“Figli della risurrezione”

Un’appartenenza per amore, nell’amore, d’amore

«Che miracolo la risurrezione di Cristo, ma, a dire il vero, mi sembra più un miracolo la sua morte». Con queste parole il Vescovo si rivolge ai partecipanti al Convegno liturgico-pastorale “La nascita dell’uomo nuovo”. «Trovo ovvio che il Figlio di Dio non venga ingoiato dalla morte e che risplenda vincitore nella sua potenza, ma non trovo ovvio che lui, il Figlio di Dio fatto uomo, passi veramente nella morte. Questo è un miracolo per me. Morte e vita in Gesù sono un unico mistero». «Ebbene – conclude – noi abbiamo disponibile questo mistero: Gesù Risorto è in mezzo a noi e si rende disponibile nel sacramento nel quale dona la sua vittoria, in cui egli prende su di sé la nostra mortalità e apre il traguardo della risurrezione: il Battesimo» (Convegno liturgico-pastorale, Valdragone RSM, 27 ottobre 2019).

«I vescovi, successori degli apostoli, sono soprattutto testimoni della risurrezione». Di per sé – precisa il Vescovo durante la S. Messa per i vescovi e i sacerdoti defunti – non sono maestri di una dottrina, di una filosofia, ma annunciatori di un fatto, un fatto che diventa, poi, la loro dottrina». Il Vescovo Andrea, ripercorrendo la Costituzione Apostolica Lumen Gentium, sottolinea che «ogni vescovo, si potrebbe dire, imprime qualcosa della propria fisionomia alla Chiesa che gli è stata affidata». Poi, cita San Giovanni Paolo II: «Se Dio mi ha chiamato con queste idee, ciò è avvenuto affinché abbiano risonanza nel mio ministero». «Ma c’è anche un’altra verità – aggiunge mons. Andrea – per la proprietà transitiva: ciascun vescovo riceve tanto dal suo gregge. Potrei raccontare tante testimonianze personali di quanto ho ricevuto in questi anni, quanta luce, quanta affezione, quante idee, quanti propositi, anche quante battaglie…» (Omelia nella S. Messa in suffragio dei Vescovi e dei sacerdoti defunti, Pennabilli, 8 novembre 2019).

Come sarà la vita da risorti? «A chi, come i Sadducei (movimento politico-culturale-religioso del tempo di Gesù), ritiene che la risurrezione sarebbe stata la continuazione, un po’ migliorata, della condizione terrena, Gesù risponde che la vita di risurrezione è una novità nella quale tutto è trasformato, tutto è nuovo, e anche la realtà del matrimonio, in un certo senso, è superata». «Essendo gli uomini immortali, il che non significa asessuati – prosegue mons. Turazzi – non hanno più bisogno di contrarre matrimonio per la procreazione». Ciò, nel passato, ha provocato una certa svalutazione della sessualità e del matrimonio. «Si tendeva, infatti, – chiarisce mons. Andrea – ad identificare la vita di risurrezione con uno stato di vita angelico». «Ma l’essere come angeli non significa – precisa – che la natura dell’uomo venga trasformata nella natura degli angeli. L’uomo risorto non è disumanizzato: noi risorgeremo maschi e femmine davanti a Dio». Ciò che dice Gesù degli uomini, «non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, essendo figli della risurrezione, sono figli di Dio» (Lc 20,36), è il superamento del rapporto sessuale in un futuro in cui la vita è piena e l’uomo ormai è immortale. Non occorre più che l’uomo e la donna si uniscano per attuare «un braccio di ferro con la morte: la morte è sconfitta dalla vita nuova che nasce». Il Vescovo Andrea conclude la meditazione sulla risurrezione specificando che «non apparteniamo ad altri che a Dio, fin da questa terra». Pertanto, «nessuno ha diritto di dire alla donna “la prendo”, “la voglio”, “la uso”, “la possiedo”». «Se c’è un’appartenenza all’altro (è bello appartenere a qualcuno!) – prosegue – non è un’appartenenza di dominio e di possesso, ma un’appartenenza per amore, nell’amore, d’amore». Un messaggio importante per la nostra società in cui accadono tanti episodi di prepotenza e violenza sulle donne, in cui prevale una cultura che tende a dissociare il corpo dalla persona, una cultura in cui la sessualità, talvolta, viene vissuta senza relazioni autentiche (Omelia XXXII domenica del Tempo Ordinario, Scavolino, 10 novembre 2019).

«Riconosco la preziosità delle donne nella vita e nella missione della Chiesa: nella catechesi, nella carità, nella liturgia, nella evangelizzazione», afferma di nuovo al Convegno liturgico-pastorale. «Vedo le donne accompagnare gli eventi della morte e risurrezione di Cristo. Il Signore ha affidato alle donne l’inizio della vita nuova, come aveva affidato loro la vita nel suo momento più bisognoso di cure». Ad esempio, «sono le donne che compiono le ultime carezze al corpo di Gesù e la preparazione degli aromi. Invece, per Giuseppe di Arimatea e per Nicodemo, il seppellimento era definitivo: ci han messo una pietra sopra!» (Convegno liturgico-pastorale, Valdragone RSM, 27 ottobre 2019).

«L’emulazione come risorsa educativa». Questo il tema della “Settimana dell’educazione” che anche quest’anno la Diocesi ha organizzato per confrontarsi con le realtà educative, in special modo la scuola e lo sport, esprimendo autentica vicinanza, pur nel rispetto dei ruoli, sostegno e collaborazione. «Fin da quando si è piccoli si tende ad imitare, prima di tutto i genitori e i maestri, poi il confronto avviene con i coetanei e si guarda ai campioni dello sport, ai personaggi della tv, ai compagni più grandi». Con queste parole il Vescovo spiega la scelta della tematica di quest’anno. «Ma l’emulazione – esprime con una certa preoccupazione – da risorsa (imitando s’impara) può diventare pericolo». Occorre saper distinguere i modelli positivi da quelli negativi. «Essere se stessi o la copia di qualcuno?», chiede ai ragazzi delle scuole superiori di Novafeltria. «Conosco personalmente diversi di voi – racconta –, ma so per certo che ognuno è un capolavoro, un pezzo originale, unico e sorprendente. Alcuni fanno fatica a crederci e si rassegnano a copiare, anziché tirar fuori il meglio di sé». Conclude, poi, con questo invito: «Abbiamo bisogno della tua originalità: è la miglior forma di protesta per cambiare e migliorare la nostra società» (Messaggio agli studenti per l’inizio dell’anno scolastico, 18 settembre 2019).

Paola Galvani, dicembre 2019