La Comunione sotto le due specie

Domanda – Forse nei suoi articoli – che apprezzo tantissimo – avrà già trattato il tema della Comunione sotto le due specie del pane e del vino… Chiedo qualche precisazione: non le sembra che sia più completo il segno con la Comunione nelle due specie? Perché vi si ricorre così di rado? Inoltre, ho visto dei sacerdoti che, nella concelebrazione, non assumevano (neppure per intinzione) il vino consacrato. È lecito? (Francesca, Novafeltria)

Francesca dimostra quanto i fedeli laici sono attenti ai dettami della riforma liturgica ed anche ai gesti di noi sacerdoti durante la (con)celebrazione. Perché tali gesti possono essere educativi oppure il contrario! Nella prima parte della domanda la nostra lettrice dimostra di avere già presente che il Concilio raccomanda la Comunione sotto le due specie (cfr. SC, 55), e il Messale Romano ha recepito tale raccomandazione (cfr. OGMR, 281-287). La dottrina nella presenza reale e permanente del Signore Gesù in ognuna delle specie nonché in ogni suo frammento, e l’attenzione all’autentica tradizione della Chiesa (cfr. OGMR, n. 282) portano a determinare certi momenti, che tra l’altro il Vescovo locale può ampliare, in cui la Comunione sotto le due specie è vivamente raccomandata. Perché “la santa Comunione esprime con maggior pienezza la sua forma di segno, se viene fatta sotto le due specie. Risulta infatti più evidente il segno del banchetto eucaristico e si esprime più chiaramente la volontà divina di ratificare la nuova ed eterna alleanza nel Sangue del Signore ed è più intuitivo il rapporto tra il banchetto eucaristico e il convito escatologico nel regno del Padre” (OGMR, 281). L’ultima parte della domanda pone, invece, una questione più impegnativa della liceità della comunione nel caso di un concelebrante che non assumerebbe le due specie. Cosa dicono i documenti della Chiesa? Il Cerimoniale dei Vescovi (cfr. n. 164) e l’OGMR (n. 246, 248-249) danno solo delle indicazioni sulle modalità di fare la comunione anche al calice da parte dei concelebranti. Da questi documenti non risulta l’obbligatorietà della Comunione sotto le due specie per il concelebrante. Invece, dalla normativa circa la materia dell’eucaristia nonché la comunione del singolo celebrante emerge come sia obbligatorio non solo consacrare il pane e il vino per la liceità della celebrazione, ma anche consumare entrambe le specie da parte del celebrante.
Il Diritto canonico afferma che “non è assolutamente lecito, anche nel caso di urgente estrema necessità, consacrare una materia senza l’altra” (can. 927). Ciò significa che il celebrante deve necessariamente consacrare le due materie del pane e vino ed anche assumerle. Lo è nel caso del singolo celebrante però! Nel caso della concelebrazione, per ragioni gravi di salute o di alcolismo viene concessa la facoltà di fare la comunione con il solo pane consacrato qualora non sia possibile l’utilizzo del mosto. In effetti, “per quanto riguarda la licenza di usare il mosto la soluzione da preferirsi rimane la comunione per intinctionem ovvero sotto la sola specie del pane nella concelebrazione; la licenza di usare il mosto nondimeno può essere concessa dagli Ordinari ai sacerdoti affetti da alcoolismo o da altra malattia che impedisca l’assunzione anche in minima quantità di alcool… per coloro che hanno il permesso di usare il mosto, rimane in generale il divieto di presiedere la S. Messa concelebrata. Si possono tuttavia dare delle eccezioni… In tali casi colui che presiede l’Eucaristia dovrà fare la comunione anche sotto la specie del mosto e per gli altri concelebranti si predisporrà un calice con vino nomale” (Congregazione per la Dottrina della Fede, Lettera circolare ai Presidenti delle Conferenze Episcopali circa l’uso del pane con poca quantità di glutine e del mosto come materia eucaristica, 24 luglio 2003). In sintesi, ogni concelebrante dovrebbe assumere la comunione sotto le due specie del pane e del vino, bevendo al calice o per intinzione, salvo il caso di coloro che non possono ingerire l’alcool per ragioni gravi accertate dall’Ordinario.

don Raymond Nkindji Samuangala, dicembre 2020
Assistente collaboratore Ufficio diocesano per la Liturgia e i Ministri Istituiti