Il gesto della “Frazione del pane”

Domanda:
Perché a Messa durante la consacrazione il sacerdote non rompe il pane al momento di pronunciare le parole “lo spezzò e lo diede ai suoi discepoli”?
Laura

Ogni celebrazione liturgica è strutturata in modo che attraverso il rito, che è la forma esteriore e più evidente della celebrazione, l’azione invisibile dello Spirito Santo possa comunicare la salvezza operata da Gesù Cristo. Nella liturgia, “per mezzo di segni sensibili viene significata e, in modo ad essi proprio, realizzata la santificazione dell’uomo, e viene esercitato… il culto integrale” (SC 7). In tal modo, “il rito diventa punto di incontro tra l’umano e il divino, favorisce la partecipazione al mistero, ma rimane pur un diaframma che… comporterà ostacoli e reazioni, in quanto il senso intrinseco della sua funzione è di coinvolgere tutto l’uomo” (Nuovo Dizionario di Liturgia 1988, p. 224). Pertanto, la “dimensione rituale” è soggetta all’ordinamento che la Chiesa fa di tutta la celebrazione per “mediare” al meglio l’efficacia salvifica.
Dai tempi degli Apostoli il gesto della frazione del pane (o dello spezzare il pane), compiuto da Gesù nell’ultima Cena, ha assunto una importanza tale che non solo è stato il segno di riconoscimento del Signore risorto (cf. Lc 24,35) ma è diventato il nome di tutta la celebrazione eucaristica (cf. At 2,46; 20,7.11; 27,35). Nell’ordinamento dei riti liturgici, tale importanza ha portato a farne un rito a sestante. In effetti, questo rito non ha soltanto una ragione pratica, ma riveste anche di un profondo significato teologico per cui noi, pur essendo molti, diventiamo un solo corpo nella comunione a un solo pane di vita, che è Cristo (1 Cor 10,17). Lo afferma l’Ordinamento Generale del Messale Romano (OGMR): “Il gesto della frazione del pane, compiuto da Cristo nell’ultima Cena, che sin dal tempo apostolico ha dato il nome a tutta l’azione eucaristica, significa che i molti fedeli, nella comunione dall’unico pane di vita, che è il Cristo morto e risorto per la salvezza del mondo, costituiscono un solo corpo (1 Cor 10,17). La frazione del pane ha inizio dopo lo scambio di pace e deve essere compiuta con il necessario rispetto” (n. 83).
La verità del segno esigerebbe che venisse consacrato un pane tale da essere condiviso almeno con alcuni fedeli. Infatti, “perché il segno della partecipazione «all’unico pane spezzato» possa essere colto in tutto il suo pregnante valore teologico e spirituale, è bene compiere il gesto della «frazione del pane» in modo sobrio, ma veramente espressivo e visibile a tutti. Conviene quindi che il pane azzimo, confezionato nella forma tradizionale, sia fatto in modo che il sacerdote possa davvero spezzare l’ostia in più parti da distribuire almeno ad alcuni fedeli” (Precisazioni, n. 10). L’OGMR aggiunge che “abitualmente l’invocazione «Agnello di Dio» viene cantata dalla schola o dal cantore, con la risposta del popolo, oppure la si dice almeno ad alta voce. L’invocazione accompagna la frazione del pane, perciò la si può ripetere tanto quanto è necessario fino alla conclusione del rito” (n. 83).

don Raymond Nkindji Samuangala, maggio 2021
Assistente collaboratore Ufficio diocesano
per la Liturgia e i Ministri Istituiti