La speranza non delude mai!

Viaggio apostolico a Cipro e in Grecia

Prendendo spunto dalle figure apostoliche di san Paolo e san Barnaba, originario di Cipro, il Santo Padre ha aperto il suo viaggio a Cipro e in Grecia sottolineando le comuni radici che legano Cattolici e Ortodossi di quelle terre. «Ciascuno di noi – ha detto il Papa – è in qualche modo cieco a causa del peccato, che ci impedisce di vedere Dio come Padre e gli altri come fratelli. Questo fa il peccato, distorce la realtà: ci fa vedere Dio come padrone e gli altri come problemi» (Cipro, incontro con il Santo Sinodo, 3 dicembre).
Dunque, «se portiamo da soli le nostre cecità interiori, veniamo sopraffatti. Abbiamo bisogno di metterci l’uno accanto all’altro, di condividere le ferite, di affrontare insieme la strada» (Santa Messa, 3 dicembre).
Per questo, ha rivelato il Papa, «mi sono sentito sospinto a venire qua pellegrino, con grande rispetto e umiltà, per rinnovare quella comunione apostolica e alimentare la carità fraterna. Ripensando agli olivi secolari che accomunano le nostre terre, penso alle radici apostoliche che condividiamo. Sono sotterranee, nascoste, spesso trascurate, ma ci sono e sostengono tutto».
«Prego – conclude il Santo Padre – affinché lo Spirito di carità vinca le nostre resistenze e ci renda costruttori di comunione, perché “se davvero l’amore riesce a eliminare la paura e questa si trasforma in amore, allora si scoprirà che ciò che salva è l’unità” (S. Gregorio di Nissa, Omelia 15 sul Cantico dei Cantici)» (Incontro con Sua Beatitudine Ieronymus II, Atene, 4 novembre).
Ai giovani ateniesi ha ricordato che «la vita ha un compito per noi. La vita non è senza senso, non è affidata al caso. È un dono che il Signore ci consegna dicendoci: scopri chi sei. Ciascuno di noi infatti è una missione da realizzare» (Angelus, 12 dicembre). Come nelle famose parole «incise sul frontone del tempio di Delfi: γνῶθι σeαυτόν, “conosci te stesso”. Oggi c’è il rischio di scordare chi siamo, ossessionati da mille apparenze, da messaggi martellanti che fanno dipendere la vita da come ci vestiamo, dalla macchina che guidiamo, da come gli altri ci guardano… Ma quell’invito antico, conosci te stesso, vale ancora oggi: riconosci che vali per quello che sei, non per quello che hai. Siamo figli amati di Dio! Questo è il cuore della fede» (Incontro con i giovani, Atene, 6 dicembre).
«Ci può venire in aiuto la vostra bella lingua, il greco, con l’etimologia del verbo evangelico “convertirsi”, metanoéin. È composto dalla preposizione metá, che qui significa “oltre”, e dal verbo noéin, che vuol dire “pensare”. Convertirsi è allora pensare oltre, cioè andare oltre il modo abituale di pensare, al di là dei nostri soliti schemi mentali. La realtà è che Dio è più grande! Convertirsi, allora, significa non dare ascolto a ciò che affossa la speranza, non arrendersi ai fantasmi interiori. Lui guarisce le nostre paure, risana le nostre ferite, trasforma i luoghi aridi in sorgenti d’acqua» (Santa Messa, Atene, 5 dicembre).
«Allora, carissimi, vorrei dirvi: benedite la piccolezza e accoglietela. Vi dispone a confidare in Dio e in Dio solo. Egli è disceso fino a nascondersi nelle pieghe dell’umanità e nelle piaghe della nostra carne. A noi è chiesto di essere lievito, che fermenta nel nascondimento paziente e silenzioso dentro la pasta del mondo, grazie all’opera incessante dello Spirito Santo. Il segreto del Regno di Dio è contenuto nelle cose piccole, in ciò che spesso non si vede e non fa rumore» (Incontro con i vescovi, sacerdoti e religiosi, Atene, 4 dicembre).
«Chiediamo alla Madonna che ci accenda di entusiasmo per l’ideale della santità» vivendo «umili e gioiosi come lei, liberi da noi stessi, con gli occhi rivolti a Dio e al prossimo che incontriamo» (Angelus, 8 dicembre).
«Chiediamo alla nostra Madre, la “Tutta Santa”, che ci aiuti ad essere, testimoni di speranza, seminatori di gioia intorno a noi. La speranza, fratelli e sorelle, non delude, non delude mai» (Santa Messa, 5 dicembre).

Monache dell’Adorazione Perpetua, gennaio 2022
Pietrarubbia