“La pace: primo dono ai credenti” (Giugno 2019)

In occasione del ritiro spirituale per le autorità civili ed ecclesiastiche del Sud Sudan il Santo Padre ha messo in evidenza come «la pace è il primo dono che il Signore ci ha portato, condizione fondamentale per lo sviluppo integrale dell’intero popolo» (11 aprile). Per questo invita a «porsi di fronte allo sguardo del Signore, l’Unico in grado di vedere in noi la verità», domandandosi: «Qual è la mia missione e il compito che Dio mi affida per il bene del suo popolo?» (11 aprile). Di fronte poi ai «momenti difficili e le tentazioni più insidiose», Gesù ci insegna a rispondervi «custodendo nel cuore una pace che non è impassibilità o superomismo ma abbandono fiducioso al Padre e alla sua volontà di salvezza. Così il trionfalismo, distrutto dall’umiliazione di Gesù, è stato ugualmente distrutto nel cuore della Madre sul Golgota; entrambi hanno saputo tacere. Nei momenti di oscurità e grande tribolazione bisogna avere il coraggio di tacere e allora il demonio, prendendo coraggio, uscirà allo scoperto. Bisognerà resistergli in silenzio, sapendo che la guerra è tra Dio e il Principe di questo mondo. E nell’ora in cui Dio scende in battaglia, bisogna lasciarlo fare. Il nostro posto sicuro sarà sotto il manto della Santa Madre di Dio. E mentre attendiamo che il Signore venga e calmi la tempesta, diamo a noi stessi e agli altri «ragione della speranza che è in noi» (GMG, San Pietro 14 aprile). «Alla legge del taglione – quello che tu hai fatto a me, io lo restituisco a te, Gesù sostituisce la legge dell’amore: quello che Dio ha fatto a me, io lo restituisco a te» (Udienza Generale, 24 aprile). Dal 5 al 7 maggio il Papa si è poi recato in Visita Apostolica, prima in Bulgaria, dove «guidato dalla memoria viva di San Giovanni XXIII, che in quel Paese fu Delegato Apostolico» ha «incontrato quel popolo, chiamato a fare da ponte tra Europa Centrale, Orientale e Meridionale. È infatti una delle terre evangelizzate dai Santi Cirillo e Metodio, Patroni d’Europa. Essi, di origine greca, idearono un nuovo alfabeto col quale tradussero in lingua slava la Bibbia e i testi liturgici. Questi santi – ha sottolineato il Papa – hanno molto da dirci anche per quanto riguarda l’avvenire della società europea» (Udienza Generale, 8 maggio). In visita al Patriarca Neofit e al Santo Sinodo il Santo Padre ha dichiarato: «se mettiamo insieme la mano nelle ferite che lungo la storia si sono aperte tra noi cristiani e come san Tommaso confessiamo che Gesù è risorto, e lo proclamiamo nostro Signore e nostro Dio possiamo ritrovare la gioia del perdono e pregustare il giorno in cui, con l’aiuto di Dio, potremo celebrare allo stesso altare il mistero pasquale» (Bulgaria, 5 maggio). Il Pontefice si è poi recato in Macedonia del Nord «accompagnato dalla forte presenza spirituale di Santa Madre Teresa di Calcutta, segno concreto di come la precarietà di una persona, unta dal Signore, sia stata capace di impregnare tutto, quando il profumo delle beatitudini si sparse sopra i piedi stanchi della nostra umanità» (8 maggio). Così ha esortato i sacerdoti e religiosi presenti a essere come «quel nardo gettato ai piedi di Gesù che fu in grado di impregnare tutto e di lasciare un’impronta inconfondibile» (Macedonia, 7 maggio). Ha inoltre raccomandato ai giovani di «non bloccarsi per insicurezza. Non bisogna infatti avere paura di rischiare e di commettere errori: piuttosto dobbiamo avere paura di vivere paralizzati, ridotti a soggetti che non vivono perché non vogliono rischiare!» (7 maggio). Ribadendo poi come solo entrando «nella saggezza del vostro popolo, della vostra gente, senza vergogna né complessi potrete trovare una sorgente di creatività insospettata che riempirà tutto» (7 maggio). Ha ricordato infine come «per noi cristiani la Macedonia è un simbolo dell’entrata del cristianesimo in Occidente, perché Paolo è stato chiamato da un macedone, mentre se ne sarebbe andato per l’Asia» (8 maggio).
Monache dell’Adorazione eucaristica – Pietrarubbia