Il cuore giovane di Roma (Dicembre 2018)

Il mese di ottobre ha visto la Chiesa universale concentrata sul Sinodo dei Giovani, provenienti da tutto il mondo: il cammino di preparazione al Sinodo – intitolato “I giovani, la fede ed il discernimento vocazionale” – è durato 2 anni, a partire dalla Chiesa di Roma, e ha visto coinvolti giovani, religiosi e religiose, sacerdoti e laici: il Santo Padre ha voluto che il Sinodo fosse un momento di condivisione, invitando tutti a “parlare con coraggio e con parresia”, integrando cioè “libertà, verità e carità”; nello stesso tempo, ha affermato che “al coraggio del parlare deve corrispondere l’umiltà nell’ascoltare, perché il Sinodo è un esercizio ecclesiale di discernimento e il discernimento è un atteggiamento interiore che ci radica in un atto di Fede. Esso si fonda sulla convinzione che Dio è all’opera nella storia del mondo, negli eventi della vita nelle persone che incontro e che mi parlano”. Per meglio ascoltare lo Spirito, tutti i partecipanti sono stati invitati ad osservare un momento di silenzio di 3 minuti, fra i vari interventi, in uno stile quasi contemplativo, fatto cioè di attenzione alle risonanze interiori. Una Chiesa che “non ha una risposta preconfezionata già pronta”. Il Pontefice, sin dall’inizio, ha invitato a “uscire dagli stereotipi e dai pregiudizi” nei rapporti fra le generazioni, che fanno ritenere “gli adulti sorpassati” e i “giovani inesperti”. Superare le tentazione degli schemi e delle categorie mentali, che alimentano da una parte il clericalismo e dall’altra il virus dell’autosufficienza di molti giovani è stato il filo conduttore di tutta l’assemblea. “Il risultato del Sinodo non è un documento: siamo pieni di documenti; adesso lo Spirito dà a noi il documento, perché lavori nel nostro cuore e bisogna fare preghiera di questo documento, studiarlo, chiedere luce”. Francesco ha concluso pensando al momento buio e drammatico che vive la Santa Madre Chiesa in questo periodo storico: casta meretrix, “la Chiesa non va sporcata; i figli sì (siamo tutti sporchi), ma la madre no. E per questo è il momento di difendere la madre e la madre la si difende dal grande Accusatore con la preghiera e la penitenza”. Per questo, nel mese di ottobre, Papa Bergoglio ha esortato tutto il popolo cattolico a pregare il rosario, San Michele Arcangelo e la Madonna. Nell’omelia della Messa conclusiva del Sinodo dei Giovani, dentro la Basilica Vaticana (28 ottobre) il Santo Padre ha fermato che “la fede passa per la vita. Quando la fede si concentra puramente sulle formulazioni dottrinali, rischia di parlare solo alla testa, senza toccare il cuore. E quando si concentra solo sul fare, rischia di diventare moralismo e di ridursi al sociale. La fede invece è vita: è vivere l’amore di Dio che ci ha cambiato l’esistenza. Sentirsi bisognosi di salvezza è l’inizio della fede. È la via diretta per incontrare Gesù”. Nell’omelia della messa di canonizzazione di Paolo VI e del Vescovo Oscar Romero, il Pontefice ha rimarcato con chiarezza che “Gesù è radicale: Egli dà tutto e chiede tutto. L’ha fatto Paolo VI, sull’esempio dell’Apostolo del quale assunse il nome; anche nella fatica e in mezzo alle incomprensioni, ha testimoniato in modo appassionato la bellezza e la gioia di seguire Gesù totalmente. Oggi ci esorta ancora, insieme al Concilio di cui è stato il sapiente timoniere, a vivere la nostra comune vocazione: la vocazione universale alla santità. Non alle mezze misure, ma alla santità. È bello che insieme a lui e agli altri santi e sante odierni ci sia Mons. Romero, che ha lasciato le sicurezze del mondo, persino la propria incolumità, per dare la vita secondo il Vangelo, vicino ai poveri e alla sua gente, col cuore calamitato da Gesù e dai fratelli” (14 ottobre). Il 2 novembre, al cimitero Laurentino di Roma, Francesco nella Messa di commemorazione di tutti fedeli defunti così si è espresso: “In questo cimitero ci sono le tre dimensioni della vita: la memoria, la speranza, la celebreremo adesso nella fede, non nella visione; e le luci per guidarci nel cammino per non sbagliare strada, le abbiamo sentite nel Vangelo: sono le Beatitudini. Chiediamo oggi al Signore che ci dia la grazia di mai perdere la memoria, mai nascondere la memoria – memoria di persona, memoria di famiglia, memoria di popolo –; e che ci dia la grazia della speranza, perché la speranza è un dono suo: saper sperare, guardare l’orizzonte, non rimanere chiusi davanti a un muro. Guardare sempre l’orizzonte e la speranza. E ci dia la grazia di capire quali sono le luci che ci accompagneranno sulla strada per non sbagliare, e così arrivare dove ci aspettano con tanto amore”. Monache dell’Adorazione eucaristica – Pietrarubbia