che annuncia la conversione, la bellezza della sposa del Cantico dei Cantici, figura di una Chiesa attrattiva.
Ezechiele non vede davanti a sé che ossa aride. Alla domanda di Dio su queste ossa, risponde con scetticismo. Dio allora lo manda ad invocare lo Spirito dai quattro venti. Ezechiele assisterà al prodigio. «“Figlio dell’uomo, queste ossa sono tutta la gente d’Israele. Ecco, essi vanno dicendo: Le nostre ossa sono inaridite, la nostra speranza è svanita, noi siamo perduti. Perciò profetizza e annunzia loro: Dice il Signore Dio: Ecco, io apro i vostri sepolcri, vi risuscito dalle vostre tombe, o popolo mio, […]. Farò entrare in voi il mio spirito e rivivrete; vi farò riposare nel vostro paese; saprete che io sono il Signore. L’ho detto e lo farò”» (Ez 37,11-14).
La seconda icona a cui ci riferiamo è l’evento della predicazione inaugurale di Gesù: «Dopo che Giovanni fu messo in prigione, Gesù si recò in Galilea, predicando il vangelo di Dio e dicendo: “Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al vangelo”» (Mc 1,14-15).
La conversione personale precede e accompagna la conversione comunitaria e pastorale, ma è anche vero che il proposito serio di cambiamento formulato dalla comunità sostiene e incoraggia l’adesione di ciascuno. L’adesione sincera al Signore, l’averlo come centro ed unico riferimento, relativizza i problemi e i singoli punti di vista, fa emergere quello che unisce ed è essenziale.
La conversione è compito dell’uomo, ma è resa possibile dal dono di Dio. Dunque, non è anzitutto una decisione titanica della volontà dell’uomo, ma risposta all’appello di Gesù. In alcune pagine della Bibbia si registra un certo scetticismo dei profeti di fronte alla possibilità della conversione: «Può un Etiope cambiare la pelle o un leopardo le sue macchie? Allo stesso modo, potrete fare il bene anche voi abituati a fare il male?» (Ger 13,23). Dobbiamo ammettere che qualche forma di rassegnazione è anche in noi!
Ci lasciamo persuadere dalle parole di Francesco che nell’Evangelii Gaudium ci mette in guardia dalle tentazioni possibili: l’accidia egoistica, il pessimismo sterile, la mondanità spirituale, la guerra tra noi, etc. (cfr. EG 76-109).
In concreto che cosa significa per la nostra Chiesa “fare il passaggio” della conversione? Da dove? Verso che cosa? Questa l’avventura entusiasmante del nuovo anno pastorale.
Nell’Apocalisse Giovanni canta la Chiesa come sposa, «la sposa dell’Agnello». La descrive luminosa, raggiante, senza ruga né macchia, pronta per le nozze (cfr. Ap 21). Sorprendentemente il Concilio di Trento quando vuole descrivere la Chiesa nella sua unità ricorre ad un versetto del Cantico dei Cantici (cfr. Ct 6, 4), paragonandola alla bellezza della sposa che con il suo fascino è forte come un esercito schierato (acies ordinata): la sua bellezza è la sua unità (cfr. Concilio di Trento, Sessione XXIII, Cap.4)!
Le proprietà essenziali della Chiesa sono quattro: una, santa, cattolica e apostolica. Quando la si contempla nel suo mistero umano-divino non può che apparire come bellezza. Così la descrive il Vaticano II. Tocca alla responsabilità nostra mostrarne la bellezza nei riti, nelle relazioni fraterne e – perché no? – nei volti!
Tre icone e tre parole connesse tra loro: profezia, conversione, bellezza. Così la Chiesa secondo papa Francesco.

+ Andrea Turazzi