Creazione e battesimo nella Cappella Sistina

Michelangelo Buonarroti, Separazione della terra dalle acque, 1511-1512 circa, affresco, 155×270 cm, Cappella Sistina, Musei Vaticani, Città del Vaticano (Roma)

Nella stupenda narrazione biblica della volta della cappella sistina, Michelangelo narra il secondo giorno della creazione (e parte del terzo) in prospettiva battesimale. Se il primo giorno corrisponde al giorno del Signore ed è il giorno della Luce, il secondo si collega alla santificazione delle acque (quindi al Battesimo di Cristo nelle acque del Giordano) e alla separazione delle acque dalla terra, ovvero all’opera di santificazione che è distinzione fra sacro e profano, fra realtà celesti e realtà terrestri. Nella prima scena della campata, Dio Padre occupa tutto lo spazio affrescato ed è ritratto nella medesima postura che assunse l’artista durante la decorazione della Sistina. Questo primo affresco si trova proprio sopra l’altare della celebrazione e commemora il Dio creatore della luce. Al lato opposto della campata, invece, nella scena della separazione delle acque, si vede Dio ritirarsi progressivamente per lasciare spazio alla creazione. La figura del creatore, infatti, nelle due scene centrali che raccontano la creazione degli astri e delle piante, si fa progressivamente più piccola. Questo si accorda con la tesi rabbinica dello Tzimtzum per la quale se Dio non si ritraesse volontariamente lasciando posto al creato, Egli riempirebbe ogni cosa in modo assoluto. Nel nostro affresco Dio vola nel suo cielo tendendo le braccia e benedicendo, in una posa analoga a quella del sacerdote che, proprio sotto, nell’area presbiterale sta celebrando. Il manto, gonfiandosi, forma una sorta di mandorla, antico simbolo della vita. Le acque terrestri custodiscono fecondità e vita, esse tuttavia possono essere anche simbolo di morte; nelle acque celesti, invece, ecco già rivelarsi la promessa di una Redenzione, la vittoria della vita sulla morte. Dio afferma così il suo totale dominio sulla vita e sulla morte e la sua volontà salvifica per l’uomo e per la creazione. Se il dono della vita è una grazia divina senza precedenti, il segno di una predestinazione alla comunione con Dio, il Battesimo sigilla la certezza di questo felice esito disinnescando il potere del maligno che vuole, non semplicemente la morte corporale, bensì la più temibile e irreparabile seconda morte. Perciò Dio già all’inizio della creazione, prevedendo da parte dell’uomo il cattivo uso della libertà, prepara un rimedio al peccato. Le mani del Padre aperte in forma di croce annunciano l’avvento del Cristo e il suo sacrificio redentore. La rilettura battesimale di questo secondo giorno della creazione è comprovata dalla presenza di tre angeli, simboli delle tre virtù teologali. Fede, speranza e carità sono l’antidoto al peccato originale che vide l’umanità cadere nella diffidenza verso dio, nella disperazione e nell’egocentrismo esasperato. i doni che dio offre sono virtù, appunto forze virili che, mentre liberano l’anima dai morsi del maligno, rinvigoriscono l’uomo nelle tre dimensioni fondamentali per vivere in pienezza la sua felicità e dignità: la fiducia, la positività dell’esistenza e l’amore. Questi due primi affreschi raccontano i simboli centrali della Veglia Pasquale, Madre di tutte le Veglie, e del Battesimo: luce e acqua. Se il battesimo è detto anche lavacro di rinnovazione nello Spirito Santo (Tt 3,5), è detto però anche illuminazione. Nel primo caso, come ricorda il catechismo al n. 1218, perché «fin dalle origini del mondo l’acqua, questa umile e meravigliosa creatura, è la fonte della vita e della fecondità. La Sacra Scrittura la vede come “covata” dallo Spirito di Dio: Fin dalle origini il tuo Spirito si librava sulle acque perché contenessero in germe la forza di santificare». Nel secondo caso, con la parola illuminazione al numero 1216 del catechismo si dichiara: «Coloro che ricevono questo insegnamento [catechistico] vengono illuminati nella mente. Poiché nel Battesimo ha ricevuto il Verbo, “la luce vera che illumina ogni uomo” (Gv 1,9), il battezzato, dopo essere stato “illuminato”, è divenuto “figlio della luce” e “luce” egli stesso (Ef 5,8)».

suor Maria Gloria Riva, giugno 2020