Gannaio, gelo della fede e le trappole nascoste (Gennaio 2019)

Pieter Brueghel il vecchio (attribuito a Pieter Brueghel il giovane), Passaggio invernale con trappola di uccelli, 1564 (1601?), 39×57 cm, olio su legno, Kunsthistorisches Museum Gemaldegalerie
Si conoscono a causa delle loro riproduzioni. Ce ne sono moltissime: sui calendari, sulle scatole dei biscotti o dei dolciumi, sui fondi delle credenze e degli armadi. Sono i Brueghel, una dinastia di pittori che fece storia nell’arte pittorica dell’Olanda e dell’Europa. Il capostipite, Pieter Brueghel il Vecchio, era detto dei Velluti per l’eccezionale qualità della sua pittura. Non visse a lungo, ma trasmise ai figli tutto il suo sapere. È suo il ciclo dei mesi che così facilmente s’incontra nelle riproduzioni e che lo ha reso noto al mondo intero. Opere analoghe a queste da lui realizzate, ma diverse per taglia e soggetto, si caricano di elementi simbolici e religiosi. Fra queste una, realizzata proprio nello stesso periodo del ciclo dei Mesi, ha per titolo: Paesaggio invernale con pattinatori e trappola di uccelli. Ne esistono diverse versioni e quella che prendiamo in esame è, per alcuni, attribuibile al figlio di Brueghel, ovvero Pieter Brueghel il Giovane. Il paesaggio invernale rimanda al mese di Gennaio, la stagione inclemente sospende ogni tipo di lavoro nei campi e il sostentamento è affidato alle fiere e ai divertimenti. Era stato un inverno rigidissimo quello del 1564/65, Pieter Brueghel era vicino alla morte, ma non lo sapeva (morirà nel 1569), e forse volle immortalare questo inverno impietoso che aveva salutato l’anno nuovo con un gelo straordinario e abbondanti nevicate. Tutto questo si prestava, com’era del resto frequente nel XVI secolo, a un’interpretazione allegorica della realtà. L’uomo in generale, ma in particolare l’uomo devoto, è come un pellegrino che si trova ad attraversare una vita costellata di pericoli. Scivolare è facile quando le strade sono ghiacciate e procacciarsi del cibo, pure. La tentazione è quella di evadere dalle responsabilità e darsi a un godimento immediato poiché come direbbe il poeta: del diman non c’è certezza. Niente, del resto, più del mese di gennaio, tradizionalmente inteso come inizio dell’anno, si presta a bilanci e a esami di coscienza. Nel paesaggio qualcuno non si dà per vinto e lavora, ma sono solo pochi: uno ha tentato di pescare, ha intagliato nel ghiaccio un buco, ma la barca si è riempita di neve e, dunque è stato costretto a tornare a riva. Ora l’imbarcazione serve solo a far giocare i bambini. Un altro è uscito di casa per cercare legna da ardere e riscaldarsi. Da nessuna delle case, in effetti, esce fumo, quasi a indicare la gravità della situazione. Un altro, all’estrema sinistra del dipinto, forse tenta ancora di cercare del pesce, forando un punto diverso del fiume gelato. I più però si danno alla pazza gioia, sono spensierati nel pattinare sulla distesa ghiacciata e addirittura giocano, del tutto ignari dell’apertura nel ghiaccio che potrebbe inghiottirli da un momento all’altro. Alcuni corvi in primo piano sull’albero sembrano presentire la tragedia e sono allertati in attesa di una vittima con la quale sfamarsi. Ma il pessimismo olandese giunge al culmine in due passaggi dell’opera. In primo piano, a destra del dipinto, una rudimentale trappola per uccelli fa bella mostra di sé. Un uomo ben appostato nel suo capanno sta aspettando il momento opportuno per tirare la corda e intrappolare, schiacciandole, le sue piccole vittime. Una scena che carica di drammaticità quella principale dei pattinatori. Gli uni e gli altri (uccelli e pattinatori) non s’avvedono del pericolo incombente e saltellano divertiti laddove dovrebbero tremare per il pericolo. Così è il peccato e l’insidia del male: rendono innocuo ciò che ci uccide e Brueghel, con i suoi contemporanei, mette in guardia anche noi, onde evitare d’esser sorpresi dal laccio dei cacciatori o dalle scivolate mortali. L’altro elemento fortemente simbolico sono le chiese. Sono due: una solida in mezzo al villaggio, l’altra sullo sfondo immersa nella nebbia. Il paesaggio corrisponde a un luogo reale del Barbante, il villaggio di Fed Saint Anne vicino a Diben e, sullo sfondo, la Tower Hall e la Cattedrale della città. Lo sguardo panoramico sconfinato ha lo scopo di rendere universale il sentimento di smarrimento e di pericolo. Non ci sono luoghi sicuri o preservati dalla tentazione. Ovunque è possibile vivere incuranti del pericolo incombente purtuttavia (e questa è la speranza) nessuno vive privo degli aiuti necessari. Così in un semplice paesaggio ecco nascosto un insegnamento grande: sì la vita è piena di pericoli. Sono spesso nascosti in gesti e abitudini apparentemente innocue, ma l’uomo che desidera la verità la può trovare in punti di riferimento certi. Nella voce di Dio che resta salda anche tra le nebbie e i geli spirituali.
suor Maria Gloria Riva