Ecco la visita pastorale: conversione, vocazione, missione (Novembre 2017)

 

Il cuore è il cuore! E i sentimenti non sono estranei alla fede e all’esperienza ecclesiale. Da dove cominciare se non da qui per riferire qualcosa della Visita Pastorale in corso? Arrivo la sera del lunedì: la chiesa parrocchiale è gremita di fedeli e piena di luci. C’è clima di festa: per questo ho messo l’abito corale di colore rosso. Dal momento della partenza da Pennabilli – sede vescovile – fino a destinazione non faccio che pensare alle visite degli apostoli alle prime comunità cristiane. Sono fresco di lettura degli Atti degli Apostoli. Le comunità, allora come oggi, non erano desiderose che di conoscere Gesù. L’apostolo racconta, ogni volta come la prima, il suo incontro col Maestro, poi il cammino e le soste con lui. Gli ascoltatori sono pieni di curiosità: vorrebbero sapere tutto di Gesù, non solo le parole e i miracoli, ma anche i dettagli – per chi ama, i dettagli non sono mai trascurabili! – ad esempio com’era la sua veste, com’era l’erba quando furono sfamati i cinquemila, quanti erano i pesci nella pesca miracolosa… L’apostolo racconta, prodigo di particolari. Gli Atti narrano di un incontro che si era protratto fino a notte e di un ragazzo che si addormentò e cadde dal davanzale.
Io, ultimissimo nella catena apostolica, resetto i temi e gli argomenti che mi sono appuntato, ho tante idee in testa… Preferisco parlare di Gesù, raccontare della sua risurrezione, dell’effusione del suo Spirito, della sua presenza quando la comunità è riunita nel suo nome. Ho un breve ma intensissimo trasalimento: ma io che cosa so di Gesù? Ho fatto studi di Teologia, sono stato perfino iniziato alle lingue antiche per leggere senza traduzioni le Sacre Scritture, ho ascoltato molti maestri, ma ho incontrato veramente il Signore? Scendo dall’automobile parcheggiata sul sagrato. Il parroco con i ministri mi viene incontro e mi porge un crocifisso da baciare. Un gesto semplice: mi ricorda che solo Gesù è il pastore; anch’io sono pecorella del suo gregge. Mi ritornano alla mente le parole evangeliche: «Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi!» (cfr. Gv 15,16).
Varco la soglia e salgo la navata verso l’altare. Solo Gesù conta, ma la gente, mentre passo, si aspetta la benedizione e certamente non immagina che è lei ad aiutare il Vescovo nella sua missione e ad infondergli coraggio. Le letture d’inizio Visita Pastorale aiutano tutti a comprendere la natura della Chiesa. Il Signore l’ha voluta come tempio di pietre vive, come sua vigna, suo corpo, sua sposa. Sono giorni nei quali i media ripropongono le debolezze di uomini di Chiesa, le sue politiche discutibili o sbagliate e il suo calo di incidenza nella società. Eppure è il popolo che custodisce la presenza del Signore. E il Signore non ha orrore degli uomini: tende continuamente la sua mano alla sposa perché si rinnovi e torna a mandarla tra la gente con la gioia del Vangelo, come la donna di Samaria che, tornata dal pozzo, non parlava che di Lui.
Ai lettori ripropongo una memorabile visita pastorale narrata dal Manzoni nei Promessi Sposi. Una perla di quella visita fu l’incontro fra il cardinal Federigo e l’Innominato. Tutto comincia con il progetto malvagio dell’Innominato nei confronti di Lucia Mondella, un progetto che si tramuta in tormento interiore. Una notte di lotta e poi, al mattino, il suono delle campane che inondano la valle. C’è un popolo che si raduna festoso. L’Innominato – qui è certamente la grazia che ha l’iniziativa – scende, col suo tormento, ad incontrare il Cardinale. Ecco il celebre dialogo: «Dio, Dio, se lo vedessi! Se lo sentissi! Dov’è questo Dio?». E il Cardinale: «Voi me lo domandate? Voi? E chi più di voi l’ha vicino! Non ve lo sentite in cuore che v’opprime, che v’agita, che non vi lascia stare e, nello stesso tempo, vi attira, vi fa presentire una speranza di quiete» (cfr. A. Manzoni, I promessi sposi, cap. 23).
Alla pazienza dei lettori confido altri due racconti di visite pastorali, infinitamente più “casalinghi”. Il primo. Il vescovo vuole al centro della sua visita l’appuntamento coi giovani. Ma in quella parrocchia, pur popolosa, non vi è alcun gruppo giovanile. Il parroco da tempo ha lasciato perdere queste pecorelle del suo gregge. Si fa coraggio, va al bar centrale, offre da bere ad un gruppo di giovanotti e li prega di fare “presenza”. Si tratta di riempire il teatrino della parrocchia. Uno di loro si intenerisce per il suo vecchio parroco e sfida gli amici: «Andiamo! Con un’oretta ce la caviamo…». Il vescovo, davanti a quella platea di giovani, si accalora e dà il meglio di sé. Da allora quel giovanotto reimpara il vialetto che porta alla chiesa. È un metalmeccanico con la terza media. Alla fine entra in seminario. Prende la maturità liceale e, dopo il percorso teologico, diviene sacerdote. Ora è parroco-abate di una importante comunità. Conversione, vocazione, missione! Il secondo racconto è ancor più ingenuo. Altro il vescovo, altra la parrocchia. Secondo programma il Vescovo fa visita ad alcune famiglie. Entrato in una casa, l’occhio episcopale, ad un tratto, si fa severo; alla vista dell’albero di Natale non trattiene la sua disapprovazione (altri tempi!): «Lo detesto». La mamma accompagna il Vescovo nel sottoscala, tira una tendina. C’è un altarino con fiori, addobbi e odore acre di candeline appena spente. È uno dei suoi figli che gioca a fare il… prete! Il Vescovo va all’attacco, la mamma resiste. Alla fine quel bambino entra in seminario e diventerà vescovo! Attenzione: non tutte le visite pastorali finiscono così! Ma non c’è dubbio: la fede e la consapevolezza di essere Chiesa si risvegliano.
+ Andrea Turazzi