Fare Sinodo o essere Sinodo?

Inizia un cammino sinodale di rinnovamento

Il 16 ottobre è da segnare come data importante per tutta la Diocesi: alle ore 21 nella chiesa di Murata (RSM, via don Bosco 12) ci si metterà in preghiera per iniziare il Cammino Sinodale con tutta la Chiesa. Immaginare di essere nel Cenacolo non è fuori dalla realtà. Nel caso ci fosse qualcuno non abbastanza informato, è bene fornire qualche precisazione. Sinodo è parola greca (syn-odos) che significa “fare strada insieme”. Di per sé la parola è usata per indicare le assemblee dei vescovi che si riuniscono per affrontare problemi, dare orientamenti, trovare risposte di fede, di pastorale, di disciplina. Ma il suo significato è più ampio: la sinodalità è una dimensione permanente nella vita e nella missione della Chiesa, particolarmente approfondita in questi ultimi anni. Un tempo la si viveva e non se ne parlava. Oggi ne parliamo per prenderne maggiormente coscienza e per viverla come strada da percorrere per il rinnovamento della nostra Chiesa. La dimensione sinodale si esprime attraverso la convocazione dei Sinodi (come quello della Chiesa universale che avrà il suo culmine nell’Assemblea Generale nell’ottobre 2023 e al quale, in qualche modo, partecipiamo tutti). Il Programma della nostra Diocesi fa suo il Cammino Sinodale. La sinodalità non è una esperienza nuova: la stessa programmazione pastorale ha lo stile del “camminare insieme”.
“Il fatto” può essere visto da fuori. Molti non se ne accorgeranno neppure. Qualcuno liquiderà l’evento come uno dei tanti rischi a cui papa Francesco va incontro col mettere la Chiesa in stato di ascolto. Per qualcun altro è la scoperta di una parola del tutto sconosciuta sino ad ora, ma si aspetta novità e cambiamenti e si prepara ad assistere a scontri o all’affermarsi di maggioranze. I più accorti e benevoli saluteranno l’evento come un tentativo della Chiesa di rinnovarsi, ricompattarsi e ripartire dopo il Covid-19. “Il fatto” visto da dentro segna un momento decisivo per fare il punto su come si vivono le relazioni dentro le nostre comunità, sul modo di fare le cose, e cioè: ascoltando, responsabilizzando, valorizzando tutti. Persino le tabelle di marcia, la “somministrazione” dei questionari, le scadenze fanno percepire e vivere concretamente il camminare insieme. Il Cammino Sinodale costituisce un cono di grazia e di luce per una comunione più profonda e per una vera conversione pastorale. Tutto dipenderà dalla capacità di sapersi mettere in gioco e soprattutto in ascolto.
L’augurio è che riusciamo a fare nostri gli atteggiamenti che troviamo in questa preghiera: «Saper creare spazio in me, ma per l’altro… Nello scambievole abbraccio nessuno resterà intatto, perché ognuno arricchirà l’altro e ambedue resteranno se stessi».
Nella Veglia di sabato 16 ottobre si invocherà lo Spirito Santo sui “Gruppi Sinodali” che andranno costituendosi. Sono da considerare “Gruppi Sinodali” anzitutto i Consigli Pastorali Parrocchiali. A questi sono da aggiungere gruppi di ascolto espressione di ambienti di vita: la cura di questi “Gruppi Sinodali” è affidata ai “facilitatori” che si rendono disponibili. Nella Chiesa e nella società siamo sulla stessa strada fianco a fianco: compagni di viaggio. Metodologia di lavoro e nuclei tematici verranno presentati nel corso della Veglia. Al di là dei temi di ascolto e confronto, al di là dell’organizzazione, è importante l’esercizio stesso della sinodalità: “essere sinodo” più che “fare sinodo”. È indispensabile partire da una visione spirituale. “Spiritualità” è da intendersi come lo stare sotto l’azione dello Spirito Santo: conditio sine qua non per il compimento del Cammino Sinodale. Si tratta di una postura che potrebbe sfuggire a chi guarda da fuori od essere persino sottovalutata. Iniziare col mettersi in ginocchio può apparire una debolezza, una dichiarazione di impotenza, una implorazione di soccorso; in realtà è un gesto di verità, di coraggio e una testimonianza di fede. Allo Spirito e alla sua azione la comunità cristiana si consegna con infinita fiducia. Non si entra in Sinodo senza umiltà e apertura all’ascolto. Non dovranno esserci “manovre parlamentari”, schieramenti e affermazione di maggioranze: contraddizione in termini!
L’esercizio della sinodalità consiste nello “scrutare” i segni della presenza di Dio negli avvenimenti che stiamo vivendo, con gli slanci, le tribolazioni, le sfide presenti: è un rimettersi in viaggio accompagnati dallo Spirito presente fra noi. È il momento di osare l’inedito con creatività e passione, più fedeli che mai al “sogno” di Dio: tutti fratelli. Lo Spirito ci parla nella realtà. Se sapremo attivare con sapienza processi di ascolto coglieremo le tracce di profezia sparse persino dentro il caos e il buio che ogni giorno incontriamo. Prima di scendere nel nostro particolare occorre un orizzonte ampio, mettersi in ascolto dell’umanità: siamo di fronte a situazioni di crescente disuguaglianza sociale; in alcune regioni il problema è legato ai flussi migratori, in altre alla violenza, in altre ancora all’intolleranza politica o religiosa, a diverse forme di discriminazione o crescente individualismo. Non possiamo non metterci in ascolto del grido del pianeta. L’ampiezza della crisi della pandemia è legata anche al fatto che “tutto è connesso”. Sappiamo che sono i più poveri e svantaggiati a subire le maggiori conseguenze del “grido del pianeta”.
Dobbiamo saper apprezzare le “antenne” delle nuove generazioni: metterci in ascolto del grido delle nuove generazioni. Giovani, ragazzi e bambini ci interpellano con le loro domande incisive. Occorre cambiare lo sguardo su di loro: non più soltanto oggetto, ma soggetti protagonisti e corresponsabili di relazioni che educano tutti. Su questo sfondo il percorso sinodale ci aiuterà ad “uscire” per farci prossimi, agire insieme, prepararci ad “abbracciare il mondo”. Mentre scrivo queste righe non ho ancora a disposizione il testo dei nuclei tematici con le domande su cui lavorare nei “Gruppi Sinodali”. Tuttavia, posso riferire i titoli riportati nel box a margine. Ogni “Gruppo Sinodale” farà proprio un nucleo tematico. «Essere messi “in domanda” – diceva don Giussani – vuol dire svegliare uno che dorme». Non sarà una stagione di rivendicazioni o di contestazione, ma di raccolta di esperienze, di idee e soprattutto di scoperta delle sorprese suscitate Spirito. Buona strada!

+ Andrea Turazzi, ottobre 2021