“Di carne e di cuore” (Dicembre 2016)

Le viscere materne della Chiesa, culla del verbo incarnato.

La ricerca del Volto di Dio, carisma specifico delle contemplative (Convegno Vita consacrata, 28.10), non è desiderio esclusivo di chi vive “nel silenzio della clausura” (Vultum Dei quaerere): il Natale ormai prossimo, ricco dei frutti del Giubileo appena concluso, è per ogni cristiano contemplazione della Misericordia del Padre, che toccherà l’apice a Gerusalemme nella Pasqua del Figlio. “Il criterio dell’amore cristiano è l’incarnazione del Verbo” (11.11): Cristo stesso, “con il suo stile di vita e con le sue azioni” (Dives in misericordia), ci mette al riparo dalle seducenti “ideologie che tolgono alla Chiesa la carne di Cristo”, presentandoci spesso il “triste spettacolo di un Dio senza Cristo, di un Cristo senza Chiesa e una Chiesa senza popolo” (21.10). “Chi vuole amare non come Cristo ama la Chiesa”, la sua “Signora” (cfr. 2Gv 1,3-9), rischia di cadere nella “cultura che esalta l’individualismo narcisista, una concezione della libertà sganciata dalla responsabilità per l’altro, la crescita dell’indifferenza verso il bene comune, l’imporsi di ideologie che aggrediscono direttamente il progetto famigliare” (11.11), frutti del “laicismo… che ci ha lasciato in eredità l’illuminismo” (Svezia – Ritorno, 01.11).
Il motto papale, Miserando atque eligendo, scelto come titolo del Convegno di pastorale vocazionale (21.10), ricorda che “la chiamata del Signore”, che non avviene “a seguito di una conferenza o per una bella teoria”, “ci tira fuori dall’angustia del nostro piccolo mondo e ci fa diventare discepoli innamorati del Maestro”. Chi non avverte la sua condizione di miserando, di creatura affamata di libertà, di speranza (Giubileo dei carcerati, 06.11 – Udienza, 09.11), di pace vera, “che per noi cristiani è iniziata in una stalla di una famiglia emarginata” (Giubileo persone socialmente escluse, 11.11), smette di “ricevere il mondo” dalle mani di Dio: “incomincia a fare lui il creatore di un’altra cultura, ma propria, e occupa il posto di Dio creatore. E nella secolarizzazione prima o poi si arriva al peccato contro il Dio creatore: l’uomo autosufficiente” (01.11).
Francesco fa sue le parole di San Giovanni Paolo II del 22 ottobre 1978 all’apertura del suo pontificato: “Non abbiate paura! […] Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo”, invito che “si è trasformato in un’incessante proclamazione del Vangelo della misericordia per il mondo e per l’uomo, la cui continuazione è quest’Anno Giubilare” (22.10). La paura ci rende schiavi del potere (Ai Movimenti pop., 05.11); la paura “chiude”, come ha avuto occasione di ricordare il Papa negli incontri ecumenici delle ultime settimane del Giubileo, conclusosi con la Solennità di Cristo Re. La verità che porta all’unità, “senza sincretismi concilianti”, è Cristo. Se sul sacerdozio femminile Papa Francesco ha ribadito le posizioni di Giovanni Paolo II, specificando che “nella ecclesiologia cattolica ci sono due dimensioni: la dimensione petrina, che è quella degli apostoli – Pietro e il collegio apostolico, che è la pastorale dei vescovi – e la dimensione mariana, che è la dimensione femminile della Chiesa” (01.11), i temi unificanti sono la misericordia stessa e le sue opere a favore, tra gli altri, degli esseri umani vittime della “tratta” (Udienza interrelig., 03.11; Santa Marta Group, 27.10; ); la cura del creato, la solidarietà ai cristiani perseguitati, con particolare attenzione a quelli di Aleppo, il cui Vescovo Antoine era presente all’evento ecumenico svedese del 31 ottobre, e di Mosul (Angelus, 23.10; Malmö – Svezia, 31.10 e Dichiarazione Congiunta cattolico-luterana, 31.10; Plenaria del P.C.Promozione Unità dei Cristiani, 10.11); e, non ultima, la Sacra Scrittura. Nella fatica, nella paura, nel disorientamento che può cogliere il cristiano, spesso bersaglio privilegiato di una cultura anticristiana, vanno riscoperti “il silenzio dell’adorazione”, la preghiera “in ginocchio” che Paolo insegnava agli Efesini per “essere potentemente rafforzati” dal Padre “nell’uomo interiore mediante il suo Spirito”: Paolo “non solo prega, adora questo mistero che supera ogni conoscenza” e chiede questa grazia “a colui che tutto ha in potere di fare molto più di quanto possiamo domandare o pensare secondo la potenza che opera in noi: a lui la gloria nella Chiesa in Cristo Gesù per tutte le generazioni” (20.10).
Monache dell’Adorazione Eucaristica – Pietrarubbia