Il Banchetto nuziale (Maggio 2019)

Pieter Bruegel il vecchio, Il Banchetto nuziale, 1568 circa (114×164 cm), olio su tavola, Kunsthistorisches Museum, Vienna
Maggio è il mese di Maria, ma anche il mese privilegiato dei matrimoni. Il lavoro grosso nei campi iniziava verso la fine del mese, perciò la devozione contadina, trovava all’inizio di maggio il periodo più conveniente per le feste di nozze. Bruegel ci permette di entrare indisturbati dentro un grosso fienile, ancora sgombro del fieno (che vede da giugno o massimo dalla fine di maggio il primo taglio), ove si svolge un banchetto nuziale. Non è una sala occasionale: lungo la parete centrale, sopra un dossale di legno sono affisse alcune icone mariane e locandine con lunari e bollettini di guerra. I tempi sono difficili: la Riforma, che crea spaccature e conflitti tra la gente e le truppe spagnole del Duca d’Alba, ha gettato i borghi nel terrore. Qui però si respira sicurezza tant’è che la gente si accalca alla porta, volendo entrare. Nei villaggi poveri, dove la fame era di casa, l’occasione per mangiare un buon pasto gratuito non era certo da perdersi. Il freddo poi, che nella stagione primaverile a tratti si fa ancora sentire, rende un buon piatto caldo assai gradito. Lo stipite della porta d’ingresso disegna una grande croce e sopra s’intravvede, dentro una piccola botte, un piccione, riferimento a quella Pentecoste che, cadendo spesso in maggio, assicura ai cristiani in generale, ma agli sposi in particolare, assistenza e consolazione. Perché siano letti correttamente questi simboli nascosti l’artista lascia cadere distrattamente in primo piano una piuma di pavone, simbolo questa volta di risurrezione. Insomma sono le ultime battute del tempo pasquale e il banchetto umano è occasione di rimando a un banchetto più grande, quello promesso dal Salvatore. Ogni nuova unione evoca le nozze di Cana, dove il vero sposo è Gesù e la Sposa è la Chiesa, identificata dalla fede nella Vergine Maria. Così, come nelle Madonne d’oltralpe, la sposa ha dietro alle spalle un pallio verde e, quasi separata dallo svolgimento festoso in atto, resta serena e tutta presa dalla sua interiorità. Appesa al pallio ecco una corona rudimentale di carta, che rileva la povertà della famiglia coinvolta nelle nozze. Accanto alla sposa ci sono i genitori impegnati a far gli onori di casa. Il padre sembra avere davanti la brocca dell’acqua e guarda in direzione di chi sta mescendo della buona birra. Lo sposo, come vuole la tradizione fiamminga, serve a tavola ed è probabilmente l’uomo ben abbigliato, in abito verde come la sposa, che sta riempiendo le brocche di lambic, una birra di frumento a fermentazione naturale. Qualcuno riconosce piuttosto lo sposo nell’uomo col berretto rosso che, seduto a tavola, sta servendo le portate ai commensali. In realtà a ben guardare l’uomo in abito verde ha la stessa espressione, serena ma enigmatica, della sposa. Tra i due, passa un’intesa che va oltre gli elementi in scena e si colloca su un altro piano. La stessa birra rievoca Santa Brigida d’Irlanda (patrona del Belgio) la quale viene celebrata nel Breviario di Aberdeeen, come colei che: spillò birra da un solo barile per diciotto chiese, in quantità tale che bastò dal Giovedì Santo alla fine del tempo pasquale.
Il piatto servito è pure discusso. Per qualcuno è polenta, cibo povero che accompagnava però egregiamente tutti i banchetti degni di questo nome, simbolo di amicizia e di condivisione. La polenta riempiendo molto si prestava a essere frazionata. Per altri è una sorta di focaccia di mais servita con formaggio fuso (lo si evince dal vassoio introdotto dall’uomo che entra nella porta d’ingresso principale). In ogni caso di mais si tratta, di un preparato, cioè, che vede nei semi pestati e ridotti a farina un simbolo eucaristico di unità. I due inservienti (forse due convitati volonterosi a giudicare dai copricapi) recano le portate sopra una rudimentale tavola di legno, ossia una vecchia porta. I due suonatori di cornamusa hanno smesso di suonare e, uno dei due, guarda verso un punto imprecisato. Seguendo quello sguardo vediamo un uomo riccamente abbigliato accanto a un frate e a un cane. L’uomo, in cui si riconosce lo stesso artista, siede sopra una botte di vino e si sta confessando. Il cane invece annusa qualche residuo di cibo abbandonato sulla panca. Sono altri elementi che ci portano verso una lettura simbolica di una scena di costume. Non si tratta quindi di mera pittura di genere ma anche di un insegnamento religioso e morale. Brueghel il vecchio ci esorta a non abbandonarsi ai bagordi e agli istinti: nel clima della festa ci deve sempre essere un rimando alla gioia eterna. Proprio come la sposa che nel suo discreto rimando alla Vergine educa il popolo a salvarsi l’anima (la confessione), per godere pienamente di quel cibo spirituale (l’Eucaristia), il quale permette di entrare nella vera festa eterna (la risurrezione).
Suor Gloria Riva