Il prete: indispensabile testimone dell’assoluto
Eucaristia: presenza, azione e auto-donazione del Signore
«È la persona più ricca che ci sia sulla terra, perché possiede parole che consacrano, benedicono, perdonano, risanano, danno speranza e, nel contempo, è la persona più povera perché pronuncia parole che non sono sue: programma e forza gli vengono da oltre». Con queste parole il Vescovo Andrea apre la sua riflessione sulla figura del sacerdote in occasione del 50° di ordinazione di un presbitero della Diocesi di San Marino-Montefeltro, invitando giovani e adulti, uomini e donne, consacrati e laici a rivisitare il loro rapporto con il sacerdote: «Un uomo, ma rivestito di un mistero».
«Il segreto della vita del prete – prosegue nel suo intervento – è dischiuso pienamente in quel suo salire i gradini che lo portano all’altare dove cielo e terra si incontrano». «Nel sacrificio di Cristo, rinnovato sull’altare – puntualizza il Vescovo – viene denunciato il peso del peccato, mentre viene proclamato un amore folle e senza misura del Signore, che si offre per la redenzione». E aggiunge: «Il prete non è un funzionario, ma un uomo totalmente coinvolto in quello che celebra».
In molti si chiedono: «È più difficile oggi fare il prete?». «Lo dimostrerebbero – risponde mons. Andrea – la contrazione numerica dei sacerdoti e la diminuita considerazione sociale, tuttavia il nostro è un tempo in cui le motivazioni di una scelta di questo tipo appaiono sempre più sganciate da qualsiasi altro appoggio che non siano la fede e la missione». Dunque, oggi si tratta di «una scelta più essenziale». Per decidere di fare il prete occorrono «coraggio, disponibilità, capacità di autonomia e soprattutto un amore smisurato per il Cristo». Sembrerebbe un’avventura, «ma non è un avanzare allo sbaraglio», replica. «Ci sono il tempo e lo spazio per un accurato approfondimento della propria vocazione». «E poi – aggiunge – ci sono comunità che sostengono il prete, lo aspettano, come uomo di rapporti profondi, come uomo di comunione, come indispensabile testimone dell’Assoluto».
Dalla riflessione del Vescovo emerge che il compito primario del prete è «essere uomo di Dio» e «il criterio fondamentale della sua missione è quello della carità pastorale» ad immagine del Buon Pastore. «Non siamo noi il Buon Pastore – si smarca subito il Vescovo –, il Buon Pastore è Gesù; tuttavia, Gesù ha voluto il sacerdote per essere sua presenza e il sacerdote ha dato le sue mani, i suoi piedi, il suo cuore, la sua intelligenza per esserlo». Un’altra sottolineatura: il sacerdote è uomo di Dio, ma «non avulso dalla realtà». La grazia dell’ordinazione presbiterale lo abilita «ad incontrare la gente di oggi, nel mondo dei rapporti sociali, segnato da contraddizioni, sofferenze, povertà, nella Chiesa, a servizio di comunità piccole o grandi, in città o nel forese poco importa, ma nella collaborazione con altri preti, con i religiosi, con i laici». «La grazia dell’ordinazione sacerdotale – afferma – mantiene aperto il cuore del sacerdote sulla misura del cuore di Cristo». La carità pastorale del sacerdote si fonda sul mistero che celebra: «Se togli al prete la Messa non capisci più il senso e la radicalità della sua scelta» (Omelia nel 50° anniversario di don Gianni Monaldi, Chiesanuova RSM, 19.8.2023).
Nell’anno pastorale appena iniziato i sacerdoti guideranno il cammino delle comunità ad una rinnovata consapevolezza dell’Eucaristia. «“Emmaus è qui!” – questo il titolo del Programma Pastorale 2023/24 – nelle nostre comunità, realmente – osserva mons. Andrea – perché il Signore è presente con la sua azione: non è immobile come un gioiello che viene messo in cassaforte e tirato fuori di tanto in tanto, e con la sua auto-donazione: continua a donarsi per la vita del mondo: ogni volta come la prima volta».
Nella Giornata del Mandato, festa del rientro e assemblea di inizio anno pastorale in cui il Vescovo dà il Mandato agli operatori pastorali e a tutti i battezzati, il Vescovo Andrea ha ripercorso i passaggi fondamentali dei Programmi Pastorali degli ultimi anni, in cui non è stato privilegiato un ambito, ma «le dimensioni della fede e dell’esperienza cristiana», a partire dal suo nucleo centrale: la Pasqua. Monsignor Andrea ha messo in evidenza uno dei risultati del “camminare insieme”: «La Diocesi non ha soltanto un volto, ma è anche una comunità di volti, perché nelle assemblee di fine anno ci siamo raccontati il vissuto, quello che il Signore è andato facendo tra noi». Non tutti erano d’accordo su questo metodo, perché ritenevano che, in un’assemblea diocesana, fosse necessario dirsi francamente le criticità. «Ma il rischio – avverte – sarebbe stato far la fine dei due di Emmaus, che – dice il Vangelo – litigavano fra loro lungo il cammino e avevano il volto triste». Lo scorso anno l’obiettivo era «essere costruttori di comunità». «In fondo – commenta – il Signore che cosa vuole se non costruire la sua famiglia, “la famiglia dei figli di Dio dispersi”? La comunione è dono di Dio, è la Trinità; tocca a noi farla diventare “comunità”: dalla comunione alla comunità». L’obiettivo di quest’anno sono le Giornate Eucaristiche, quattro giornate diocesane «a cui tutti guardare e convergere», in cui «mettersi alla scuola dell’Eucaristia». «Non pensiamole come una successione di eventi – spiega il Vescovo –, ma come un evento unico diffuso nell’arco dell’anno per mantenere viva la consapevolezza del sacramento dell’Eucaristia». I Consigli Pastorali Parrocchiali e i gruppi lavoreranno su alcuni temi espressi nelle schede contenute nel “quaderno pastorale” (sono alcune delle priorità emerse nei primi due anni del Cammino Sinodale). «Così, alla luce dell’Eucaristia – fa notare –, ogni gruppo potrà portare il proprio contributo di discernimento alla Giornata Eucaristica». L’assemblea del Mandato si è conclusa con questo augurio: «Che la nostra vita sia una vita pienamente eucaristica» (Intervento alla Giornata del Mandato, Pennabilli, 24.9.2023).
Paola Galvani, ottobre 2023