Dentro la luce di San Giuseppe

Natività a Betlemme (Naissance à Bethléem) Arcabas, Bruxelles, Palais archiépiscopal de Malines, (1995 – 1997) Olio su tela – 87 x 106

Lasciamo per un attimo il percorso dei nostri due discepoli di Emmaus ed entriamo nel vivo del periodo natalizio che stiamo vivendo. Arcabas ci regala una stupenda scena natalizia che ha come protagonista San Giuseppe. Ci è sembrata molto appropriata per questo Natale, illuminato dalla decisione del Santo Padre di dedicare un anno a San Giuseppe per commemorare l’anniversario del 150° anno dalla dichiarazione di San Giuseppe Patrono della Chiesa universale.
Si potrà acquistare l’indulgenza alle solite condizioni della Chiesa anche semplicemente riflettendo sul Padre nostro per una mezz’oretta o dedicando una mattinata alla riflessione di un brano che parli di Giuseppe. Questa bella opera di Arcabas potrà contribuire allo scopo di riflettere su questo nostro grande padre.
Era buia e difficile la strada che fecero Giuseppe e Maria nei giorni precedenti la nascita di Gesù. Un cono d’ombra, infatti, inquadra la scena della natività a sinistra dell’opera quasi a sottolineare l’oscurità del cammino, illuminato dalla solerte custodia di san Giuseppe e dalla sua fede sincera.
Papa Francesco nella sua lettera apostolica Patris Corde (su san Giuseppe appunto) cita un bel passo di San Paolo VI: la paternità (di san Giuseppe) si è espressa concretamente «nell’aver fatto della sua vita un servizio, un sacrificio, al mistero dell’Incarnazione e alla missione redentrice che vi è congiunta; nell’aver usato dell’autorità legale, che a lui spettava sulla sacra Famiglia, per farle totale dono di sé, della sua vita, del suo lavoro; nell’aver convertito la sua umana vocazione all’amore domestico nella sovrumana oblazione di sé, del suo cuore e di ogni capacità, nell’amore posto a servizio del Messia germinato nella sua casa.
Nel contesto del nostro percorso sulla missione San Giuseppe emerge come il missionario in casa sua. Quello che non ha fatto grandi cose: opere sociali; dispute sul mistero teologico del figlio suo ecc. San Giuseppe è l’uomo che c’è. Che è sempre dove deve essere, che risponde alle domande provocatorie dei calunniatori e degli increduli con la sua presenza stabile e salda. Egli ci chiama a una missione per così dire ad intra. Dentro le nostre case, dentro le nostre famiglie dentro persino le nostre anime, talora lontane dalla verità dei misteri che andiamo celebrando. Ed è proprio lui che qui ci introduce nel mistero dell’Incarnazione del quale si è fatto padre e custode. Egli è tutto infiammato dalla candela che regge tra le mani e appare proprio come il Custode della nostra fede che, in questo tempo di prova e di pandemia, ci mostra la via verso la salute somma che è Cristo. Dorme il Bambino, fra le braccia di sua Madre, unico porto davvero sicuro in un mondo di peccato.
Oscuri come la strada verso Betlemme sono anche l’asino e il bue. I due popoli che rappresentano (gli ebrei, il bue, e i gentili, l’asino) si sono fatti vicini nell’attesa del Salvatore: Gesù azzera le distanze e rende evidente all’uomo, ad ogni uomo, quanto bisogno abbia di salvezza. Anche noi oggi, azzerate le distanze attraverso i mezzi di comunicazione sociale, ci siamo fatti più vicini. Ma, costatata la fragilità dei nostri sistemi, facilmente messi in crisi da una Pandemia virale, siamo diventati più consci del bisogno che abbiamo di salvezza.
Così ci accodiamo, timidamente coccolati dal tepore della fede di Giuseppe, per scoprire il Mistero. C’è un inno poco noto, di Rito bizantino, simile all’altro Inno mariano ben più famoso, detto Acatisto di san Giuseppe, che di lui canta così: “Vedendo nella mangiatoia di Betlemme la Stella che risplendeva da Giacobbe, hai adorato per primo il Neonato; e quando il cielo Gli ha offerto una stella, gli angeli inni, la testimonianza dei pastori e l’adorazione e i doni dei Magi, tu, o giusto Giuseppe, hai offerto tutto te stesso come dono al Signore, dedicando la tua vita, le tue cure e le tue fatiche al Suo servizio”.
Egli ha offerto se stesso a Colei che, l’altro Akatisto acclama: “A Te che ha fatto germogliare la spiga divina, come terreno non arato, secondo la Provvidenza, ave, mensa spirituale, che contieni il pane della Vita”. Dietro la Madre, teneramente addormentata con in braccio il suo divin Figlio, una teoria di angeli, simile al saliscendi degli angeli ammirato dal patriarca Giacobbe, formano con le ali l’immagine di una spiga. Davvero Gesù è la spiga divina germogliata nella terra di Maria. Maria è creatura, benché preservata dal peccato per la sua missione di Madre di Dio, rimane una creatura, come noi. Ma dal suo grembo verginale ecco germogliare una spiga senza pari, una luce di gloria, la vera Luce: Cristo Gesù.
Come sono belli Madre e figlio dormienti! Quasi ignari del tumulto del mondo, eppure misteriosamente al centro della lotta. Come nel ciclone, dove l’occhio è immobile e calmo, così qui il Principio e la fine dell’universo è calmo e placido in braccio a sua madre, respira già del riposo dell’eternità, mentre il mondo fuori, quello del Cesare di allora e del XXI secolo oggi, è in totale subbuglio.
San Giuseppe pensoso, pare dirci che agitarsi non serve, serve piuttosto la fede, calma e serena pur nella certezza della gravità dell’ora; serve la speranza e serve muovere i passi nella carità. Allora si riposerà nella barca di Pietro come Gesù nell’ora della tempesta.
Il punto di luce attorno alla Madre e al Suo bambino è affidato alla paglia. Nei momenti difficili prendono lucentezza i gesti quotidiani, le cose semplici come la paglia. Si spengono un po’ i riflettori e rimane la gioia dei rapporti famigliari, intimi fraterni.
Così unendoci idealmente al gioioso canto di Giuseppe anche noi sciogliamo le corde dell’anima ed esultanti inneggiamo: O giusto Giuseppe! Eletto protettore della Santissima Vergine Maria, maestra e nutrice dell’Uomo-Dio: glorificando il tuo servizio al mistero ineffabile dell’Incarnazione di Dio Verbo, ti dedichiamo inni di lode.
suor Maria Gloria Riva, gennaio 2021