Illusione e abbandono nella conversione di Paolo

Nella Chiesa e nei sacramenti la nostra forza

Immagine: Bibbia miniata Conversione e battesimo di san Paolo, 1200 – Biblioteca Nazionale dei Paesi Bassi, Paesi Bassi

La conversione di Saulo in Paolo ci aiuta a ripercorrere il cammino di conversione che la Chiesa ci indica nei tempi forti, come quello dell’Avvento e del Natale, della Quaresima e della Pasqua. Più che passare da una fede ad un’altra, convertirsi è principalmente rendersi coscienti del bisogno di salvezza, passare cioè dall’illusione di farcela da soli all’abbandono verso un Dio che ci ama e conosce le nostre necessità. Saulo era un Giudeo, nato a Tarso di Cilicia, cresciuto a Gerusalemme, formato alla scuola di Gamaliele nelle più rigide norme della legge paterna, pieno di zelo per Dio (cfr At 22,3) e credeva suo dovere “lavorare attivamente contro il nome di Gesù il Nazareno” perseguitando i suoi discepoli (Cfr. At 26,9-11). Egli era profondamente religioso, tuttavia “non considerava Dio come Dio, autore e origine di ogni bene; ma al centro di tutto c’era il suo possesso, la sua verità, i tesori che gli erano stati affidati” (C.M. Martini).
Saulo vive il tempo con illusione, pone la sua forza in ciò che gli appartiene e mai avrebbe ammesso di essere fragile. Gesù aveva messo in guardia i farisei dalla tentazione di salvarsi da se stessi. Saulo soffre del medesimo peccato e il Signore entra nella sua vita ribaltando la situazione, lo scuote facendogli prendere coscienza del suo essere bisognoso di salvezza.

E avvenne che, mentre era in viaggio e stava per avvicinarsi a Damasco, all’improvviso lo avvolse una luce dal cielo e cadendo a terra udì una voce che gli diceva: «Saulo, Saulo, perché mi perseguiti?».

Questa caduta, sul piano simbolico, indica il rovesciamento delle prospettive cui Saulo è condotto da Dio. Egli si rende conto di quanto fosse gratuita la sua violenza contro i cristiani: «Io mi gloriavo della mia giustizia; sono diventato giustiziere degli innocenti» (C. M. Martini). Tutta la religiosità di Saulo crolla sotto il peso di quella luce: pur senza saperlo, usando violenza verso i fratelli, Saulo perseguitava Cristo. Egli impara qui quel grande Mistero della Chiesa come Corpo di Cristo di cui sarà testimone. Questa caduta, tuttavia, non lo getta nello sgomento, cadono è vero le illusioni ma si apre qui, per Paolo, un tempo di riflessione.

Orsù, alzati ed entra nella città e ti sarà detto ciò che devi fare

Il tempo della riflessione è attesa silenziosa della volontà di Dio. Un’attesa tanto radicale da essere evidente anche nel fisico: Paolo è costretto all’immobilità e all’abbandono a causa di un’improvvisa cecità: E poiché non ci vedevo più a causa del fulgore di quella luce, guidato per mano dai miei compagni giunsi a Damasco. Saulo, cieco e sottomesso ai compagni, è l’immagine dell’uomo peccatore, disorientato e schiavo del peccato, che lentamente si apre alla grazia di Dio e si lascia guidare alla salvezza. Nella conoscenza del suo peccato Saulo incontra l’amore di Dio. La cecità di Paolo non è tanto un castigo, quanto il segno stesso della sua missione. Proprio perché egli ha vissuto, in prima persona questo passaggio dalle tenebre alla luce diviene testimone e ministro delle cose sperimentate. L’incontro con Dio gli fa comprendere più a fondo la sua vocazione.

Illusione e abbandono di Paolo nell’Arte

In tutti i racconti della conversione di Saulo a Paolo, mai viene menzionato il cavallo. Eppure connessa alla conversione di Paolo è immancabile la caduta da cavallo. In realtà, nell’arte, esistono diverse conversioni di Saulo dove il cavallo è totalmente assente. La caduta dal destriero si affermò nel medioevo perchè nella simbologia medievale il cavallo era immagine di indomita superbia. Un miniaturista francese racconta in modo sorprendente questo passaggio dall’illusione all’abbandono dell’Apostolo. Nella parte bassa della pagina miniata, a sinistra, si vede sbucare dalle nubi del cielo la mano del Cristo che regge un cartiglio con la scritta (in latino): «Saulo, Saulo perché mi perseguiti?».
Saulo non cade ma si piega sul cavallo come vinto dalla luce che viene dal Cielo. Il suo abito, infatti, è illuminato della stessa luce che investe il cartiglio. Gli occhi chiusi, rimando alla sua cecità, e le braccia appoggiate al destriero, totalmente inerti, dicono l’abbandono di Paolo a quella luce. Il cavallo, compartecipe dell’evento, pare colto nell’atto di inginocchiarsi.
Nella parte destra della pagina miniata. L’epilogo della vicenda: il discepolo Anania apre gli occhi al futuro Apostolo con il battesimo. Nel libro degli Atti degli Apostoli si narra come Cristo avesse già istruito la sua Chiesa nella persona di Anania per insegnare a Paolo la sua nuova missione. Per giungere a ciò tuttavia Saulo deve ricevere i sacramenti: Allora Ananìa andò, entrò nella casa, impose a Sàulo le mani […] fu subito battezzato, poi prese cibo e le forze gli ritornarono. Attraverso Anania, dunque, Saulo riceve il battesimo e il nutrimento eucaristico, come sembra alludere il prendere cibo di Atti 9,19. Anche al grande Apostolo delle genti fu dunque necessaria la Chiesa per diventare quella luce delle genti che Cristo gli preconizzò proprio nel momento della sua cecità. Noi pure dunque siamo talora chiamati a confortare gli altri proprio nelle difficoltà che attraversiamo e troviamo nella Chiesa e nei sacramenti la forza necessaria per testimoniare quanto Cristo ha fatto per noi.

suor Maria Gloria Riva, gennaio 2023